Sindrome coronarica acuta

Conosci il “pattern elettrocardiografico” di Aslanger?

Il “case report” pubblicato su JAMA descrive un paziente che si presenta con angor accompagnato da un quadro ECG simile a quello indicato nella Figura. Alla coronarografia il paziente aveva una occlusione acuta della coronaria destra. Questo “pattern elettrocardiografico” è stato descritto per la prima nel 2020 da Aslanger et al. La diagnosi di STEMI si basa sulla presenza all’elettrocardiogramma di sopraslivellamento di ST in almeno due derivazioni contigue. Tuttavia questo requisito è limitativo perché può impedire la diagnosi di STEMI in alcune condizioni che invece necessitano di un intervento urgente di riperfusione. Il “pattern elettrocardiografico” originalmente descritto da Aslanger et al., esemplificato nella Figura, mostra che il vettore di ST è rivolto più a destra di quanto non sia abitualmente nello STEMI inferiore e si manifesta con sopraslivellamento solo in III e aVR, accompagnato da un sottoslivellamento di ST in I, II, V5, V6 (frecce). Un altro aspetto caratteristico è l’ST più elevato in V1 che in V2. I pazienti che si presentano con questo quadro ECG (e hanno positività dei biomarkers di necrosi) sono abitualmente considerati come NSTEMI e non vengono avviati d’urgenza in sala emodinamica. L’aspetto ecg sopra descritto è stato riscontrato nel 6.3% di pazienti classificati come NSTEMI e nel 13.1% dei pazienti con STEMI inferiore: i corrispondenti quadri coronarografici mostravano, come lesione culprit, la arteria circonflessa (50% dei casi) o la coronaria destra (32% dei casi) e frequente era il coinvolgimento multivasale.

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DAPT abbreviata seguita da monoterapia con clopidogrel in pazienti con Sindrome Coronarica Acuta: effetti su eventi ischemici ed emorragici ad 1 anno.

La durata raccomandata della doppia terapia antiaggregante (DAPT) nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS) è di 12 mesi, a meno che sia presente un alto rischio di bleeding. Tuttavia alcuni studi recenti hanno mostrato come una DAPT abbreviata seguita da una monoterapia con inibitore del recettore P2Y12 possa ridurre gli eventi emorragici senza aumentare gli eventi ischemici. Queste evidenze provengono per lo più da studi in cui è stato utilizzato ticagrelor in monoterapia, mentre scarsamente indagato è il clopidogrel, che è peraltro l’inibitore del recettore P2Y12 maggiormente utilizzato nella pratica clinica.

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Reduced Heart Failure and Mortality in Patients Receiving Statin Therapy Before Initial Acute Coronary Syndrome.

Background: There is uncertainty regarding the impact of statins on the risk of atherosclerotic cardiovascular disease (ASCVD) and its major complication, acute heart failure (AHF).

Objectives: The aim of this study was to investigate whether previous statin therapy translates into lower AHF events and improved survival from AHF among patients presenting with an acute coronary syndrome (ACS) as a first manifestation of ASCVD.

Methods: Data were drawn from the International Survey of Acute Coronary Syndromes Archives. The study participants consisted of 14,542 Caucasian patients presenting with ACS without previous ASCVD events. Statin users before the index event were compared with nonusers by using inverse probability weighting models. Estimates were compared by test of interaction on the log scale. Main outcome measures were the incidence of AHF according to Killip class and the rate of 30-day all-cause mortality in patients presenting with AHF.

Results: Previous statin therapy was associated with a significantly decreased rate of AHF on admission (4.3% absolute risk reduction; risk ratio [RR]: 0.72; 95% CI: 0.62- 0.83) regardless of younger (40-75 years) or older age (interaction P = 0.27) and sex (interaction P = 0.22). Moreover, previous statin therapy predicted a lower risk of 30-day mortality in the subset of patients presenting with AHF on admission (5.2 % absolute risk reduction; RR: 0.71; 95% CI: 0.50-0.99).

Conclusions: Among adults presenting with ACS as a first manifestation of ASCVD, previous statin therapy is associated with a reduced risk of AHF and improved survival from AHF. (International Survey of Acute Coronary Syndromes [ISACS] Archives; NCT04008173).

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Association of sex with outcome in elderly patients with acute coronary syndrome undergoing percutaneous coronary intervention.

Background: Worse outcomes have been reported for women, compared with men, after an acute coronary syndrome (ACS). Whether this difference persists in elderly patients undergoing similar invasive treatment has not been studied. We investigated sexrelated differences in 1-year outcome of elderly acute coronary syndrome patients treated by percutaneous coronary intervention (PCI).

Methods: Patients 75 years and older successfully treated with PCI were selected among those enrolled in 3 Italian multicenter studies. Cox regression analysis was used to assess the independent predictive value of sex on outcome at 12-month follow-up.

Results: A total of 2.035 patients (44% women) were included. Women were older and most likely to present with ST-elevation myocardial infarction (STEMI), diabetes, hypertension, and renal dysfunction; men were more frequently overweight, with multivessel coronary disease, prior myocardial infarction, and revascularizations. Overall, no sex disparity was found about all-cause (8.3% vs 7%, P=.305) and cardiovascular mortality (5.7% vs 4.1%, P=113). Higher cardiovascular mortality was observed in women after STEMI (8.8%) vs 5%, P=.041), but not after non ST-elevation-ACS (3.5% vs 3.7%, P=.999). A sensitivity analysis excluding patients with prior coronary events (N=1.324, 48% women) showed a significantly higher cardiovascular death in women (5.4% vs 2.9%, P=.025). After adjustment for baseline clinical variables, female sex did not predict adverse outcome.

Conclusions: Elderly men and women with ACS show different clinical presentation and baseline risk profile. After successful PCI, unadjusted 1-year cardiovascular mortality was significantly higher in women with STEMI and in those with a first coronary event. However, female sex did not predict cardiovascular mortality after adjustment for the different baseline variables.

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Nefropatia acuta da mezzo di contrasto dopo pci: quanto può servire uno score di rischio per predirne l’insorgenza?

La nefropatia acuta da contrasto (AKI) è una nota e temuta complicanza delle procedure di PCI. Al suo verificarsi contribuiscono la presenza di comorbilità, in particolare una malattia cronica renale preesistente e il diabete, la complessità delle procedure, la quantità di mezzo di contrasto iniettato. Per ridurre e mitigare l’incidenza di questo fenomeno, che ha un peso prognostico non trascurabile, gli operatori impiegano una serie di accorgimenti quali l’utilizzo di mezzi di contrasto a bassa osmolarità, l’espansione del volume, la sospensione cautelativa di alcuni farmaci. Per predire l’insorgenza di AKI sono stati proposti numerosi score di rischio, alcuni tuttavia un po’ datati, altri complessi e di non facile utilizzo.

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L’infarto miocardico dopo angioplastica coronarica: quale definizione utilizzare?

L’infarto miocardico periprocedurale (PPMI) è una complicanza non infrequente delle procedure di angioplastica coronarica (PCI) che limita l’impatto clinico favorevole della procedura. Ne sono state proposte alcune definizioni che differiscono tra loro, sia per le soglie di incremento postprocedurale della troponina (cTn), che per la presenza o meno di criteri ancillari che indichino il rischio di complicanze angiografiche o di nuova ischemia miocardica. Tuttavia, non c’è consenso su quale definizione utilizzare, anche se si concorda sull’impatto prognostico che una corretta definizione deve avere, in particolare sulla successiva mortalità cardiovascolare. Il problema non è di poco conto, in quanto l’incidenza di PPMI può variare dal 2% al 18% in base alle diverse definizioni, modificando, a seconda di quella utilizzata, il risultato di trial che confrontino la PCI sia con la terapia medica che con il bypass aortocoronarico.

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Spontaneous coronary artery dissection: an Italian single centre experience

La dissezione coronarica spontanea (SCAD) è una causa rara e sottodiagnosticata di infarto miocardico acuto, soprattutto in giovani donne. L’obiettivo di questo studio retrospettivo monocentrico è stato quello di individuare i fattori predisponenti, le caratteristiche cliniche e la prognosi in una coorte di 58 pazienti (età media 54 ± 11 anni, 86% donne) arruolati tra il 2013 e il 2020. Uno o più fattori di rischio cardiovascolare erano presenti nel 60% dei pazienti. La prevalenza di fibrodisplasia muscolare è risultata pari al 39% (7/18 pazienti sottoposti a screening).

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