PCI

Come trattare la ristenosi intrastent? i risultati dello studio AGENT-IDE

La restenosi dopo angioplastica coronarica (ISR)  nonostante  l’evoluzione  tecnologica degli ultimi decenni, prima con l’introduzione degli stent metallici (BMS) e poi con l’utilizzo generalizzato degli stent a rilascio di farmaco (DES) continua a rappresentare uno dei principali eventi  sfavorevoli  della  rivascolarizzazione coronarica percutanea, con una incidenza stimata nel primo anno dopo l’impianto, tra il 6% e 8% delle procedure e con esordio talora anche come sindrome coronarica acuta…

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Percutaneous coronary intervention plus medical therapy versus medical therapy alone in chronic coronary syndrome: a propensity score-matched analysis from the Swedish Coronary Angiography and Angioplasty Registry.

Il beneficio della PCI nei confronti della terapia medica nei pazienti con sindrome coronarica cronica (CCS) è tuttora oggetto di discussione. Sono stati eseguiti cinque studi randomizzati (BARI-2D, COURAGE, ISCHEMIA, FAME-2 e REVIVED-BCIS) per risolvere questa problematica clinica senza raggiungere conclusioni definitive e convincenti. In questo studio osservazionale gli autori hanno selezionato dallo Swedish Coronary  Angiography  and  Angioplasty Registry (SCAAR) 32.289 pazienti con CCS sintomatica (in terapia con una statina e almeno un farmaco antianginoso tra betabloccanti, calcioantagonisti e nitrati) con una malattia coronarica  angiograficamente  documentata sottoposti a PCI associata a trattamento medico (MT) o a solo MT. Escludendo i pazienti più fragili, non suscettibili di rivascolarizzazione, sono stati selezionati 15.440 pazienti (7.720 in ciascun gruppo) bilanciati, in base al propensity score, per una serie di variabili cliniche e angiografiche. L’outcome primario, i NACE a 5 anni, è stato valutato…

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Quale terapia antipiastrinica per i pazienti con sindrome coronarica acuta ad alto rischio ischemico ed emorragico?

La durata ottimale di una doppia terapia antiaggregante (DAPT) dopo una sindrome coronarica acuta (ACS) è tuttora oggetto di ampie discussioni. Mentre le Linee Guida ribadiscono che  la  DAPT  debba  essere proseguita per 12 mesi, sempre più evidenze sono a favore di una riduzione della DAPT a 1-3 mesi dopo l’evento acuto per minimizzare le complicanze emorragiche…

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PCI complesse: meglio la guida IVUS o OCT?

Le linee guida correnti raccomandano l’utilizzo dell’imaging coronarico per ottimizzare l’impianto di stent nei pazienti sottoposti a PCI complessa (classe IIA) , sulla scia di studi che ne hanno dimostrato la superiorità nell’ottenere una più ampia area luminale rispetto alla semplice guida angiografica. . Lo studio OCTIVUS ha randomizzato una popolazione consecutiva di pazienti trattati con PCI a guida con eco intravascolare (IVUS) o a “optical coherence tomography” (OCT) non dimostrando differenze di outcome tra i pazienti in cui…

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Trattamento anticoagulante intravenoso protratto dopo PCI primaria per STEMI: può essere utile?

Non vi sono molti dati sul rischio/beneficio di un trattamento anticoagulante protratto dopo PCI primaria per STEMI. Le linee guida ESC – più recenti – raccomandano nelle sindromi coronariche acute di interrompere il trattamento effettuato durante la procedura (anche se con livello di evidenza C), mentre le linee guida ACC/AHA neppure menzionano l’argomento…

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Esecuzione routinaria di test da sforzo dopo PCI nel paziente diabetico: può essere utile?

Lo studio POST-PCI (Pragmatic Trial Comparing Symptom-Oriented versus Routine Stress Testing in High-Risk Patients Undergoing Percutaneous Coronary Intervention), un trial randomizzato che ha confrontato una “strategia attiva “di follow-up basata sull’esecuzione di un test da sforzo a 1 anno da una procedura di PCI ad alto rischio, rispetto allo “standard of care” che prevedeva tale test solo in presenza di sintomatologia sospetta. Il risultato dello studio non ha mostrato beneficio dalla “strategia attiva” Tuttavia, è possibile che in pazienti con un maggior rischio di eventi come i diabetici…

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Eventi associati alla scelta di strategia terapeutica nello studio ischemia.

Lo studio ISCHEMIA, che ha randomizzato pazienti con cardiopatia ischemica stabile a rivascolarizzazione o terapia medica ottimale a una strategia conservativa (CONS) o invasiva (INV), non ha mostrato differenze significative nell’endpoint composito (morte cardiovascolare, infarto miocardico -MI-, o ospedalizzazione per angina instabile, scompenso, arresto cardiaco risuscitato) valutato a una mediana di follow-up di 3.2 anni. Dei pazienti rivascolarizzati, la maggior parte (74.1%) sono stati trattati con …

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