prevenzione secondaria

Può una DAPT prolungata oltre l’anno essere utile nei pazienti sottoposti a impianto di stent coronarico?

La durata della doppia terapia antiaggregante (DAPT), dopo impianto di stent, è oggetto di dibattito e di studio. La cardiologia interventistica è in continua evoluzione, sia per il miglioramento dei materiali utilizzati (soprattutto per quanto riguarda la tecnologia degli stent), l’esperienza crescente degli operatori e l’utilizzo, sempre maggiore, di tecniche di imaging che hanno permesso di ridurre il rischio di trombosi dello stent. Applicare i risultati di trial, datati a una realtà dinamica, può comportare errori di valutazione clinica. È necessario, perciò, verificare se i risultati dei trial che hanno esplorato la corretta durata della DAPT siano tuttora applicabili alla popolazione di pazienti che attualmente viene sottoposta a impianto di stent.

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Colchicina e prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica

La prevenzione secondaria dell’infarto miocardico è basata, oltre che su un adeguato stile di vita e controllo dei fattori di rischio, sull’utilizzo di farmaci antipiastrinici e statine. Recenti studi hanno mostrato un effetto benefico di una terapia anti-infiammatoria basata sull’utilizzo della colchicina. In particolare due trial, COLCOT ((Tardif J-C, Kouz S, Waters DD, et al. Efficacy and safety. of low-dose colchicine after myocardial infarction. N Engl J Med 2019;381: 2497–2505.)) e LoDoCo2 ((Nidorf SM, Fiolet ATL, Mosterd A, et al. LoDoCo2 Trial Investigators. Colchicine in patients with chronic coronary disease. N Engl J Med 2020;383:1838–1847.)) hanno mostrato come questo farmaco possa ridurre nuovi eventi cardiovascolari, in particolare ictus e infarto miocardico, in assenza tuttavia di alcun effetto sulla mortalità. Nello studio LoDoCo2 addirittura si evidenziava un aumento della mortalità non cardiovascolare nel gruppo trattato con colchicina rispetto a quello trattato con placebo.

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È tempo di introdurre la misurazione della troponina ad alta sensibilità per la valutazione prognostica dei pazienti in prevenzione secondaria?

Secondo le Linee Guida dell’American Heart Association/American College of Cardiolog i pazienti con malattia cardiovascolare stabile possono essere distinti in due gruppi: un primo, a rischio molto elevato, caratterizzato da due (o più) eventi cardiovascolari nella storia clinica, oppure uno solo ma in presenza di multiple condizioni di rischio cardiovascolare, e un gruppo considerato a minor rischio, che non presenta le caratteristiche del primo gruppo.

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Dobbiamo somministrare il betabloccante nei pazienti con infarto miocardico non complicato da scompenso cardiaco sottoposti a rivascolarizzazione miocardica?

La prescrizione di betabloccante dopo un infarto miocardico in assenza di scompenso cardiaco è una prassi consolidata tra i cardiologi, supportata dalle Linee Guida, ma non presenta dati di evidenza solida a suo favore nei pazienti trattati con rivascolarizzazione miocardica sia percutanea che chirurgica. Gli studi osservazionali dai risultati contrastanti e un solo studio randomizzato, peraltro sottodimensionato, non permettono di esprimere un giudizio definitivo al riguardo.

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