Aterosclerosi e lipidi

Diabetocardiology: a new subspecialty?

Due classi di farmaci antidiabetici hanno recentemente arricchito l’armamentario terapeutico del paziente cardiopatico: le glifozine o inibitori di SGLT2 (sodium glucose cotransport inhibitors) perchè inibendo il riassorbimento di glucosio e di sodio dal tubulo prossimale, si sono dimostrate efficaci nel trattamento dello scompenso cardiaco, indipendentemente dalla presenza o meno di diabete. Gli agonisti recettoriali del glucose-like peptide (GLP-1RAs) ritardano lo svuotamento gastrico e diminuiscono l’appetito, amplificando l’azione ipoglicemica. Essi riducono il rischio di eventi cardiovascolari (ASCVD) e rallentano il deterioramento della funzione renale (DKD). L’obesità, così definita se il BMI ≥30 kg/m2, è una condizione molto diffusa (il 44% della popolazione USA ne è affetta), secondaria a uno squilibrio tra domanda e offerta di energia, si associa a ipertensione, dislipidemia e a uno stato infiammatorio sistemico. Il grasso viscerale è responsabile della resistenza all’insulina e conseguente diabete di tipo 2 (T2D).

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Major cardiovascular events increase in long-term proprotein convertase subtilisin/kexin type 9 inhibitors therapy: the Tuscany cost-effective study.

L’utilizzo degli inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9i) rappresentano una svolta nel trattamento dell’ipercolesterolemia, sebbene il rapporto costo-efficacia del loro utilizzo rimanga incerto. Nel presente studio, sono stati inclusi 246 pazienti età media 61 ± 11 anni, maschi 73%) trattati con evolocumab o alirocumab. Sono stati analizzati il valore lipidico, gli eventi avversi (AE), gli eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) e lo spessore dell’intimamedia. La terapia con PCSK9i ha determinato un miglioramento significativo del profilo lipidico dei pazienti (colesterolo totale -35%, P<0.001; trigliceridi −9%, P<0.05; colesterolo LDL −51%, P<0.001; livelli di Lp(a)−4%, P<0.05), risultati che sono rimasti consistenti durante il follow-up. Non sono state osservate variazioni significative nello spessore dell'intima-media.

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Pazienti a rischio molto alto di eventi cardiovascolari: quale terapia ipolipemizzante utilizzare?

Le Linee Guida recenti indicano la necessità di utilizzare statine ad alta intensità nei pazienti con esiti di malattia cardiovascolare (ASCVD), particolarmente in quelli a rischio molto elevato (VHR) definiti in base alla storia clinica con >1 evento cardiovascolare, oppure di malattia cardiovascolare associata a multiple comorbilità (vedi Tabella 1) nei quali farmaci addizionali (ezetimibe, inibitori PCSK9) debbono essere somministrati se il colesterolo LDL rimane >70 mg/dl. Tuttavia, nella pratica clinica, queste raccomandazioni non sono seguite e dati osservazionali mostrano come le statine ad alta intensità siano assunte da meno di un terzo dei pazienti con ASCVD. Lo studio RACING ha mostrato la non-inferiorità di una terapia con statine a media intensità (rosuvastatina 10 mg) associate a ezetimibe 10 mg rispetto a una terapia con statine ad alta intensità (rosuvastatina 20 mg) in pazienti con ASCVD. Tuttavia, non è chiaro se i pazienti VHR possano avere un vantaggio dai dosaggi più elevati di statine.

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Efficacia e sicurezza dell’acido bempedoico in prevenzione primaria

Le statine sono un caposaldo della prevenzione secondaria, e sono raccomandate dalle Linee Guida anche in prevenzione primaria in pazienti ad alto rischio di eventi. Inoltre, alcuni pazienti non tollerano le statine; in questi casi l’acido bempedoico può essere proposto come alternativa terapeutica, ma l’efficacia e sicurezza di questa scelta di trattamento in prevenzione primaria non ha al momento una evidenza certa.

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Mitral annular calcification as a predictor of stroke in the multiethnic study of atherosclerosis.

La calcificazione dell’annulus mitralico (MAC) è associata a un aumento del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Tuttavia, l’impatto della MAC sull’insorgenza di eventi cerebrovascolari rimane sconosciuto e rappresenta l’obiettivo del presente studio, che ha incluso 6.814 pazienti arruolati in studi multietnici sull’aterosclerosi, sottoposti a tomografia computerizzata (TC) cardiaca. Complessivamente, il 9% dei partecipanti presentava MAC al basale. A un follow-up di 15 anni, si sono verificati 304 ictus (di cui il 79% erano ischemici). Dopo l’aggiustamento per multipli fattori clinici, la MAC al basale è risultata associata a un aumento del rischio di ictus (hazard ratio [HR]: 1.68; intervallo di confidenza [CI] al 95%: 1.22-2.30; P=0.0013). Con l’inclusione di fibrillazione/flutter atriale e delle dimensioni dell’atrio sinistro nel modello multivariato finale, la MAC si è confermata predittore indipendente di ictus (HR: 1.93; 95% CI: 1.22-3.05; P<0.005) e di ictus ischemico (HR: 2.03; 95% CI: 1.24-3.31; P<0.005). In conclusione, la MAC è un predittore indipendente di rischio di ictus a lungo termine, in aggiunta ai fattori di rischio cardiovascolare convenzionali e alla fibrillazione atriale.

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PCSK9 Inhibition During the Inflammatory Stage of SARS-CoV-2 Infection

Background: The intensity of inflammation during COVID-19 is related to adverse outcomes. Proprotein convertase subtilisin/kexin type 9 (PCSK9) is involved in low-density lipoprotein receptor homeostasis, with potential influence on vascular inflammation and on COVID-19 inflammatory response.

Objectives: The goal of this study was to investigate the impact of PCSK9 inhibition vs placebo on clinical and laboratory outcomes in patients with severe COVID-19.

Methods: In this double-blind, placebocontrolled, multicenter pilot trial, 60 patients hospitalized for severe COVID-19, with groundglass opacity pneumonia and arterial partial oxygen pressure to fraction of inspired oxygen ratio ≤300 mm Hg, were randomized 1:1 to receive a single 140-mg subcutaneous injection of evolocumab or placebo. The primary endpoint was death or need for intubation at 30 days. The main secondary endpoint was change in circulating interleukin (IL)-6 at 7 and 30 days from baseline.

Results: Patients randomized to receive the PCSK9 inhibitor had lower rates of death or need for intubation within 30 days vs placebo (23.3% vs 53.3%, risk difference: –30%; 95% CI: –53.40% to –6.59%). Serum IL-6 across time was lower with the PCSK9 inhibitor than with placebo (30-day decline: –56% vs –21%). Patients with baseline IL-6 above the median had lower mortality with PCSK9 inhibition vs placebo (risk difference: –37.50%; 95% CI:–68.20% to –6.70%).

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Rischio lipidico e rischio infiammatorio: quale pesa maggiormente sulla prognosi dei pazienti che assumono statine?

I pazienti affetti da malattia cardiovascolare sono potenziali candidati a nuovi eventi, se non viene adeguatamente controllato sia il rischio residuo derivante da livelli elevati di colesterolo LDL che il rischio infiammatorio. Quale dei due maggiormente contribuisca al verificarsi di successivi eventi cardiovascolari, una volta che il paziente sia posto in terapia con statine, non è ancora noto.

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Colesterolo HDL elevato: angelo o demone?

Le fratture da trauma minimo sono molto frequenti nell’anziano; si stima che possano riguardare il 25% degli uomini e il 44% delle donne di età superiore ai 60 anni. Le fratture da trauma minimo sono molto frequenti nell’anziano; si stima che possano riguardare il 25% degli uomini e il 44% delle donne di età superiore ai 60 anni((Frost SA, Kelly A, Gaudin J, et al. Establishing baseline absolute risk of subsequent fracture among adults presenting to hospital with a minimal-trauma-fracture. BMC Musculoskelet Disord.2020;21:133. doi:10.1186/s12891-020-3161-4.)). Una metaanalisi recente, che ha incluso 12 studi trasversali o caso-controllo, ha mostrato una correlazione tra osteoporosi e valori elevati di colesterolo HDL (HDL-C).

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Inclisiran and cardiovascular events: a patient-level analysis of phase III trials

Gli anticorpi monoclonali che hanno come target il PCSK9i circolante sono terapie potenti che riducono il livello di colesterolo LDL del 50-70%. Inclisiran è uno “small interfering RNA” (siRNA), classe di molecole di RNA a doppio filamento capaci di degradare l’mRNA dopo la trascrizione impedendo la produzione di proteine, nel caso specifico di quella epatica di PCSK9. Gli studi di fase III, sinora effettuati, hanno incluso pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote (ORION-9), malattia cardiovascolare aterosclerotica (ORION-10) e soggetti ad alto rischio in prevenzione primaria (ORION-11), mostrando una riduzione marcata di colesterolo LDL.

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Beneficial effects of prehospital use of statins in a large united states cohort of hospitalized coronavirus disease 2019 patients.

L’impatto della terapia cronica con statine nei pazienti ospedalizzati con COVID-19 rimane sconosciuto e rappresenta l’oggetto del presente studio di coorte. Di 43.950 pazienti con COVID-19 ricoverati tra gennaio e settembre 2020, in 185 ospedali statunitensi, 38.875 pazienti ha soddisfatto i criteri di inclusione e 23.066 sono stati inseriti nella coorte con campionamento propensity-matched (11.533 [30%] erano in trattamento con statine precedentemente all’ospedalizzazione). L’endpoint primario era la mortalità per tutte le cause. I pazienti in trattamento con statine presentavano un rischio relativo inferiore del 20% rispetto a quelli non in trattamento (odds ratio [OR] 0.80, 95% CI 0.74-0.86, p<0.001), un rischio inferiore del 23% di mortalità per COVID-19 (OR 0.77, 95% CI 0.71-0.86, p<0.001) e un rischio inferiore del 16% di ricovero in terapia intensiva (OR 0.84, 95% CI 0.79-0.89, p<0.001). In conclusione, l'utilizzo cronico di statine è associato a una riduzione della mortalità e a un miglioramento degli esiti clinici nei pazienti ospedalizzati con COVID-19.

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