cardiochirurgia

L’infarto miocardico dopo angioplastica coronarica: quale definizione utilizzare?

L’infarto miocardico periprocedurale (PPMI) è una complicanza non infrequente delle procedure di angioplastica coronarica (PCI) che limita l’impatto clinico favorevole della procedura. Ne sono state proposte alcune definizioni che differiscono tra loro, sia per le soglie di incremento postprocedurale della troponina (cTn), che per la presenza o meno di criteri ancillari che indichino il rischio di complicanze angiografiche o di nuova ischemia miocardica. Tuttavia, non c’è consenso su quale definizione utilizzare, anche se si concorda sull’impatto prognostico che una corretta definizione deve avere, in particolare sulla successiva mortalità cardiovascolare. Il problema non è di poco conto, in quanto l’incidenza di PPMI può variare dal 2% al 18% in base alle diverse definizioni, modificando, a seconda di quella utilizzata, il risultato di trial che confrontino la PCI sia con la terapia medica che con il bypass aortocoronarico.

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Ten-year outcomes after off-pump and on-pump coronary artery bypass grafting: an inverse probability of treatment weighting comparative study.

L’impatto prognostico della rivascolarizzazione miocardica “off-pump” (OPCAB), rispetto al bypass aorto-coronarico (CABG) tradizionale sugli esiti clinici a lungo termine, è oggetto di intenso dibattito e rappresenta l’obiettivo del presente studio nato da due studi prospettici di coorte. 10.988 pazienti sono stati sottoposti a CABG isolato (di cui il 27.2% sottoposti a OPCAB). La sopravvivenza a lungo termine non aggiustata è risultata significativamente maggiore nei pazienti sottoposti a OPCAB, confermata con modelli di aggiustamento (hazard ratio [HR]: 1.08, 95% intervallo di confidenza [CI]: 1.01-1.14, p=0.01). L’OPCAB è risultato associato a un aumentato rischio di eventi cardiovascolari maggiori a 10 anni (HR aggiustato 1.18, 95% CI: 1.12-1.23, p<0.001), di rivascolarizzazione ripetuta nei primi 6 mesi (HR 2.27, 95% CI 1.39-3.85, p><0.001) e di ictus (HR 1.22, 95% CI: 1.10-1.35, p><0.001). I risultati di questo studio suggeriscono che < <0.001), di rivascolarizzazione ripetuta nei primi 6 mesi (HR 2.27, 95% CI 1.39-3.85, p<0.001) e di ictus (HR 1.22, 95% CI: 1.10-1.35, p<0.001). I risultati di questo studio suggeriscono che l’OPCAB è associato a un rischio maggiore di mortalità, necessità di rivascolarizzazione miocardica ripetuta e ictus a 10 anni rispetto al CABG on-pump.

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Dobbiamo rivascolarizzare i pazienti con coronaropatia stabile e disfunzione ventricolare sinistra non severa? Un’analisi dello studio ischemia

Lo studio ISCHEMIA recentemente pubblicato, non ha mostrato differenza di outcome (a una mediana di follow-up di 3.2 anni) tra pazienti con segni di ischemia miocardica moderata o severa (valutata a uno stress test) e randomizzati a una strategia conservativa (rivascolarizzazione solo in caso di fallimento della terapia medica) o invasiva (rivascolarizzazione a tutti i pazienti quando possibile).

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