Abstract
Objective: The European Society of Cardiology guidelines have recently defined new cut-offs for pulmonary hypertension (PH) and pulmonary vasculature resistance (PVR; median pulmonary artery pressure (mPAP) >20 instead of 25 mm Hg and PVR >2 instead of 3 Wood unit). The prognostic value of this updated classification after transcatheter aortic valve implantation (TAVI) is unknown.
Methods: 579 consecutive patients treated by TAVI with preprocedural right heart catheterisation evaluation were included. Patients were grouped as:
- no PH,
- isolated precapillary/combined (I-PreC/Co) PH and
- isolated postcapillary PH (I-PoC).
All-causedeath, cardiovascular death and hospitalisations for heart failure (HF) were evaluated at follow-up.We also analysed the prognostic role of residual postprocedural PH.
Results: Out of 579 patients, 299 (52%) had PH according to the new criteria compared with 185 (32%) according to the previous ones. Overall median age was 82 years, while 55.3% patients were male. Patients with PH were more frequently diagnosed with chronic obstructive pulmonary disease and atrial fibrillation and were characterised by higher surgical risk as compared with patients without PH. At a median follow-up of 2.9 years, the presence of PH according to previous definition was associated with worse survival (p<0.001) and HF hospitalisation (p=0.002) rates, irrespective of PVR values. With newer cut-offs, PH was associated with worse outcomes only in patients with increased PVR, while no differences were found between patients with PH and normal PVR values and those without PH. Postprocedural mPAP normalisation was observed in 45% of the cases, but it was associated with improved long-term survival only in the I-PoC PH group.
Conclusions: New ESC PH cut-offs increased the number of PH diagnoses. The presence of PH, particularly in the setting of increased PVR, identify patients at higher risk for postprocedural mortality and rehospitalisation. Normalisation of PH was associated with better survival only in I-PoC group.
Intervista a: Francesco Cardaioli
Department of Cardiac, Thoracic, Vascular Sciences and Public Health, Università di Padova
Dottor Cardaioli, quali sono i messaggi principali dello studio?
Questo studio è il primo a valutare in maniera sistematica l’utilizzo dei più recenti criteri ESC per la diagnosi di ipertensione polmonare (PH) in una popolazione di pazienti affetti da stenosiaortica severa e sottoposti a procedura TAVI. Inoltre, l’analisi permette un confronto diretto tra il valore prognostico dei nuovi criteri rispetto all’utilizzo della precedente classificazione. Il primo messaggio clinico interessante che si può derivare dalla nostra analisi è che, come prevedibile, i pazienti con PH confermanogeneralmente una prognosi peggiore a lungo termine rispetto ai pazienti che non presentanoquesta alterazione (utilizzando entrambe le classificazioni). Inoltre, l’utilizzo della nuova classificazione (caratterizzata da cut-off diagnostici più “ampi”, quindi più sensibili e meno specifici) comporta un incremento del numero di pazienti che vengono classificati come affetti da PH, e questo pone quindi dei problemi in termini di screening. Infatti, se i pazienti con PH (ora più numerosi di prima) hanno generalmente una peggiore prognosi, come possiamo screenare adeguatamente la nostra popolazione per sottoporre a TAVI solo i pazienti che possono effettivamente beneficiare della procedura?
Rispetto alla vecchia definizione di ipertensione polmonare, la nuova definizione fa maggior luce sul ruolo prognostico di una ipertensione pre-capillare (o combinata) rispetto a una ipertensione post-capillare. Può dettagliare questa osservazione che è molto rilevante dal punto di vista clinico?
Questo è esattamente il punto centrale dello studio. In aggiunta a quanto detto precedentemente, quello che sembra emergere dalla nostra analisi è come l’utilizzo della nuova classificazione possa permettere una netta distinzione prognostica in base ai diversi sotto-tipi di PH (pre-capillare, mista o postcapillare), con un significativo aumento degli eventi avversi al follow-up nei sottogruppi di pazienti che presentano un incremento delle resistenze arteriolari polmonari (cioè pazienti con PH pre-capillare o mista). Questo dato è interessante e si discosta dai risultati ottenuti utilizzando la vecchia classificazione, nei quali tutti i pazienti affetti da PH (a prescindere dal sottotipo) hanno presentato peggiori outcome al follow-up. Pertanto, in termini prognostici (nonchè di screening), sembra che i nuovi criteri possano presentare un netto vantaggio rispetto ai precedenti, riuscendo a isolare i sottotipi di pazienti con PH che effettivamente potrebbero non avere benefici dalla procedura TAVI e presentare eventi avversi al follow-up, a prescindere dalla correzione del vizio valvolare aortico.
Nella discussione si sottolinea come i pazienti con ipertensione pre-capillare (o combinata) abbiano una mediana di attesa di vita <4 anni, non molto superiore rispetto a quella dei pazienti non sottoposti a TAVI (2/3 anni). Crede che resistenze vascolari molto elevate possano individuare pazienti nei quali l’intervento di TAVI potrebbe risultare futile?
Esattamente. Questo dato, sebbene fino a ora non fosse stato mai riportato così chiaramente, non è sorprendente. Infatti, i pazienti affetti da PH con incremento delle resistenze pre-capillari presentano, per la natura stessa della loro patologia, un forte interessamento polmonare con rimodellamento della microcircolazione arteriolare (sia primitivo sia secondario a un aumento delle pressioni post-capillari prolungato nel tempo). Risulta chiaro, quindi, come questi pazienti possano effettivamente presentare un numero maggiore di eventi avversi, legati probabilmente a una maggiore (e spesso irreversibile) compromissione dell’apparato cardiocircolatorio-polmonare in toto. Da qui, la necessità di poter individuare correttamente questo sottogruppo di soggetti per cui la TAVI potrebbe presentare dei problemi di futility.
Le vostre osservazioni derivano dall’esecuzione in tutti i pazienti TAVI del cateterismo destro, una consuetudine lodevole, ma purtroppo abbandonata da molti centri che trattano tali pazienti. Può sottolineare i vantaggi che esso fornisce in termini di misurazioni emodinamiche e informazioni clinicamente rilevanti?
Il cateterismo destro è una metodica che fornisce numerose e dettagliate informazioni riguardo lo stato emodinamico dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Nonostante questo, è comunque una pratica invasiva e che determina un aumento dei costi e dei tempi delle indagini preoperatorie in previsione di TAVI (motivo per cui viene raramente eseguito come parte standard del percorso diagnostico di questi pazienti). Il nostro centro, da sempre attento all’ambito di ricerca e di studio emodinamico, ha tradizionalmente sempre eseguito il cateterismo destro come routine per la conferma della severità del vizio aortico e per una più completa valutazione del setting emodinamico di ogni paziente. Alla luce dei risultati del presente studio, sarebbe corretto rivalutare attentamente il ruolo del cateterismo destro nello screening del paziente TAVI. Lungi dal proporlo come pratica di default in tutti i centri, si potrebbe però considerare una sua esecuzione almeno nei pazienti che presentano segni indiretti di significativo incremento delle pressioni polmonari ai test non invasivi (ecocardiogramma). In questo setting di pazienti, infatti, la miglior caratterizzazione della PH rilevata all’eco, con una stima precisa delle resistenze polmonari e conseguente identificazione del sottotipo di PH, potrebbe risultare molto utile nella valutazione preoperatoria globale e nella successiva discussione in Heart-team.
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