ACS

Occlusion of the infarct-related coronary artery presenting as acute coronary syndrome with and without ST-elevation: impact of inflammation and outcomes in a real-world prospective cohort

In questa sottoanalisi tratta dal registro multicentrico prospettico SPUM-ACS che ha raccolto 4.787 pazienti con sindrome coronarica acuta (sia STEMI che NSTEMI) in quattro centri di terzo livello in Svizzera, abbiamo analizzato l’incidenza e l’impatto prognostico dell’occlusione coronarica acuta totale (definita come flusso TIMI 0 all’angiografia) senza evidenza all’ECG di sopraslivellamento del tratto ST nei pazienti con NSTEMI. Comunemente, circa il 20-30% dei pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta hanno un’occlusione completa della coronaria culprit, ma non presentano tratto ST-T sopraslivellato e quindi non vengono indirizzati tempestivamente in sala di emodinamica per un trattamento precoce…

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Abbandono della doppia terapia antiaggregante entro un mese dalla sindrome coronarica acuta e prosecuzione con ticagrelor: un’altra evidenza favorevole dallo studio T-PASS

Nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS), in assenza di una condizione di high-bleeding-risk (HBR), la durata della doppia terapia antipiastrinica (DAPT) raccomandata dalle Linee Guida è tuttora di 12 mesi . Tuttavia, la tendenza attuale degli operatori a impiantare un numero minore di stent ri spetto al passato e per lo più a maglie metalliche ultrasottili, così come il timore di eventi emorragici correlati alla DAPT anche in pazienti senza un profilo specifico HBR, hanno spianato la strada all’utilizzo di periodi sempre più brevi di DAPT proseguendo la terapia con inibitori del recettore P2Y12.

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Possiamo dare l’addio all’ASA nel trattamento della sindrome coronarica acuta?

Una serie di studi recenti ha dimostrato la sicurezza di strategie farmacologiche basate su breve durata di doppia terapia antipiastrinica (DAPT) dopo sindrome coronarica acuta (ACS) e successivo trattamento con monoterapia basata su inibitore del recettore piastrinico P2Y12. . Tuttavia nessuno studio ha sperimentato una strategia “ASA”, basata su una monoterapia immediata con un inibitore del recettore P2Y12, senza una fase iniziale di DAPT.

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Monoterapia con ticagrelor nelle sindromi coronariche acute: risultati di un’analisi congiunta degli studi TWILIGHT e TICO.

Tra le strategie antipiastriniche utilizzate per ridurre i sanguinamenti nei pazienti con sindrome coronarica acuta sottoposta a PCI a rischio ischemico non elevato, la sospensione dell’ASA dopo un periodo di DAPT di tre/sei mesi, continuando la terapia antipiastrinica con il solo inibitore del recettore P2Y12, è attualmente contemplata dalle Linee Guida con una raccomandazione di classe IIa. Tuttavia, gli studi che hanno utilizzato tale strategia confrontandola con la DAPT standard di 12 mesi esclusivamente in pazienti ACS non hanno dato esiti omogenei, in quanto ai risultati favorevoli a una “short DAPT” nello studio TICO , che ha utlizzato ticagrelor quale inibitore del recettore P2Y12, si sono contrapposti i risultati meno confortanti di STOPDAPT-2 ACS che ha invece utilizzato clopidogrel. Inoltre è da notare che un altro studio, il TWILIGHT aveva un disegno molto simile a quello dello studio TICO, pur rivolgendosi a una popolazione mista di ACS (63.5%) e coronaropatia stabile (36.5%). Una valutazione globale di TICO e TWILIGHT, limitatamente ai pazienti ACS, potrebbe dare una maggiore evidenza all’efficacia e sicurezza di una strategia antipiastrinica basata su una “short DAPT”, seguita da monoterapia con ticagrelor.

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Valutazione del rischio ischemico ed emorragico in pazienti ACS: fondamentale per una medicina personalizzata.

La composizione e durata della doppia terapia antiaggregante nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS), deve essere commisurata al rischio emorragico e ischemico dei pazienti. Gli score di più ampio utilizzo hanno tuttavia alcune limitazioni: essi sono basati su casistiche che includono anche gli eventi del primo mese successivo all’evento indice (periodo nel quale, pur essendo gli eventi più numerosi, non esistono incertezze sulla composizione della DAPT) e non sono stati derivati da simili popolazioni target.

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Adding the value of the Charlson Comorbidity Index to the GRACE score for mortality prediction in acute coronary syndromes

Esistono ancora dati limitati e contrastanti sul ruolo additivo del “Charlson Comorbidity Index” (CCI), rispetto allo score di rischio GRACE nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS). In questo studio retrospettivo (2018-2020), che ha incluso 1.310 pazienti (età media 68 anni), il tasso di mortalità dopo ACS è risultato pari al 9.2% a 30 giorni e 9.5% a 1 anno dalla dimissione. All’analisi multivariata, il CCI non è risultato associato alla mortalità a breve termine. Tuttavia, il CCI è risultato associato in modo significativo e indipendente alla mortalità a lungo termine insieme al punteggio GRACE (hazard ratio 1.34, intervallo di confidenza al 95%: 1.22–1.47; P<0.001). È stato osservato un effetto additivo del CCI rispetto al GRACE score per la predizione della mortalità a lungo termine con un’area sotto la curva che è passata da 0.768 a 0.819 (P=0.003), quando i due score venivano considerati insieme. In conclusione, il CCI è un predittore della mortalità a lungo termine e migliora la stratificazione del rischio dei pazienti con ACS rispetto all’utilizzo del solo GRACE score.

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Un annoso dilemma: eparina non frazionata o bivalirudina durante PCI nei pazienti NSTEMI?

La problematica posta dal titolo sotto forma di domanda non ha ancora una risposta precisa, perchè in letteratura i dati di confronto tra i due farmaci sono contrastanti e i dati iniziali non rispecchiano la pratica attuale, in quanto l’eparina veniva associata nei primi studi di confronto agli inibitori del recettore IIbIIIa (GPI), una combinazione a elevato rischio di bleeding, non più utilizzata negli studi e nella routine più recente.

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Validation of a Contemporary Acute Kidney Injury Risk Score in Patients With Acute Coronary Syndrome

Background: A simple, contemporary risk score for the prediction of contrast-associated acute kidney injury (CA-AKI) after percutaneous coronary intervention (PCI) was recently updated, although its external validation is lacking.

Objectives: The aim of this study was to validate the updated CA-AKI risk score in a large cohort of acute coronary syndrome patients from the MATRIX (Minimizing Adverse Haemorrhagic Events by Transradial Access Site and Systemic Implementation of angioX) trial.

Methods: The risk score identifies 4 risk categories for CA-AKI. The primary endpoint was to appraise the receiver-operating characteristics of an 8-component and a 12-component CA-AKI model. Independent predictors of Kidney Disease Improving Global Outcomes-based acute kidney injury and the impact of CA-AKI on 1-year mortality and bleeding were also investigated.

Results: The MATRIX trial included 8,201 patients with complete creatinine values and no end-stage renal disease. CA-AKI occurred in 5.5% of the patients, with a stepwise increase of the 4 risk categories. The receiver-operating characteristic area under the curve was 0.67 (95% CI: 0.64-0.70) with model 1 and 0.71 (95% CI: 0.68-0.74) with model 2. CA-AKI risk was systematically overestimated with both models (Hosmer-Lemeshow goodness-offit test: P<0.05). The 1-year risks of all-cause mortality and bleeding were higher in CA-AKI patients (HR: 7.03 [95% CI: 5.47-9.05] and HR: 3.20 [95% CI: 2.56-3.99]; respectively). There was a gradual risk increase for mortality and bleeding as a function of the CA-AKI risk category for both models. Conclusions: The updated CA-AKI risk score identifies patients at incremental risks of acute kidney injury, bleeding, and mortality. (Minimizing Adverse Haemorrhagic Events by Transradial Access Site and Systemic Implementation of angioX [MATRIX]; NCT01433627).

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Nei pazienti anziani multivasali con sindrome coronarica acuta va completata la rivascolarizzazione? I risultati dello studio FIRE.

Gli anziani rappresentano una parte rilevante dei pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta (ACS). Le decisioni da assumere in questa popolazione sono spesso difficili per la concomitanza di sindromi geriatriche, quali la fragilità o i deficit cognitivi e perchè essi sono poco rappresentati nei trial da cui deriva l’evidenza alla base delle raccomandazioni delle linee guida . Se è vero che la maggior parte di questi pazienti vengono trattati invasivamente come i pazienti più giovani, sussistono perplessità in caso di malattia multivasale, in particolare sul trattamento delle lesioni critiche non-culprit una volta che la lesione colpevole è stata dilatata. La domanda che ci si pone è se si debba procedere a una rivascolarizzazione completa, come avviene nei pazienti più giovani, o accontentarsi di aver tamponato il problema clinico avendo trattato la sola lesione culprit.

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Serum levels of 25-oh vitamin d levels predict cognitive impairments among acute coronary syndrome patients.

Il deterioramento cognitivo dopo rivascolarizzazione coronarica percutanea (PCI) nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) è stata poco investigata in passato. Questo studio ha esaminato la funzione cognitiva post-operatoria di 284 pazienti sottoposti a PCI (arruolati in un unico centro dal 2019 al 2022) suddivisi in due gruppi: deterioramento cognitivo (CI, n=82) e senza deterioramento cognitivo (NCI, n=186) in base alla scala di valutazione cognitiva di Montreal. I livelli sierici di 25(OH)D3 dei partecipanti al momento del ricovero e i livelli sierici di enolasi neurone-specifica (NSE), proteina gliale fibrillare acida (GFAP) e S100β sono stati misurati 21 giorni dopo la PCI. Età superiore a 65 anni, ipertensione, durata della PCI superiore a 60 minuti, frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 50% e 25(OH) D3 sierico inferiore a 31.4 ng/ml, sono risultati predittori indipendenti di rischio nei pazienti con ACS. I livelli sierici di 25(OH)D3, NSE, S100β e GFAP sono risultati significativamente più alti nei pazienti con deterioramento cognitivo. In conclusione, i livelli sierici di NSE, S100β e GFAP, nel periodo postoperatorio, correlano significativamente con i livelli sierici di 25(OH)D3 all’ammissione. I livelli sierici di 25(OH)D3 sono predittori di deterioramento cognitivo nei pazienti con ACS dopo PCI.

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