Vascular Access in Patients With Peripheral Arterial Disease Undergoing TAVR: The Hostile Registry

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Abstract

Background: The optimal access route in patients with severe peripheral artery disease (PAD) undergoing transcatheter aortic valve rep– lacement (TAVR) remains undetermined.

Objectives: This study, sought to compare clinical outcomes with transfemoral access (TFA), transthoracic access (TTA), and nonthoracic transalternative access (TAA) in TAVR patients with severe PAD.

Methods: Patients with PAD and hostile femoral access (TFA impossible, or possible only after percutaneous treatment) undergoing TAVR at 28 international centers were included in this registry. The primary endpoint was the propensity-adjusted risk of 30-day major adverse events (MAE) defined as the composite of all-cause mortality, stroke/ transient ischemic attack (TIA), or main access site-related Valve Academic Research Consortium 3 major vascular complications. Outcomes were also stratified according to the severity of PAD using a novel risk score (Hostile score).

Results: Among the 1,707 patients included in the registry, 518 (30.3%) underwent TAVR with TFA after percutaneous treatment, 642 (37.6%) with TTA, and 547 (32.0%) with TAA (mostly transaxillary). Compared with TTA, both TFA (adjusted HR: 0.58; 95% CI: 0.45-0.75) and TAA (adjusted HR: 0.60; 95% CI: 0.47-0.78) were associated with lower 30-day rates of MAE, driven by fewer access site-related complications. Composite risks at 1 year were also lower with TFA and TAA compared with TTA. TFA compared with TAA was associated with lower 1-year risk of stroke/TIA (adjusted HR: 0.49; 95% CI: 0.24-0.98), a finding confined to patients with low Hostile scores (Pinteraction = 0.049).


Intervista a Tullio Palmerini

Unità di Cardiologia, Dipartimento Cardiotoracico e Vascolare, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna

Professor Palmerini, quali sono i messaggi principali del vostro studio?
L’approccio trans-femorale (TF) è sempre più frequentemente utilizzato nei pazienti sottoposti a TAVI. In anni recenti, tale approccio è stato esteso anche ai pazienti con arteriopatia severa degli arti inferiori, grazie alla possibilità di trattare tale patologia per via percutanea utilizzando metodiche tradizionali, come l’angioplastica percutanea (PTA) o metodiche più recenti rivelatesi molto efficaci, come lo shockwave. Tuttavia, estrapolare i dati di sicurezza ed efficacia dell’approccio TF con arterie iliache e femorali, adatte alla TAVI ai pazienti con vasculopatia periferica severa non ha un fondamento scientifico. Non vi sono, infatti, dati che mostrino che nei pazienti con vasculopatia periferica severa l’approccio TF, supportato da procedure interventistiche trans-catetere, sia più efficace e sicuro di un approccio alternativo come il trans-toracico (TT) o il trans-ascellare. Per colmare questa assenza di dati, abbiamo effettuato uno studio osservazionale in cui 1.707 pazienti con arterie iliache e femorali ostili per l’accesso TF sono stati sottoposti a TAVI utilizzando l’approccio TT, l’approccio TF supportato da PTA e/o shockwave o un altro approccio alternativo (TA; nella maggior parte dei casi il trans-ascellare). A 30 giorni e a 1 anno, sia l’approccio TF che quello TA erano associati a una riduzione significativa dell’end point primario, un composito di morte per tutte le cause, accidenti cerebrovascolari o complicanze vascolari maggiori, secondo la classificazione VARC 3, rispetto all’approccio TT. È importante sottolineare come vi sia una significativa interazione tra severità della malattia vascolare periferica e il tipo di approccio scelto, di modo che nei pazienti con vasculopatia periferica lieve o moderata (Hostile score≤ 8.5) l’approccio TF era associato con una significativa riduzione della mortalità per tutte le cause, rispetto all’approccio TT e con una significativa riduzione del rischio di accidenti cerebrovascolari rispetto all’approccio TA. Al contrario, nei pazienti con vasculopatia periferica severa (Hostile score> 8.5) l’approccio TT era associato con un significativo aumento della mortalità per tutte le cause rispetto all’approccio TA, ma con una significativa riduzione del rischio di accidenti cerebrovascolari rispetto all’approccio TA e all’approccio TF.

I risultati dello studio hanno importanti risvolti pratici. Ad esempio, il calcolo dell’Hostile score può permettere di scegliere la migliore via di accesso e procedere di conseguenza. Ci può descrivere come ottenere questo score?
L’Hostile score esprime la severità e la complessità della vasculopatia periferica. Tale score è stato creato arbitrariamente (come il SYNTAX score) includendo quelle variabili ritenute ostili per l’accesso TF. In particolare, lo score contiene 7 variabili a ciascuna delle quali viene assegnato un punteggio crescente in relazione alla severità della malattia. Le variabili e il relativo punteggio sono riportati nella Tabella sottostante.

La mortalità per causa cardiaca (e parallelamente quella per ogni causa), appare moderatamente aumentata (ma non in modo significativo) a 30 giorni nei pazienti con accesso transtoracico rispetto ai pazienti trattati per via femorale o transascellare, mentre a 1 anno risulta più del doppio rispetto a quella osservata per le procedure eseguite per altre vie di accesso. Quali possono essere le cause di questa aumentata mortalità a distanza?
Purtroppo, i dati raccolti in questo registro non ci consentono di fornire una spiegazione sicura a tale osservazione. Possiamo senz’altro escludere che questo eccesso di mortalità a distanza dei pazienti trattati con l’approccio TT, rispetto agli altri pazienti, sia dovuto a una differenza nel profilo di rischio tra i vari gruppi. Infatti, il rischio di mortalità operatoria secondo lo score di rischio della Società di Chirurgia Toracica (STS score) era 5.5±3.9 nei pazienti trattati con l’approccio TT, 5.9±4.2 nei pazienti trattati con l’approccio TF e 5.3±3.9 nei pazienti trattati con l’approccio TA. D’altro canto, è possibile che la maggiore invasività della procedura con approccio TT con il conseguente maggior numero di complicanze peri-operatorie legate all’accesso, alla necessità di trasfusioni, alle infezioni, e ai reinterventi, producano i loro effetti in termini di mortalità oltre i 30 giorni, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di una popolazione anziana, relativamente fragile e con minori capacità di recupero funzionale. Questa ipotesi è consistente con i risultati di alcuni studi che mostrano come i sanguinamenti, la necessità di trasfusioni e le infezioni siano predittori indipendenti di mortalità a distanza dopo intervento cardiochirurgico.

Le complicanze vascolari maggiori e il bleeding maggiore sono molto frequenti se si usa la via transtoracica (circa 1 paziente su 3). Eppure, stando ai numeri che compongono la vostra casistica, è la più seguita dagli operatori nei pazienti con arteriopatia periferica avanzata. Come spiega questo dato? Non sarebbe ora di valutarne criticamente i risultati, così com’è stato per la via transapicale?
Nel nostro studio l’approccio TT include sia l’approccio transapicale (90.7% dei pazienti), sia quello trans aortico (9.3% dei pazienti). L’utilizzo di accessi alternativi a quello femorale nei pazienti con vasculopatia periferica severa riflette aspetti idiosincratici e culturali centro-specifici. In questa ottica, un uso ancora relativamente frequente dell’approccio trans apicale in alcuni centri può non essere sorprendente. Concordo che la direzione da prendere sia quella legata a una minore invasività della procedura, perfezionando le tecniche del trattamento trans catetere della vasculopatia periferica ed, eventualmente, utilizzando device per la protezione del circolo cerebrale, qualora il significativo incremento di accidenti cerebrovascolari nei pazienti con elevato Hostile score, trattati con l’approccio TF, dovesse essere confermato in studi successivi.

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