Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia
Inquadramento
I pazienti affetti da fibrillazione atriale e nefropatia cronica (CKD) in stadio avanzato (4 o 5) sono a maggior rischio di eventi ischemici ed emorragici e di mortalità[1]Magnocavallo M, Bellasi A, Mariani MV, et al. Thromboembolic and bleeding risk in atrial fibrillation patients with chronic kidney disease: role of anticoagulation therapy. J Clin Med. 2021;10:83. … Continua a leggere. Apixaban è un anticoagulante orale diretto che, nello studio di confronto si è dimostrato più efficace e sicuro di warfarin[2]Granger CB, Alexander JH, McMurray JV, et al. ARISTOTLE Committees and Investigators: Apixaban versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2011;365:981-92. … Continua a leggere: tuttavia, da quello studio venivano esclusi i pazienti con clearance della creatinina stimata (eCrCl) <25 ml/min. Ci sono pochi dati in letteratura sull’utilizzo di apixaban nei pazienti con CKD in stadio avanzato. In questi pazienti è in discussione anche il dosaggio che secondo Food and Drug Administration (FDA) deve essere ridotto da 5 mg x 2 a 2,5 mg x 2 in presenza di almeno due di tre caratteristiche (età ≥80 anni, peso ≤60 kg, creatinina ≥1.5 mg/dL). Però l’European Medicines Agency indica la dose ridotta di apixaban quando la eCrCl è compresa tra 15 e 30 mL/min[3]Brophy DF. Apixaban dosing in chronic kidney disease: differences between U.S. and E.U. labeling. J Am Coll Cardiol. 2017;69:1211. doi:10.1016/j.jacc.2016.11.074.. Questa discrepanza può creare confusione tra gli operatori sanitari. Ne consegue che alcuni pazienti con CKD in stadio 4/5 possano essere trattati sia con la dose piena che con quella dimezzata.
Lo studio in esame
La casistica di questo studio retrospettivo proviene da una analisi dei dati inclusi nell’Optum Labs Data Warehouse che include variabili cliniche, prescrizioni mediche e risultati di laboratorio di 40 sistemi sanitari negli Stati Uniti: sono stati così identificati 4.313 pazienti con fibrillazione atriale e CKD in stadio 4 o 5 (eGFR <30 mL/min per 1.73 m2) non in trattamento dialitico, in terapia con apixaban tra il 2013 e il 2019. È stata osservata l’incidenza di stroke/embolismo sistemico e di bleeding tra i pazienti che avevano ricevuto 5 mg x 2 (n=1.705) versus quelli che avevano ricevuto 2,5 mg x 2 (n=2.608). Il confronto è stato effettuato correggendo per la differente distribuzione delle varie caratteristiche cliniche dei due gruppi utilizzando la metodica dell’”inverse probability of treatment weighting” derivata dall’analisi del “propensity score”. I pazienti dei due gruppi differivano per 17 delle 52 variabili di confronto prima dell’aggiustamento statistico: i pazienti trattati con 5 mg erano più giovani (età media 72 versus 80 anni), avevano un peso maggiore (95 versus 80 kg) e una creatinina più elevata (2.7 versus 2.5 mg/dL) dei pazienti trattati con 2.5 mg, mentre la eGFR era simile (24 mL/min per 1.73 m2). Anche gli score HAS-BLED (2.4 versus 2.6) e CHA2DS2-VASc (3.6 versus 3.8) erano lievemente inferiori nel gruppo 5 mg che nel gruppo 2.5 mg. Dopo aggiustamento statistico, a un follow-up mediano di 8 mesi, i pazienti trattati con 5 mg avevano più eventi emorragici (che richiedevano ospedalizzazione) rispetto ai pazienti trattati con 2.5 mg, con una differenza assoluta del 3.1% in 2 anni di follow-up; invece non veniva osservata alcuna differenza per quanto riguardava l’incidenza di stroke/embolismo sistemico e nessuna differenza di mortalità nei due gruppi (vedi Tabella).
Take home message
Circa il 40% dei pazienti con CKD in stadio avanzato (4 o 5) sono trattati con apixaban a dose piena (5 mg x 2). Questa scelta terapeutica comporta un rischio di bleeding (che richiede l’ospedalizzazione) maggiore del 60% rispetto a un dosaggio inferiore (2.5 mg x 2). Invece, non è stata osservata alcuna differenza tra i pazienti trattati con 5 mg o 2.5 mg per quanto riguardava il rischio di stroke/embolismo sistemico o mortalità.
Interpretazione dei dati
Il dato più rilevante che emerge dallo studio è che, in una popolazione di pazienti con nefropatia cronica avanzata (stadio 4 o 5) la somministrazione di 2,5 mg anzichè 5 mg di apixaban migliora la sicurezza del trattamento (riduzione del bleeding che richiede ospedalizzazione) senza comprometterne l’efficacia (nessuna differenza tra i due gruppi di trattamento per quanto riguarda incidenza di stroke/tromboembolismo periferico e mortalità). Quindi alla luce di questi dati appare più appropriata l’indicazione dell’European Medicines Agency di utilizzare la dose ridotta di 2,5 mg piuttosto che la dose piena di 5 mg (in entrambi i casi con doppia somministrazione quotidiana) quando la clearance della creatinina è compresa tra 29 e 15 ml/min, piuttosto che l’indicazione fornita da Food and Drug Administration (che segue peraltro quanto indicato nel trial di riferimento di confronto tra apixaban e warfarin) di ridurre il dosaggio solo in presenza di due di tre condizioni clinicolaboratoristiche (età ≥80 anni, peso ≤60 kg, creatinina ≥1.5 mg/dL). Va segnalato che anche le Linee Guida KDIGO raccomandano l’uso di apixaban 2,5 mg due volte al dì nei pazienti con nefropatia cronica in stadio 4 o 5. Pur con la dovuta prudenza che deve accompagnare i risultati di trial non randomizzati, lo studio si presenta attualmente come l’unico riferimento bibliografico che affronti una problematica clinica rilevante in un’ampia popolazione a rischio molto elevato di emorragie e di mortalità. Da osservare che quest’ultima è stata molto alta nei due gruppi (circa il 9%), pur essendo il follow-up mediano di soli 8 mesi. Non vi è, peraltro, chiara evidenza in letteratura di un beneficio effettivo dell’anticoagulazione in una popolazione a così alto rischio, come pure nei pazienti che necessitino di trattamento dialitico[4]Jegatheswaran J, Hundemer GL, Massicotte-Azarniouch D, Sood MM. Anticoagulation in patients with advanced chronic kidney disease: walking the fine line between benefit and harm. Can J Cardiol. … Continua a leggere. In questi ultimi, uno studio di una popolazione Medicare ha osservato una riduzione di complicanze tromboemboliche utilizzando il dosaggio pieno di apixaban rispetto a quello ridotto: tuttavia va ricordato che la dialisi rimuove in parte l’apixaban, non permettendo quindi un confronto tra i pazienti inclusi nello studio presente (nefropatia cronica avanzata con clearance della creatinina <30 ml/min, ma non in dialisi) rispetto a quelli in trattamento dialitico.
Editoriale: “Terapia anticoagulante nel paziente in fibrillazione atriale e nefropatia cronica avanzata: l’incertezza regna sovrana”
A cura di: Anna Toso, Divisione di Cardiologia, Ospedale Santo Stefano, Prato
È nota la stretta relazione tra fibrillazione atriale (FA) e malattia renale cronica (IRC): la FA favorisce lo sviluppo e la progressione della IRC e, viceversa, la prevalenza e l’incidenza di FA, anche asintomatica, aumentano con la riduzione della funzione renale[5]Hindricks G, Potpara T, Dagres N, et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillationdeveloped in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic … Continua a leggere. I pazienti con FA sono esposti a un elevato rischio di stroke, sanguinamenti maggiori e morte che aumenta progressivamente con la riduzione del filtrato glomerulare (eGFR)[6]Levin A, Ahmed SB, Carrero JJ, et al. Executive summary of the KDIGO 2024 Clinical Practice Guideline for the Evaluation and Management of Chronic Kidney Disease: known knowns and known unknowns. … Continua a leggere. In particolare, la relazione tra la mortalità e la riduzione della funzione renale ha un andamento esponenziale con una ripida impennata di incidenza per livelli di eGFR <30 ml/min[7]Go AS, Chertow GM, Fan D, et al. Chronic kidney disease and the risks of death, cardiovascular events, and hospitalization. N Engl J Med 2004;351:1296-1305. La co-presenza di FA sposta la curva ancora più in alto. Proprio nei pazienti con FA e IRC di grado severo/end-stage (stadi IRC 4 e 5; eGFR <30 ml/min) è ancora oggi dibattuta l’utilità di una terapia anticoagulante in prevenzione di eventi ischemici, per il rischio di un eccesso di sanguinamenti, senza che sia dimostrato un impatto favorevole sulla riduzione della mortalità[8]Hindricks G, Potpara T, Dagres N, et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillationdeveloped in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic … Continua a leggereLe Linee Guida delle diverse società scientifiche non raggiungono un consenso univoco nelle indicazioni a tale terapia, al tipo (antagonisti della vitamina K-VKA, inibitori diretti-DOACs), alla dose. La confusione aumenta passando dallo stadio IRC 4 allo stadio IRC 5 e addirittura al trattamento dialitico. I dati di cui disponiamo, infatti, sono insufficienti e conflittuali:
- mancano studi randomizzati che valutino sicurezza ed efficacia dei DOACs in questi pazienti, perché esclusi dai principali trial registrativi. Unica eccezione è rappresentata da un’analisi di sottogruppo del trial ARISTOTELE che ha valutato quella piccolissima percentuale di pazienti con eGFR tra 30 e 25 ml/min (1.5% di tutta la popolazione) arruolati nel trial originale[9]Stanifer JW, Pokorney SD, Chertow GM, et al. Apixaban Versus Warfarin in Patients With Atrial Fibrillation and Advanced Chronic Kidney Disease. Circulation 2020;141:1384-1392;
- per il dosaggio di apixaban, le uniche raccomandazioni si basano su piccoli studi di farmacocinetica[10]Hindricks G, Potpara T, Dagres N, et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillationdeveloped in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic … Continua a leggere
- gli studi osservazionali, quasi tutti di confronto tra DOACs e VKA, sono molto eterogenei tra loro (dimensioni delle popolazioni, profilo di rischio, durata del follow-up, metodo di misura dell’eGFR, definizione di malattia renale “end-stage”, inclusione di pazienti in dialisi, definizione degli outcome, dosaggio dei farmaci, etc).
Tuttavia, gli studi osservazionali e i registri dimostrano che i pazienti con eGFR < 30 ml/min sono più anziani, più sottopeso, con score di rischio (sia trombotico che emorragico) più elevati, maggiori comorbilità e patologie cardiovascolari e assumono mediamente più farmaci rispetto ai pazienti inclusi nei trial registrativi. L’incidenza dei sanguinamenti gravi è superiore a quella degli stroke ischemici e la mortalità per tutte le cause sopravanza notevolmente la sommatoria degli stroke e dei sanguinamenti[11]Fu EL, Desai RJ, Paik JM, et al. Comparative SFAety and Effectiveness of Warfarin or Rivaroxaban Versus Apixaban invPatients With Advanced IRC and Atrial Fibrillation: Nationwide US Cohort Study. Am … Continua a leggere. Lo studio di Xu et al. si inserisce sulla scia di questo dibattito e alimenta una discussione clinica di grande interesse. In questo studio osservazionale, retrospettivo, gli autori hanno consultato un database che raccoglie dati da 40 registri elettronici sanitari e amministrativi provenienti da varie regioni degli Stati Uniti (Optum Labs Data Warehouse). Sono state confrontate l’efficacia e la sicurezza di due diverse dosi di apixaban (5 mg bid vs 2,5 mg bid, dose standard vs dose ridotta) in un’ampia coorte di pazienti (n = 4.313) con fibrillazione atriale e IRC stadio 4 e 5, non in trattamento dialitico. La filtrazione glomerulare è stata valutata con metodo IRC-EPI e tutti i pazienti erano nuovi utilizzatori di apixaban. Gli autori si sono avvalsi del calcolo del propensity score per correggere le differenze nelle caratteristiche basali tra i due gruppi di pazienti, apixaban 5 mg o 2.5 mg. I risultati indicano che la dose di 5 mg, rispetto a quella di 2.5 mg, si associava a una incidenza significativamente più alta di ospedalizzazione per sanguinamento (ogni tipo di sanguinamento) senza differenze significative nell’incidenza divospedalizzazione per stroke o embolia sistemica e nella mortalità per tutte le cause (Tabella dello studio, modificata). I risultati sono stati confermati anche nell’analisi per sottogruppi (sesso, età, peso, criteri FDA per la dose ridotta, diabete, score di rischio HASBLED e CHADVASC, e score di comorbilità) e alle varie sensitivity analyses. Il dato della mortalità è stato confermato anche all’analisi intentionto-treat (8.7 vs 9.1%, HR aggiustato 0.95, 95% CI 0.76-1.20) e considerando separatamente la mortalità per cause cardiovascolari e non cardiovascolari (Tabella dello studio, modificata).
Punti di forza e limiti dello studio
Lo studio include un’ampia popolazione, relativamente omogenea, di pazienti con IRC stadio 4-5 (non sottoposti a trattamento dialitico); confronta tra loro due diversi dosaggi di apixaban; fornisce un’interessante fotografia del profilo clinico basale dei pazienti che ricevono i due diversi dosaggi di apixaban (dati non aggiustati); include un’estesa analisi per diversi sottogruppi di rischio. Il dato rilevante dello studio è comunque quello dell’elevata mortalità: l’incidenza di morte per tutte le cause eccede quella delle emorragie gravi e dello stroke/embolia sistemica, anche se combinati, e senza differenze nei due gruppi trattati con diversi dosaggi di apixaban. L’editoriale di accompagnamento, a firma di Pokorney e Granger, illustra alcuni dei limiti dello studio che sono prevalentemente di ordine statistico e collegati alla breve durata del follow-up (8 mesi come tempo mediano). I due autori (entrambi investigatori dei trial ARISTOTELE e RENALAF) attribuiscono al sovradosaggio di farmaco la maggiore incidenza di sanguinamenti nei pazienti trattati con 5 mg di apixaban: 15% di questi pazienti avrebbe dovuto ricevere una dose ridotta se si fossero correttamente adottati i criteri dei trial registrativi e le indicazioni della FDA. Oltre questi limiti, lo studio:
- non ha incluso un gruppo di controllo, costituito da pazienti non trattati con anticoagulanti;
- non fornisce informazioni sulla progressione del danno renale (almeno per i pazienti con follow-up più lungo);
- non stratifica la popolazione in base agli stadi di IRC (15-29 vs <15 ml/min) che avrebbe aggiunto informazioni utili su un possibile impatto differenziale delle diverse dosi di apixaban con la riduzione di eGFR. Inoltre, poiché gli eventi avversi sono ricavati dai codici internazionali di classificazione delle malattie (ICD), i risultati sono difficilmente confrontabili con studi che adottano diversi criteri per la definizione dei sanguinamenti e dello stroke.
In conclusione, i risultati dello studio di Xu e coll. sembrerebbero dimostrare che, in una popolazione con nefropatia severa ad alto rischio emorragico, un atteggiamento più prudente con l’uso di dosi ridotte di apixaban, come indicato dall’EMA e dalle Linee Guida dei nefrologi, sia più indicato che non l’uso di dosi standard[12]Hindricks G, Potpara T, Dagres N, et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic … Continua a leggere. Inoltre, questo studio contribuisce a focalizzare l’attenzione sul fatto che, nei pazienti con severa IRC, il rischio di morte per altre cause (‟rischio competitivoˮ) può ridurre i benefici assoluti di una terapia di prevenzione degli ictus ischemici. La controversia sulle indicazioni al trattamento anticoagulante nei pazienti con FA e Egfr < 30 ml/min è ampia e sono necessari idonei studi randomizzati per aiutare a fare chiarezza. Nella pratica clinica quotidiana, in questi pazienti, la scelta della strategia più idonea richiede un approccio multidisciplinare tra specialisti neurologi, nefrologi e cardiologi (come indicato dalle Linee Guida europee). In caso di gravi controindicazioni alla terapia anticoagulante, la possibilità della chiusura percutanea dell’auricola sinistra può rappresentare una soluzione da valutare. Infine, i pazienti in dialisi, esclusi dallo studio di Xu e coll., costituiscono una popolazione da considerare separatamente per il diverso profilo clinico e i possibili effetti associati al trattamento dialitico stesso. Stanno emergendo nuove evidenze anche in questo ambito.
Bibliografia[+]
↑1 | Magnocavallo M, Bellasi A, Mariani MV, et al. Thromboembolic and bleeding risk in atrial fibrillation patients with chronic kidney disease: role of anticoagulation therapy. J Clin Med. 2021;10:83. doi:10.3390/jcm10010083 |
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↑2 | Granger CB, Alexander JH, McMurray JV, et al. ARISTOTLE Committees and Investigators: Apixaban versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 2011;365:981-92. doi:10.1056/NEJMoa1107039. |
↑3 | Brophy DF. Apixaban dosing in chronic kidney disease: differences between U.S. and E.U. labeling. J Am Coll Cardiol. 2017;69:1211. doi:10.1016/j.jacc.2016.11.074. |
↑4 | Jegatheswaran J, Hundemer GL, Massicotte-Azarniouch D, Sood MM. Anticoagulation in patients with advanced chronic kidney disease: walking the fine line between benefit and harm. Can J Cardiol. 2019;35:1241–1255. doi:10.1016/j.cjca.2019.07.001. |
↑5, ↑8, ↑10 | Hindricks G, Potpara T, Dagres N, et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillationdeveloped in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS): The Task Force for thediagnosis and management of atrial fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC) Developed with the special contribution of the European Heart Rhythm Association (EHRA) of the ESC. Eur Heart J. 2021;42:373-498; Levin A, Ahmed SB, Carrero JJ, et al. Executive summary of the KDIGO 2024 Clinical Practice Guideline for the Evaluation and Management of Chronic Kidney Disease: known knowns and known unknowns. Kidney Int 2024;105:684-701 |
↑6 | Levin A, Ahmed SB, Carrero JJ, et al. Executive summary of the KDIGO 2024 Clinical Practice Guideline for the Evaluation and Management of Chronic Kidney Disease: known knowns and known unknowns. Kidney Int 2024;105:684-701 |
↑7 | Go AS, Chertow GM, Fan D, et al. Chronic kidney disease and the risks of death, cardiovascular events, and hospitalization. N Engl J Med 2004;351:1296-1305 |
↑9 | Stanifer JW, Pokorney SD, Chertow GM, et al. Apixaban Versus Warfarin in Patients With Atrial Fibrillation and Advanced Chronic Kidney Disease. Circulation 2020;141:1384-1392 |
↑11 | Fu EL, Desai RJ, Paik JM, et al. Comparative SFAety and Effectiveness of Warfarin or Rivaroxaban Versus Apixaban invPatients With Advanced IRC and Atrial Fibrillation: Nationwide US Cohort Study. Am J Kidney Dis 2024;83:293-305.e1 |
↑12 | Hindricks G, Potpara T, Dagres N, et al. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS): The Task Force for the diagnosis and management of atrial fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC) Developed with the special contribution of the European Heart Rhythm Association (EHRA) of the ESC. Eur Heart J. 2021;42:373-498.; Levin A, Ahmed SB, Carrero JJ, et al. Executive summary of the KDIGO 2024 Clinical Practice Guideline for the Evaluation and Management of Chronic Kidney Disease: known knowns and known unknowns. Kidney Int 2024;105:684-701 |
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