Benchè sia accertato che la rivascolarizzazione completa migliori la prognosi dei pazienti STEMI multivasali, il timing procedurale del completamento è tuttora oggetto di controversia[1]Byrne RA, Rossello X, Coughlan JJ, et al. and the ESC Scientific Document Group. 2023 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes. Eur Heart J 2023;44: 3720–826.. In particolare non è noto se debba essere eseguito in una procedura successiva a quella indice (rivascolarizzazione “staged”), oppure possa essere effettuato con pari sicurezza ed efficacia nella procedura indice (rivascolarizzazione in una “singola procedura”). Lo scopo dello studio OPTION, condotto in 14 centri della Corea del Sud, è stato quello di verificare in 994 pazienti STEMI multivasali (età media 65.5 anni, 79% bivasali, 21% trivasali) la non-inferiorità di una rivascolarizzazione completa ottenuta in una singola procedura (n=498), rispetto a una procedura “staged” (eseguita durante il ricovero in 496 pazienti). Una valutazione con FFR veniva eseguita solo se le stenosi non-culprit, eventualmente da dilatare erano comprese tra 50 e 69%. Lo studio era in aperto, ma gli eventi erano attribuiti in cieco da un comitato indipendente di aggiudicazione degli eventi. L’endpoint primario era un composito di morte per ogni causa, infarto non fatale, rivascolarizzazione non pianificata a 1 anno di follow-up e il margine per attribuire la noninferiorità alla rivascolarizzazione in una singola procedura rispetto a una procedura “staged”, era posto a un intervallo di confidenza superiore all’hazard ratio (HR) di 1.42. A un anno di follow-up l’endpoint primario (vedi Figura) si è verificato nel 13% dei pazienti randomizzati a una “singola procedura” e nell’11% dei pazienti con procedura “staged” (HR 1.24 [95% CI 0.86–1.79]; p di noninferiority= 0.24). Un’analisi di sottogruppi prespecificata ha mostrato un’ampia differenza dell’endpoint primario a favore delle procedure “staged” nei pazienti che all’ingresso avevano una classe Killip ≥2 (13% vs 23%, p di interazione versus i pazienti in classe Killip I; =0.04). Inoltre, vi era una differenza ampia tra i due gruppi che riguardava l’insorgenza di shock cardiogeno (4% nel gruppo “singola procedura” e 2% nel gruppo con procedura “staged”). Le incidenze di stroke, bleeding maggiore e nefropatia da contrasto erano simili nei due gruppi. In conclusione, lo studio mostra che nei pazienti STEMI multivasali una procedura di rivascolarizzazione completa eseguita durante la procedura indice della lesione culprit non è risultata “non-inferiore” rispetto a una rivascolarizzazione ottenuta con una procedura programmata prima della dimissione, riguardo a un endpoint composito di morte per ogni causa, infarto non fatale e rivascolarizzazione non pianificata a 1 anno di follow-up. Il pregio dello studio consiste soprattutto nel suo valore pratico, essendo stata, per protocollo, la procedura “staged” eseguita durante il ricovero con l’inclusione di pazienti ad alto rischio (un terzo con classe Killip ≥2); inoltre l’analisi prestabilita dei sottogruppi ha permesso di evidenziare risultati differenti a seconda dell’impegno emodinamico iniziale dei pazienti STEMI. La principale limitazione risiede nell’inclusione di soli pazienti asiatici, di cui l’80% proveniente da un singolo centro.

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