È sicura una PCI “ASA-free”?

Keyword: , , ,

Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

Negli ultimi anni, una serie di studi ha messo in discussione che la doppia terapia antipiastrinica (DAPT) prescritta dopo una procedura di PCI con impianto di stent, dovesse essere continuata per 12 mesi nei pazienti con sindrome coronarica acuta e per 6 mesi in quelli con coronaropatia cronica. Una “short DAPT”, da 1 a 3 mesi, ha il vantaggio di ridurre le complicanze emorragiche ed è particolarmente indicata nei pazienti ad alto rischio di bleeding. Nella maggior parte di essi , la sospensione della DAPT si attua eliminando l’ASA e continuando la singola terapia antipiastrinica con un inibitore del recettore P2Y12 [1]Valgimigli M, Gragnano F, Branca M, et al. P2Y12 inhibitor monotherapy or dual antiplatelet therapy after coronary revascularisation: individual patient level meta-analysis of randomised controlled … Continua a leggere. La domanda che sorge a questo punto è se l’ASA sia veramente necessaria anche nella prima fase post-procedurale: lo studio STOPDAPT-3, recentemente presentato, ha affrontato questa problematica in un’ampia casistica per lo più composta da pazienti con sindrome coronarica acuta, mostrando come una terapia “ASA-free” (basata sull’utilizzo di solo prasugrel) in realtà non riduca il bleeding, ma esponga il paziente a un rischio maggiore di trombosi subacuta di stent e a rivascolarizzazioni urgenti[2]Natsuaki M, Watanabe H, Morimoto T, et al. An Aspirin-Free Versus Dual Antiplatelet Strategy for Coronary Stenting: STOPDAPT-3 Randomized Trial. Circulation. 2023 Nov 23. … Continua a leggere.

Lo studio in esame

Lo studio è una analisi congiunta di due piccoli studi di pazienti stabili sottoposti a procedura di PCI e impianto di stent (piattaforma di platinocromo a rilascio di everolimus e polimero riassorbibile) uno eseguito in Brasile, utilizzando DAPT almeno due ore prima della procedura (ASA 300 mg e clopidogrel 600 mg), seguito da singola terapia antipiastrinica (prasugrel 60 mg dose di carico e 10 mg/die dose di mantenimento) e uno in Giappone, utilizzando una DAPT solo pre-procedurale (prasugrel 20 mg o clopidogrel 300 mg associato ad ASA 81-330 mg) e successiva singola terapia antipiastrinica (prasugrel alla dose di carico di 20 mg – solo se questo farmaco non era stato utilizzato nella DAPT pre-procedurale – seguito da 3,75 mg di mantenimento, la dose approvata in Giappone per prasugrel). Globalmente, gli studi comprendevano 409 pazienti con coronaropatia stabile, età media di 64.3 anni, 36.4% diabetici e con un Syntax score medio di 7.6. Essendo questi studi pilota considerati “proof of conceptˮ, avevano un singolo braccio. I pazienti arruolati nello studio giapponese erano più anziani, più frequentemente ipertesi e con una GFR <60 ml/min/1.73 m2; invece, i pazienti dello studio giapponese erano più frequentemente ad alto rischio emorragico (21.4% avevano un PRECISE DAPT score ≥25 contro il 4.5% dello studio brasiliano). La via radiale era più frequentemente utilizzata in Giappone. È stato effettuato uno studio di imaging intravascolare nel 16.8% dei pazienti brasiliani e nel 99.6% di quelli giapponesi. A un follow-up di tre mesi, l’endpoint composito (morte cardiaca, infarto miocardico correlato al target-vessel >48 ore dalla PCI, trombosi di stent definita entro 3 mesi) si è verificato in un solo paziente (0.2%, per morte cardiaca nello studio condotto in Brasile). In nessun caso si è osservata una trombosi di stent.

Take home message

In pazienti selezionati con coronaropatia stabile, una monoterapia con prasugrel iniziata subito dopo la procedura di PCI con impianto di stent, appare sicura, indipendentemente dall’etnia dei pazienti e dalle differenze geografiche e procedurali.

Interpretazione dei dati

Lo studio presentato ha un valore limitato, sia per la ridotta casistica che per la selezione dei pazienti (a basso rischio sia ischemico che emorragico, con una coronaropatia modesta a giudicare dal basso Syntax score medio). I risultati ottenuti a tre mesi (un solo evento registrato negli oltre 400 pazienti arruolati) appaiono ottimi in questa casistica “very low risk”. Non dimentichiamo che per altra tipologia di pazienti (quelli con sindrome coronarica acuta o ad alto rischio emorragico inclusi nello studio STOPDAPT-3) una strategia “ASA-free” ha suscitato molte perplessità, soprattutto per il rischio di alcune tipologie di eventi ischemici osservati nel primo mese successivo alla PCI[3]Natsuaki M, Watanabe H, Morimoto T, et al. An Aspirin-Free Versus Dual Antiplatelet Strategy for Coronary Stenting: STOPDAPT-3 Randomized Trial. Circulation. 2023 Nov 23. … Continua a leggere. In questo studio vi sono, tuttavia, alcuni aspetti interessanti: il primo è che, pur essendo stati utilizzati dosaggi di carico e di mantenimento di prasugrel molto differenti (in Brasile 60 mg di dose di carico seguita da 10 mg di mantenimento, in Giappone 20 mg dose di carico seguita da 3,75 mg di dose di mantenimento) il risultato clinico è stato omogeneo, con outcome simile nelle due casistiche. Il secondo aspetto riguarda alcune differenze osservate a proposito dell’utilizzo di imaging intravascolare nei due studi, decisamente maggiore nei pazienti reclutati in Giappone (99.6%) rispetto a quelli arruolati in Brasile (16.8%, vedi Tabella), una differenza favorita dal rimborso per tali device accordato solo in Giappone. L’esito delle procedure è stato simile se giudicato dal valore della QFR post-procedurale (0.93 nella serie giapponese, 0.94 in quella brasiliana), superiore rispetto al valore di cutoff ottimale di QFR post-PCI per predire gli eventi a 2 anni posto a 0.91(3). Tuttavia, il QFR pre-procedurale era minore nella serie giapponese rispetto a quella brasiliana, così che il delta finale (differenza tra QFR post-procedurale e pre-procedurale) è risultato più ampio nella serie giapponese, probabilmente favorito da una scrupolosa strategia di ottimizzazione basata su un utilizzo pressochè totale di imaging intravascolare.

Bibliografia

Bibliografia
1 Valgimigli M, Gragnano F, Branca M, et al. P2Y12 inhibitor monotherapy or dual antiplatelet therapy after coronary revascularisation: individual patient level meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ. 2021;373:n.1332
2, 3 Natsuaki M, Watanabe H, Morimoto T, et al. An Aspirin-Free Versus Dual Antiplatelet Strategy for Coronary Stenting: STOPDAPT-3 Randomized Trial. Circulation. 2023 Nov 23. doi:10.1161/CIRCULATIONAHA.123.066720

Una risposta

Lascia un commento