PCI

È utile un test funzionale a un anno dall’intervento in pazienti sottoposti a PCI ad alto rischio?

Circa la metà dei pazienti sottoposti a PCI eseguono un test funzionale entro due anni dall’intervento nonostante le Linee Guida non raccomandino questa indagine nonostante le Linee Guida non raccomandino questa indagine((Shah BR, McCoy LA, Federspiel JJ, et al. Use of stress testing and diagnostic catheterization after coronary stenting: association of site-level patterns with patient characteristics and outcomes in 247,052 Medicare beneficiaries. J Am Coll Cardiol 2013; 62: 439-46.)) se non a un anno di follow-up in pazienti sottoposti a procedure ad alto rischio (peraltro con una debole classe di raccomandazione: IIb). L’evidenza al riguardo è molto limitata e non vi sono studi randomizzati che abbiano affrontato questa problematica.

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Placche coronariche non ischemizzanti, ma con caratteristiche di rischio alla TC coronarica: devono essere trattate con PCI?

L’utilizzo della fractional flow reserve (FFR) è utile per individuare nei pazienti stabili, sottoposti a indagini invasive, quelle stenosi che possono essere trattate con beneficio mediante un intervento di PCI. Tuttavia, alcuni pazienti nei quali l’intervento viene differito sulla base dell’esito del test FFR, presentano eventi ischemici nel successivo follow-up.

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Riserva frazionale di flusso coronarico (FFR) misurata mediante optical coherence tomography (OCT): è capace di predire gli eventi avversi cardiovascolari?

L’OCT è una tecnica di imaging intravascolare che permette una valutazione anatomica dei vasi coronarici. Osservazioni recenti hanno suggerito un’applicazione di questa metodica anche per la valutazione fisiopatologica delle stenosi coronariche (OCT-FFR), utilizzando equazioni di dinamica dei fluidi, sulla base di una correlazione con la FFR determinata con la guidina pressoria. Non ci sono ancora dati, tuttavia sulla capacità di questa tecnica di predire successivi eventi avversi cardiovascolari.

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La misurazione della riserva coronarica può essere utile in aggiunta alla riserva frazionale di flusso per definire il significato fisiopatologico delle stenosi coronariche di grado intermedio?

Come noto, la Fractional Flow Reserve (FFR) è di grande utilità nel definire il significato fisiopatologico delle stenosi coronariche e l’utilità di un loro trattamento invasivo. Tuttavia, per valori di FFR compresi tra 0.80 e 0.75 (zona grigia di incertezza) esistono dati controversi su una effettiva utilità dell’angioplastica coronarica (PCI) nel migliorare l’outcome dei pazienti. Quando l’FFR presenta valori compresi entro questo intervallo, la misurazione della Riserva coronarica (CFR definita come rapporto tra flusso coronarico in condizioni di iperemia massima diviso per il flusso basale, un indice fisiologico che riflette eventuali limitazioni di flusso della circolazione coronarica incluso il microcircolo) potrebbe offrire un ulteriore elemento di valutazione, il cui effettivo valore prognostico aggiuntivo rimane tuttavia incerto.

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Acute Kidney Injury (AKI): può una campagna di prevenzione ridurne l’incidenza dopo procedure di diagnostica o interventistica coronarica?

Benché la problematica del verificarsi di AKI, dopo procedure diagnostiche e interventistiche, sia nota da tempo e molta letteratura sia stata prodotta su questo argomento, molti semplici provvedimenti per ridurne l’incidenza (idratazione adeguata, attenzione alla quantità del mezzo di contrasto usato sono disattese nella pratica clinica. Non è noto se un programma basato su interventi educazionali, supporto nelle decisioni cliniche, valutazioni tramite audit e feedback possano tradursi in una riduzione significativa di questa complicanza e in migliori risultati clinici.

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Quale tecnica deve guidare la PCI: IVUS o FFR? lo studio FLAVOUR

Le Linee Guida ESC sulla rivascolarizzazione miocardica raccomandano l’esecuzione di FFR per valutare il significato fisiopatologico di una lesione coronarica di grado intermedio (classe I, livello di evidenza A) sulla base dello studio FAME, pubblicato nel 2009, che ha dimostrato come la PCI guidata da FFR si accompagni a un minor numero di eventi cardiovascolari (morte, infarto, rivascolarizzazioni) a 1 anno, rispetto a una PCI guidata dall’angiografia. Le stesse Linee Guida riservano, per l’uso dell’IVUS, durante PCI una raccomandazione di classe IIa per la valutazione della severità delle stenosi sul tronco comune della coronaria sinistra. Non ci sono studi che abbiano confrontato l’outcome dei pazienti sottoposti a PCI con guida FFR, rispetto alle procedure interventistiche eseguite con guida IVUS (una tecnica che fornisce informazioni di tipo anatomico più dettagliate e precise di quelle offerte dall’angiografia). Questo gap conoscitivo è colmato dallo studio FLAVOUR (Fractional Flow Reserve and Intravascular Ultrasound-Guided Intervention Strategy for Clinical Outcomes in Patients with Intermediate Stenosis) eseguito in centri della Corea del Sud e della Cina.

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Effetti dell’angioplastica coronarica nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra su base ischemica: lo studio revived.

I pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, su base ischemica, traggono vantaggio dall’intervento di bypass aortocoronarico: lo studio STICH ha mostrato infatti una riduzione della mortalità rispetto alla terapia medica ottimale, anche se questo beneficio si è manifestato quando il follow-up è stato esteso a 10 anni. Non sappiamo se un analogo vantaggio in termini prognostici si possa ottenere con un intervento di PCI. Non è chiaro, poi, se la rivascolarizzazione possa ripristinare una contrattilità adeguata di aree ipoperfuse e disfunzionanti ma vitali, condizione nota come “miocardio ibernato”.

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