Università di Pisa, Dipartimento Cardiotoracico e Vascolare, Ospedale Cisanello, Pisa
Queste Linee Guida (LG) della Società Europea di Cardiologia (ESC) sembrano aprire maggiormente al ruolo del trattamento percutaneo delle valvulopatie rispetto alle precedenti. Secondo lei soddisfano le istanze dei cardiologi interventisti o le sembrano ancora piuttosto conservatrici?
A dir la verità, direi che nell’insieme soddisfano le aspettative di tutti noi. Le nuove LG hanno cambiato, in maniera sostanziale, l’approccio al trattamento delle valvulopatie, soprattutto per quel che riguarda la stenosi aortica. Anche la riparazione mitralica percutanea viene ora considerata a un livello di raccomandazione più alta rispetto alle precedenti (dalla IIb alla IIa) e il pattern clinico del paziente sembra maggiormente delineato. Il punto che viene ancora una volta sottolineato è quello della condivisione della scelta da parte di esperti, Heart Team, e l’importanza dei Centri di riferimento che creino un network con gli altri ospedali o con il territorio. Questo è un punto centrale che forse non sarà apprezzato da tutto il mondo degli interventisti, ma che non deve essere sottovalutato. A questo concetto si lega molto quello della condivisione del paziente e del percorso anche da parte di quei centri che non posseggono tutte le strutture ideali per essere un Hub. Più si allarga la platea di pazienti con indicazione al trattamento transcatetere, e maggiore deve essere lo spettro delle scelte terapeutiche che gli possono venire offerte. Soprattutto nei pazienti più giovani, è necessario pensare non solo all’indicazione da dare in quel momento, ma anche scegliere quest’ultima in funzione dell’aspettativa di vita del paziente stesso: “Se ora lo sottopongo a TAVI, poi sarò in grado di…”. Altro punto importante nelle LG europee è quello di porre l’accento sul paziente come decisore ultimo del trattamento, soprattutto in quella fascia dove più di un’opzione è possibile. Ancora più di prima si percepisce la velocità con la quale la terapia interventistica riesce a dare risposte al trattamento delle valvulopatie, anche se molti sono ancora i punti da chiarire. Per far fronte a questa crescita esponenziale, a mio parere sarebbe importante conservare un equilibrio e una condivisione tra i diversi esperti (cardiologi interventisti, cardiochirurghi, esperti nello scompenso, ecc.) che gestiscono il percorso del paziente e le diverse terapie.
Come ha già osservato il ruolo della TAVI esce molto più consolidato in queste Linee Guida che nelle precedenti. A questo riguardo, ci sono altri aspetti che vuole sottolineare?
La TAVI sembra uscire dalle nuove LG più rafforzata, soprattutto se paragonata alle LG ACC-AHA 2020 che considerano la TAVI superiore all’intervento di sostituzione valvolare (SAVR) solo dopo gli 80 anni. In queste ultime l’intervento chirurgico viene considerato migliore nel paziente <80 secondo un algoritmo suggerito da una metanalisi (Siemieniuk BMJ 2016) che ha valutato solo 5 trial. Ovviamente, per una ragione di tempo, non sono stati considerati tutti i trial più recenti sui pazienti a basso rischio. Di conseguenza, anche il concetto di “durability” veniva lasciato in sospeso, non venivano considerate tutte quelle nuove informazioni date dal follow-up a 5 anni del PARTNER 2 a conferma dei dati di altri registri (come il NOTION) in cui la degenerazione valvolare sembra essere in favore della TAVI che presenta, inoltre, una percentuale di “bioprosthetic valve failure” pari a quella della SAVR. Tutto questo è stato invece preso in considerazione dalle LG ESC. Nelle LG europee la TAVI diventa la prima terapia di scelta dopo i 75 anni di età e viene considerata alternativa all’intervento chirurgico nei pazienti più giovani. Vorrei comunque sottolineare, ancora una volta, che il cardiologo interventista, insieme al cardiochirurgo, deve mantenere fermo il concetto di aspettativa di vita, così come la programmazione dei passi futuri che dovranno essere fatti per un determinato paziente, e dargli la migliore indicazione per il paziente.
Le stenosi aortiche low flow-low gradient (LF-LG) sono una realtà clinica che rappresenta un’autentica sfida sia per il cardiologo clinico che per l’interventista. Come giudica il work up diagnostico e le raccomandazioni terapeutiche proposte da queste Linee Guida?
Il quadro clinico del LF-LG rimane comunque una sfida. Secondo le nuove LG viene consigliata una valutazione più complessa ma più completa e chiara rispetto alle precedenti. Il paziente viene valutato da più aspetti e tecniche diagnostiche, di cui la valutazione ecocardiografica accurata e la CT (Computed Tomography) sono i punti centrali che aiutano a fare diagnosi e a valutare la presenza di riserva contrattile. Queste valutazioni, comunque, devono essere accompagnate dalla considerazione di altre comorbilità del paziente, quali ad esempio una coronaropatia associata. Le LG ESC sottolineano aspetti interessanti quali la possibile presenza di amiloidosi e l’entità di fibrosi miocardica. Ancora una volta viene presa in considerazione la possibile assenza di riserva contrattile che, in letteratura, è stato visto non essere una controindicazione all’intervento sulla valvola aortica. Infatti, una serie di lavori, che hanno valutato l’intervento chirurgico, dimostrano che pazienti senza riserva sembrano comunque giovarsi della risoluzione della stenosi valvolare rispetto alla terapia medica, affrontando comunque un rischio maggiore rispetto a quelli con buona funzione.
L’intervento “edge to edge repair” (TEER) con MitraClip ottiene finalmente un riconoscimento importante nelle raccomandazioni riguardanti l’insufficienza mitralica (IM) secondaria. Tuttavia si sostiene di limitarsi al paziente con caratteristiche clinico-strumentali sovrapponibili a quelle osservate nello studio COAPT. Cosa ne pensa?
Dopo due anni di dissertazioni tra MITRA-FR e COAPT, alla ricerca di una spiegazione sulla discrepanza tra i due trial, entrambe le LG, sia americane che europee, dirigono l’indicazione al trattamento TEER al paziente COAPT. Sono stati coniati termini come “IM disproporzionata e proporzionata” che, in parte, chiariscono la differenza tra i due tipi di popolazione trattata e ci aiutano a una migliore indicazione nel trattamento della IM funzionale, e questo traspare dalle LG ESC. Direi che si potrebbe riassumere il tutto dicendo che, per raggiungere un buon risultato nelle IM secondarie, è necessario intervenire prima e non aspettare troppo, forzando inutilmente a parere mio, l’effetto della terapia medica. Tuttavia, non credo che la risposta sia così semplice e che altri aspetti andrebbero considerati quando si valutano questi soggetti. Ad esempio, una parte dei pazienti del COAPT erano MITRA-FR simili, dall’altra sappiamo bene che l’esperienza dei Centri dello studio francese hanno dato, anche in acuto, risultati peggiori e nonostante ciò a 2 anni le curve dei pazienti trattati si discostano con un trend positivo per i soggetti trattati. Penso che dobbiamo riflettere prima di rifiutare pazienti tipo MITRA-FR e guardare un insieme di fattori aggiuntivi quali, ad esempio, la morfologia valvolare e di conseguenza la possibilità di un risultato ottimale, l’esperienza del Centro, il quadro clinico complessivo del paziente.
Per quanto riguarda l’insufficienza tricuspidalica (IT) funzionale c’è una timida apertura all’approccio interventistico. Ritiene corretto questo atteggiamento prudente o pensa sia giunto il momento di un riconoscimento maggiore?
Da una parte mi sentirei di dire che l’anatomia della tricuspide deve essere considerata e studiata con attenzione, e che questa è completamente diversa da quella mitralica (la fragilità dei tessuti, la minore rigidità dell’anello ecc.) e che le immagini di ecografia transesofagea non sono così facilmente ottenibili. Altro punto critico è che parliamo, anche qui, di diverse situazioni di cui forse la più comune è la IT da disfunzione del cuore sinistro, ma non tutti i quadri sono uguali. Dall’altra parte, va tenuto in considerazione l’accelerazione tecnologica, che già ora permette che ci sia un trial randomizzato in corso e che stia per essere introdotta la sostituzione percutanea della valvola tricuspide. Tutto si svolge a una velocità maggiore rispetto a quello che abbiamo visto per l’altra valvola atrio-ventricolare. Quello che sarebbe importante e fondamentale per il successo è, da una parte studiare la tricuspide senza “copiare” su di essa quello che facciamo sulla mitrale, dall’altra tenere conto degli insegnamenti che abbiamo avuto dal COAPT e MITRA-FR e considerare un approccio meno conservativo senza aspettare anche questa volta dieci anni.
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