Prevenzione primaria

Iron deficiency and cardiovascular disease.

La carenza di ferro (Iron Deficiency – ID) può essere distinta in una forma “assoluta”, caratterizzata da una diminuzione delle scorte di ferro dell’organismo secondaria a insufficiente uptake nutrizionale, ostacolato assorbimento o perdite croniche; e in una forma “funzionale” (FID) dovuta a uno stato infiammatorio cronico con conseguente rilascio di epcidina, una proteina di fase acuta prodotta dal fegato che regola la degradazione della ferroportina, proteina transmembrana che trasporta il ferro assunto con il cibo dalla mucosa intestinale al sangue e modula il rilascio di ferro dai macrofagi nel fegato e nella milza. Nelle malattie cardiovascolari la ID è “funzionale”, mentre nello scompenso cardiaco essa è di origine mista in quanto può giocare un ruolo importante anche il difetto di assorbimento legato alla congestione vasale.

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Cosa devono sapere i cardiologi sui disturbi del sonno.

Ricordiamo:
– il 75% dei pazienti con ipertensione notturna soffre di OSA (apnee notturne). La mancanza quindi del “fenomeno di dipping” all’Holter pressorio deve insospettire il cardiologo. Il “non-dipping” è presente nel 48-84% dei pazienti con OSA, anche in assenza di ipertensione. L’uso di CPAP è in grado di sopprimere il fenomeno e di ridurre la pressione arteriosa notturna;
– l’OSA non trattata aumenta il rischio di fibrillazione atriale, mentre il suo trattamento ne riduce gli episodi. Il cardiologo attento dovrebbe ricercare la presenza di OSA, in ogni paziente sottoposto a cardioversione o ablazione per fibrillazione atriale, soprattutto se presenta obesità;
– i pazienti scompensati con OSA hanno una ridotta sopravvivenza e un maggior numero di ospedalizzazioni, rispetto a quelli senza OSA. L’aumento dell’attività, simpatica, le desaturazioni notturne e le variazioni di pressione intratoracica peggiorano l’emodinamica cardiaca;
– la presenza di insonnia è un fattore di rischio cardiovascolare, in particolare per l’ipertensione. Il suo trattamento rappresenta una nuova frontiera per promuovere il benessere cardiovascolare.

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Il meccanismo protettivo degli inibitori di SGLT2 a livello renale

Gli inibitori di SGLT2 aumentano l’escrezione di glucosio e sodio. Di conseguenza le cellule specializzate della macula densa che si trovano nel tratto ascendente dell’ansa di Henle alla sua giunzione col tubulo distale, a contatto con i glomeruli, segnalano l’aumentata concentrazione di sodio a livello tubulare e, attraverso il feedback glomerulotubulare, attivano i recettori dell’adenosina che costringono le arteriole afferenti glomerulari e, inibendo la produzione di renina, provocano una dilatazione delle arteriole efferenti.
La vasocostrizione delle arteriole afferenti e la dilatazione delle efferenti diminuisce la pressione idrostatica intraglomerulare, e riduce l’iperfiltrazione glomerulare, esplicando in tal modo un’azione protettiva a livello renale.

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Associazione tra escrezione urinaria di sodio e potassio e rischio cardiovascolare

Un alto consumo di sodio, causa maggiore di ipertensione, è considerato un fattore alimentare associato ad elevato rischio cardiovascolare. Tuttavia, gli studi in proposito sono stati spesso contrastanti, per errori metodologici quali il dosaggio della sodiuria in un singolo prelievo di urina delle 24 ore o in assenza di concomitante determinazione della kaliuria. Inoltre, molti pazienti fragili o con co-patologie riducono il consumo di sodio prima che si verifichi un evento cardiovascolare, generando l’idea che anche un basso consumo di sodio sia da considerare un fattore di rischio cardiovascolare (“reverse causation bias”).

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Ritorno alla guida dopo l’impianto di defibrillatore. Quanto è sicuro?

Le Linee Guida attuali raccomandano una astensione dalla guida per tre mesi in caso di impianto di defibrillatore in prevenzione secondaria (o dopo uno shock appropriato del dispositivo) e per un mese se l’impianto è in prevenzione primaria. Tuttavia, ci sono pochi studi dedicati all’aderenza a tali restrizioni e all’impatto che può avere il ritorno alla guida di tali pazienti e sul possibile rischio di incidenti stradali.

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