Sindrome coronarica acuta

Time to coronary catheterization in patients with non-ST-segment elevation acute coronary syndrome and high Global Registry of Acute Coronary Events score

Le Linee Guida correnti raccomandano una strategia di angiografia coronarica invasiva (ICA) precoce (<24 ore) nei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-ACS), con punteggio GRACE superiore a 140. Tuttavia, questa raccomandazione si fonda su studi piuttosto datati. Il presente studio ha incluso 1.767 pazienti (2016-2021) con NSTE-ACS senza indicazione per ICA urgente, sottoposti a ICA durante il ricovero. Di questi, 655 pazienti sono stati sottoposti a ICA precoce (entro 24 ore) e 1.112 sono stati sottoposti a ICA tardiva (tra 24 ore e 1 settimana). L'endpoint primario dello studio era il composito di mortalità per tutte le cause, ictus e infarto miocardico ricorrente. Il tempo mediano dall’ospedalizzazione all'ICA è stato di 13 ore (range interquartile 6.0-20.6) per il gruppo precoce e 60 ore per il gruppo tardive (range interquartile 23.5-96.3). Non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i due gruppi per quanto riguarda l’endpoint primario composito (hazard ratio [HR] 1.12, intervallo di confidenza [IC] al 95% 0.97-1.48, p=0.10).

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Thrombotic risk in patients with acute coronary syndromes discharged on prasugrel or clopidogrel: results from the PROMETHEUS study

Aims: Based on recent clinical data, the 2020 ESC guidelines on non-ST-elevation acute coronary syndrome (NSTE-ACS) suggest to tailor antithrombotic strategy on individual thrombotic risk. Nonetheless, prevalence and prognostic impact of the high thrombotic risk (HTR) criteria proposed are yet to be described. In this analysis from the PROMETHEUS registry, we assessed prevalence and prognostic impact of HTR, defined according to the 2020 ESC NSTE-ACS guidelines, and if the benefits associated with prasugrel vs. clopidogrel vary with thrombotic risk.

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Validation of a Contemporary Acute Kidney Injury Risk Score in Patients With Acute Coronary Syndrome

Background: A simple, contemporary risk score for the prediction of contrast-associated acute kidney injury (CA-AKI) after percutaneous coronary intervention (PCI) was recently updated, although its external validation is lacking.

Objectives: The aim of this study was to validate the updated CA-AKI risk score in a large cohort of acute coronary syndrome patients from the MATRIX (Minimizing Adverse Haemorrhagic Events by Transradial Access Site and Systemic Implementation of angioX) trial.

Methods: The risk score identifies 4 risk categories for CA-AKI. The primary endpoint was to appraise the receiver-operating characteristics of an 8-component and a 12-component CA-AKI model. Independent predictors of Kidney Disease Improving Global Outcomes-based acute kidney injury and the impact of CA-AKI on 1-year mortality and bleeding were also investigated.

Results: The MATRIX trial included 8,201 patients with complete creatinine values and no end-stage renal disease. CA-AKI occurred in 5.5% of the patients, with a stepwise increase of the 4 risk categories. The receiver-operating characteristic area under the curve was 0.67 (95% CI: 0.64-0.70) with model 1 and 0.71 (95% CI: 0.68-0.74) with model 2. CA-AKI risk was systematically overestimated with both models (Hosmer-Lemeshow goodness-offit test: P<0.05). The 1-year risks of all-cause mortality and bleeding were higher in CA-AKI patients (HR: 7.03 [95% CI: 5.47-9.05] and HR: 3.20 [95% CI: 2.56-3.99]; respectively). There was a gradual risk increase for mortality and bleeding as a function of the CA-AKI risk category for both models. Conclusions: The updated CA-AKI risk score identifies patients at incremental risks of acute kidney injury, bleeding, and mortality. (Minimizing Adverse Haemorrhagic Events by Transradial Access Site and Systemic Implementation of angioX [MATRIX]; NCT01433627).

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Anziani fragili con infarto senza sopraslivellamento di ST: come trattarli?

Nei pazienti anziani con infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI), le Linee Guida raccomandano le stesse strategie diagnostico-terapeutiche messe in atto nei pazienti più giovani sulla base di trial che, in quella popolazione, hanno mostrato la superiorità di un approccio invasivo rispetto a uno conservativo. Tuttavia, quegli studi non includevano pazienti con alto grado di fragilità per i quali non vi sono dati provenienti da studi randomizzati che indichino la strategia da adottare.

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Nei pazienti anziani multivasali con sindrome coronarica acuta va completata la rivascolarizzazione? I risultati dello studio FIRE.

Gli anziani rappresentano una parte rilevante dei pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta (ACS). Le decisioni da assumere in questa popolazione sono spesso difficili per la concomitanza di sindromi geriatriche, quali la fragilità o i deficit cognitivi e perchè essi sono poco rappresentati nei trial da cui deriva l’evidenza alla base delle raccomandazioni delle linee guida . Se è vero che la maggior parte di questi pazienti vengono trattati invasivamente come i pazienti più giovani, sussistono perplessità in caso di malattia multivasale, in particolare sul trattamento delle lesioni critiche non-culprit una volta che la lesione colpevole è stata dilatata. La domanda che ci si pone è se si debba procedere a una rivascolarizzazione completa, come avviene nei pazienti più giovani, o accontentarsi di aver tamponato il problema clinico avendo trattato la sola lesione culprit.

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Significato prognostico di placche attive dopo infarto miocardico individuate mediante PET-TC.

Nei pazienti con un recente infarto miocardico non vi sono indicatori clinici capaci di predire con sufficiente attendibilità il rischio di un nuovo evento acuto. Indagini eseguite con strumenti di imaging invasivo hanno individuato alcune caratteristiche di placca che possono associarsi a un rischio di instabilizzazione clinica, quali la presenza di un core necrotico ampio o un cappuccio fibroso sottile. Tuttavia, l’utilizzo di questi strumenti non può essere esteso su larga scala e non sempre è privo di rischi. Tra le metodiche non invasive, la TC coronarica permette una valutazione qualitativa delle stenosi e, associata alla PET, è in grado di individuare le placche attive, con più alta probabilità di causare instabilizzazione clinica. In particolare la PET-TC, utilizzando come tracciante il 18F-sodium fluoride, evidenzia le microcalcificazioni attive all’interno del core necrotico, localizzando le stenosi con più elevata vulnerabilità.

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Serum levels of 25-oh vitamin d levels predict cognitive impairments among acute coronary syndrome patients.

Il deterioramento cognitivo dopo rivascolarizzazione coronarica percutanea (PCI) nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) è stata poco investigata in passato. Questo studio ha esaminato la funzione cognitiva post-operatoria di 284 pazienti sottoposti a PCI (arruolati in un unico centro dal 2019 al 2022) suddivisi in due gruppi: deterioramento cognitivo (CI, n=82) e senza deterioramento cognitivo (NCI, n=186) in base alla scala di valutazione cognitiva di Montreal. I livelli sierici di 25(OH)D3 dei partecipanti al momento del ricovero e i livelli sierici di enolasi neurone-specifica (NSE), proteina gliale fibrillare acida (GFAP) e S100β sono stati misurati 21 giorni dopo la PCI. Età superiore a 65 anni, ipertensione, durata della PCI superiore a 60 minuti, frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 50% e 25(OH) D3 sierico inferiore a 31.4 ng/ml, sono risultati predittori indipendenti di rischio nei pazienti con ACS. I livelli sierici di 25(OH)D3, NSE, S100β e GFAP sono risultati significativamente più alti nei pazienti con deterioramento cognitivo. In conclusione, i livelli sierici di NSE, S100β e GFAP, nel periodo postoperatorio, correlano significativamente con i livelli sierici di 25(OH)D3 all’ammissione. I livelli sierici di 25(OH)D3 sono predittori di deterioramento cognitivo nei pazienti con ACS dopo PCI.

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Rivascolarizzazione completa nel paziente STEMI multivasale emodinamicamente stabile: quando eseguirla?

Nei pazienti STEMI e coronaropatia multivasale, una rivascolarizzazione completa migliora la prognosi a distanza, come dimostrato dallo studio COMPLETE , nel quale è stata osservata la diminuzione di un endpoint composito (morte cardiovascolare, infarto miocardico o rivascolarizzazione ischemia-driven) rispetto al trattamento della sola lesione culprit. Resta tuttavia ancora aperta la problematica del timing del completamento, se debba cioè essere eseguito con procedure seriate programmate (“staged procedures”) o possa essere eseguito, in pazienti emodinamicamente stabili, anche durante la PCI primaria.

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Supporto circolatorio meccanico con ECMO in pazienti con infarto miocardico in shock cardiogeno: inefficace e non privo di complicanze. I risultati dello studio ECLS-SHOCK.

Lo shock cardiogeno rappresenta la più frequente causa di mortalità nei pazienti con infarto acuto del miocardio. Il tasso di mortalità è tuttora molto elevato, tra il 40% e 50% dei casi, e non si è modificato nel corso degli ultimi anni nonostante i progressi ottenuti nel trattamento delle sindromi coronariche acute. Recentemente nella pratica clinica si è sempre più diffuso il ricorso all’ECMO , che fornisce un supporto sia circolatorio che respiratorio al paziente. L’efficacia e la sicurezza di questa procedura, tuttavia, non è stata studiata in un trial randomizzato di ampie dimensioni.

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Infiammazione del tessuto adiposo pericoronarico: significato della sua individuazione alla TC coronarica

L’infiammazione svolge un ruolo rilevante nella formazione della placca aterosclerotica e nei processi che portano alla instabilizzazione e rottura, substrato fisiopatologico delle sindromi coronariche acute (ACS – 1). L’infiammazione può cambiare le caratteristiche del tessuto adiposo circostante, che sono individuate dalla CT coronarica (CTA) come modificazione del grado di attenuazione (riduzione dei valori densitometrici) del grasso perivascolare che presenta valori meno negativi di unità Hounsfield [HU] (più vicini a -30 HU), rispetto a quello lipidico che è invece caratterizzato da valori HU più negativi (vicini a -190 HU).

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