Utilizzo sistematico della FFR nei pazienti sottoposti a coronarografia: quali vantaggi può comportare?

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Indice

Inquadramento

Le linee guida raccomandano l’utilizzo di FFR per stabilire il significato fisiopatologico di una stenosi, ritenuta all’angiografia di grado intermedio, prima di eseguire una PCI in assenza di una documentazione di ischemia miocardica[1]Neumann FJ, Sousa-Uva M, Ahlsson A, et al. ESC Scientific Document Group. 2018 ESC/EACTS guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J. 2019;40:87–165. doi: 10.1093/eurheartj/ehy394. Tuttavia, l’uso di FFR è ancora modesto (circa il 10% delle procedure di PCI) verosimilmente per il costo addizionale che esso comporta. Lo studio RIPCORD[2]Curzen N, Rana O, Nicholas Z, et al. Does Routine Pressure Wire Assessment Influence Management Strategyat Coronary Angiography for Diagnosis of Chest Pain?: The RIPCORD study. Circ Cardiovasc … Continua a leggere ha dimostrato come, eseguendo una FFR prima di indirizzare un paziente verso un intervento di rivascolarizzazione, la decisione clinica venga mutata nel 26% dei casi[3]Curzen N, Rana O, Nicholas Z, et al. Does Routine Pressure Wire Assessment Influence Management Strategyat Coronary Angiography for Diagnosis of Chest Pain?: The RIPCORD study. Circ Cardiovasc … Continua a leggere. In quello studio tutti i vasi coronarici venivano testati con FFR (“RIPCORD concept”). Non è chiaro, tuttavia, quale siano le conseguenze di tale condotta, in particolare se conduca a vantaggi o svantaggi sui costi ospedalieri e sulla qualità di vita dei pazienti.

Lo studio in esame

Lo studio RIPCORD 2, randomizzato ed eseguito in 17 centri del Regno Unito, ha assegnato 1.100 pazienti (età media 64 anni) con angina stabile (48%) o sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEACS, 52%) e sottoposti a coronarografia, ad uno studio con FFR di tutti i vasi con diametro >2.25mm (angio+FFR group, n=548), oppure alla sola coronarografia (angio group, n=552). Quale criterio di inclusione i pazienti dovevano avere almeno una stenosi con riduzione del lume ≥30% suscettibile di rivascolarizzazione. Le scelte cliniche, successive all’indagine, sono state sostanzialmente simili nei due gruppi (angio group: PCI 61%, bypass aortocoronarico 9%, terapia medica 30%; FFR+angio group: PCI 56%, bypass 12%, terapia medica 32%). I due outcome primari ad 1 anno di follow-up (costi ospedalieri per il SSN e qualità di vita) sono risultati simili nei due gruppi (per i costi ospedalieri: angio group £4136-interquartile range, £2613–£7015 and angio+FFR group, £4510-£2721–£7415-; P=0.137). Gli eventi clinici riscontrati nei due gruppi sono descritti nella Tabella.

Take home message

Una strategia di sistematico utilizzo della FFR, rispetto alla sola angiografia coronarica, non ha comportato una riduzione dei costi ospedalieri né variazioni della qualità di vita.

Interpretazione dei dati

Gli autori sottolineano come i loro dati siano sorprendenti e controintuitivi rispetto alla letteratura precedente, e si domandano come sia possibile che un approccio sistematico con FFR a tutti i vasi coronarici (“RIPCORD concept”) non produca alcun beneficio clinico. La risposta forse, va cercata nel fatto che il beneficio della FFR appare evidente laddove definisce il significato fisiopatologico di stenosi intermedie che all’angiografia sembrano sufficientemente severe per essere trattate con PCI. Un suo uso estensivo a tutti i vasi coronarici anche senza apparenti stenosi significative o dubbie (RIPCORD concept) non si associa ad alcun beneficio clinico. Inoltre nello studio RIPCORD2 la percentuale di pazienti trattati con PCI era simile nei due gruppi, mentre il beneficio della FFR risiede proprio nel ridurre i rischi di procedure interventistiche effettuate su lesioni coronariche non limitanti il flusso. In più, l’utilizzo di FFR non è priva di conseguenze: l’indagine si prolunga, viene utilizzata una quantità superiore di mezzo di contrasto e le complicanze non sono assenti (nello studio RIPCORD 2 nel gruppo FFR+angio si sono prodotte 5 dissezioni coronariche che hanno necessitato di PCI o intervento di bypass). Non va dimenticato, inoltre che lo studio FUTURE[4]Rioufol G, Dérimay F, Roubille F, et al. l; FUTURE Trial Investigators. Fractional flow reserve to guide treatment of patients with multivessel coronary artery disease. J Am Coll Cardiol. … Continua a leggere (che ha confrontato l’outcome di pazienti multivasali sottoposti ad una strategia di FFR in presenza di vasi con stenosi ≥50% versus una strategia tradizionale di solo accertamento angiografico) è stato interrotto per un eccesso di mortalità nel gruppo FFR (in realtà risultato alla fine non statisticamente significativo, p=0.06).

Editoriale

Lo studio REVIVED-BCIS2

Antonio Biancofiore, Ugo Limbruno

UOC Cardiologia, Ospedale Misericordia Grosseto, AUSL Toscana Sudest

Le evidenze scientifiche che propendono per rivascolarizzare i pazienti con frazione di eiezione ventricolare sinistra ridotta sono state finora in gran parte basate su un unico trial randomizzato, lo studio STICH (Surgical Treatment for Ischemic Heart Failure)[5] Carson P, Wertheimer J, Miller A, et al. STICH Investigators. The STICH trial (Surgical Treatment for Ischemic Heart Failure): mode-of-death results. JACC Heart Fail 2013;1:400-8., che ha mostrato un beneficio della rivascolarizzazione chirurgica rispetto alla sola terapia medica ottimale nel follow-up a 10 anni (a 5 anni non si evidenziavano differenze significative). Analogamente, una sottoanalisi del trial ISCHEMIA ha suggerito che la rivascolarizzazione coronarica, percutanea o chirurgica, era superiore alla sola terapia medica in un modesto numero di pazienti con severa disfunzione ventricolare sinistra[6]Maron DJ, Hochman JS, Reynolds HR, et al. ISCHEMIA Research Group. Initial Invasive or Conservative Strategy for Stable Coronary Disease. N Engl J Med 2020;382:1395-407..

Nelle attuali linee guida europee, il CABG è raccomandato come prima strategia di rivascolarizzazione nei pazienti con cardiomiopatia ischemica e malattia multivasale, purché il rischio di intervento chirurgico sia accettabile (classe I, livello di evidenza B); l’angioplastica può essere presa in considerazione nella malattia di uno o due vasi quando è possibile ottenere una rivascolarizzazione completa (o nella malattia di tre vasi sulla base del consiglio dell’Heart Team), sebbene tale raccomandazione sia relativamente debole (classe IIa, livello di evidenza C)[7] Neumann FJ, Sousa-Uva M, Ahlsson A, et al. ESC Scientific Document Group. 2018 ESC/EACTS Guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J 2019;40:87-165.. Si è sentita la necessità, quindi, di colmare questa carenza di evidenze scientifiche riguardanti l’approccio interventistico nel trattamento dei pazienti con coronaropatia e riduzione della funzione sistolica ventricolare sinistra (HFrEF). Con l’avvento del trial REVIVED-BCIS2[8]Perera D, Clayton T, O’Kane PD, et al. REVIVED-BCIS2 Investigators. Percutaneous Revascularization for Ischemic Left Ventricular Dysfunction. N Engl J Med. 2022;387:1351-60., infatti, si sperava che l’associazione alla terapia medica di una rivascolarizzazione meno invasiva di quella chirurgica, potesse essere altrettanto efficace nel migliorare l’outcome dei pazienti con grave disfunzione ventricolare sinistra e malattia coronarica. Il trial REVIVED-BCIS2 ha coinvolto 700 pazienti con funzione ventricolare sinistra severamente ridotta (LVEF <35%), estesa malattia coronarica e dimostrazione di vitalità del miocardio disfunzionante, randomizzati al trattamento con terapia medica ottimale da sola (gruppo OMT) o in aggiunta alla rivascolarizzazione coronarica percutanea (gruppo PCI).

Durante un follow-up mediano di 3,4 anni, l’endpoint primario composito (morte per qualsiasi causa o ospedalizzazione per riacutizzazione di scompenso cardiaco) è stato comparabile tra i due gruppi con una mortalità cardiovascolare numericamente inferiore nel gruppo PCI rispetto al gruppo OMT (21,9% contro 24,9%), ma senza alcuna significatività statistica. La frazione di eiezione ventricolare sinistra, che era del 27,0% in entrambi i gruppi al basale, non è risultata diversa tra i due bracci di trattamento a 6 e 12 mesi. Nel gruppo PCI si è osservato un miglioramento della qualità della vita, valutata con il Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire, nei primi 12 mesi rispetto al gruppo OMT, tuttavia, non vi era alcuna differenza significativa tra le due strategie di trattamento a 24 mesi, attribuibile al graduale recupero nel tempo nel gruppo OMT.

Il rischio di infarto miocardico acuto è risultato sovrapponibile nei due gruppi anche se, analogamente a quanto osservato nel trial ISCHEMIA[9]Maron DJ, Hochman JS, Reynolds HR, et al. ISCHEMIA Research Group. Initial Invasive or Conservative Strategy for Stable Coronary Disease. N Engl J Med 2020;382:1395-407., gli infarti spontanei prevalevano nel gruppo OMT (nel gruppo PCI gli infarti erano prevalentemente periprocedurali). Il crossover tra i due gruppi è stato del 3,7% nel gruppo PCI (pazienti non rivascolarizzati benché randomizzati a PCI) e del 10,5% nel gruppo OMT (pazienti sottoposti a rivascolarizzazione non pianificata nonostante randomizzazione a sola terapia medica). Ad una prima analisi i risultati di REVIVED-BCIS2 portano a concludere che la rivascolarizzazione percutanea, a differenza di quanto osservato con quella chirurgica, non porta alcun vantaggio terapeutico rispetto all’OMT nei pazienti con malattia coronarica e ridotta funzione ventricolare sinistra. Tuttavia, alcune considerazioni sono necessarie per inquadrare REVIVED-BCIS2 nella giusta prospettiva:

  • L’efficacia della rivascolarizzazione chirurgica in STICH è stata dimostrata solo dopo un periodo di follow-up di 10 anni e la differenza tra gruppi nell’incidenza dell’endpoint composito di morte o riospedalizzazione per scompenso osservata in STICH (-8,6 punti percentuali) richiede una dimensione del campione di almeno 10 pazienti. REVIVED-BCIS2, con soli 700 pazienti randomizzati e 3,4 anni di follow-up non poteva essere in grado di valutare un effetto di questa entità.
  • I nuovi trattamenti per lo scompenso come ARNI e SGLT-2 utilizzati nei pazienti REVIVED-BCIS2 ma non in quelli STICH potrebbero aver contribuito a spiegare le differenze osservate tra i due trial.
  • Un’elevata percentuale di pazienti del gruppo PCI in REVIVED-BCIS2 mostrava malattia trivasale (38%), malattia del tronco comune (14%) e/o diabete (39%). È verosimile che in alcuni di questi pazienti la PCI non rappresentasse la modalità di rivascolarizzazione ottimale.
  • La riduzione del beneficio della PCI, rispetto a OMT sulla qualità della vita, osservato a 12 mesi e non più evidente a 24, potrebbe essere in relazione alla rivascolarizzazione percutanea non pianificata dei pazienti più gravemente sintomatici del gruppo OMT avvenuta nel 10,5% dei pazienti di questo gruppo.

In conclusione, va sottolineato che il trial REVIVED-BCIS2 non valuta l’efficacia della rivascolarizzazione percutanea “in sé”, altrimenti il 10.5% di crossover a PCI osservato nei pazienti randomizzati a OMT andrebbe considerato tra le failure del braccio OMT e incluso nell’endpoint composito dello studio. REVIVED-BCIS2 mette invece a confronto due strategie di trattamento entrambe basate sul trattamento farmacologico ottimale: “PCI sistematica” versus “PCI solo se necessario”. Sulla base dei risultati di REVIVED-BCIS2, pur con i limiti di dimensione del campione e di finestra temporale adottati, la rivascolarizzazione percutanea sistematica dei pazienti multivasali con disfunzione ventricolare sinistra non sembra dare apparenti benefici, rispetto a una strategia di rivascolarizzazione limitata ai soli pazienti che manifestano sintomi o eventi nonostante la terapia medica ottimale.

Bibliografia

Bibliografia
1 Neumann FJ, Sousa-Uva M, Ahlsson A, et al. ESC Scientific Document Group. 2018 ESC/EACTS guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J. 2019;40:87–165. doi: 10.1093/eurheartj/ehy394
2, 3 Curzen N, Rana O, Nicholas Z, et al. Does Routine Pressure Wire Assessment Influence Management Strategyat Coronary Angiography for Diagnosis of Chest Pain?: The RIPCORD study. Circ Cardiovasc Interv. 2014;7:248–255. doi:10.1161/CIRCINTERVENTIONS.113.000978
4 Rioufol G, Dérimay F, Roubille F, et al. l; FUTURE Trial Investigators. Fractional flow reserve to guide treatment of patients with multivessel coronary artery disease. J Am Coll Cardiol. 2021;78:1875–1885. doi: 10.1016/j.jacc.2021.08.061
5 Carson P, Wertheimer J, Miller A, et al. STICH Investigators. The STICH trial (Surgical Treatment for Ischemic Heart Failure): mode-of-death results. JACC Heart Fail 2013;1:400-8.
6, 9 Maron DJ, Hochman JS, Reynolds HR, et al. ISCHEMIA Research Group. Initial Invasive or Conservative Strategy for Stable Coronary Disease. N Engl J Med 2020;382:1395-407.
7 Neumann FJ, Sousa-Uva M, Ahlsson A, et al. ESC Scientific Document Group. 2018 ESC/EACTS Guidelines on myocardial revascularization. Eur Heart J 2019;40:87-165.
8 Perera D, Clayton T, O’Kane PD, et al. REVIVED-BCIS2 Investigators. Percutaneous Revascularization for Ischemic Left Ventricular Dysfunction. N Engl J Med. 2022;387:1351-60.

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