Inquadramento
I benefici di una rivascolarizzazione completa nei pazienti con infarto STEMI multivasali sono ben documentati e sono stati recepiti dalle Linee Guida con una raccomandazione di classe I A[1]Byrne RA, Rossello X, Coughlan JJ, et al. 2023 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes. Eur Heart J. 2023;44:3720–3826.. Tuttavia, rimangono ancora delle aree di incertezza, come le modalità di individuazione delle stenosi non culprit da trattare (guida angiografica o FFR) e la persistenza nel tempo degli effetti favorevoli della rivascolarizzazione completa. Lo studio danese DANAMI 3 PRIMULTI ha confrontato una rivascolarizzazione completa, utilizzando la guida FFR, versus una rivascolarizzazione della sola lesione culprit[2]Engstrøm T, Kelbæk H, Helqvist S, et al. Complete revascularisation versus treatment of the culprit lesion only in patients with ST-segment elevation myocardial infarction and multivessel disease … Continua a leggere e ha seguito i pazienti per 10 anni.
Lo studio in esame
Lo studio ha incluso 627 pazienti con STEMI (età mediana 64 anni, con diabete 11%, con infarto anteriore 33%), di cui 313 randomizzati a PCI della sola lesione culprit e 314 a rivascolarizzazione completa (eseguita la PCI anche delle lesioni non-culprit durante l’ospedalizzazione se le stenosi risultavano essere all’angiografia del 90% o se la FFR ≤0.80). Erano esclusi i pazienti con shock cardiogeno o a rischio elevato di bleeding. A 10 anni di follow-up l’endpoint principale (morte per ogni causa, infarto non fatale, rivascolarizzazione coronarica) risultava essere del 45% per il gruppo con rivascolarizzazione completa e del 54% nel gruppo “culprit only” (HR 0.75, 95% CI 0.60 –0.94). La Tabella mostra le varie componenti dell’endpoint: non vi era differenza tra i due gruppi per la mortalità e per l’infarto miocardico, mentre risultavano ridotte nel gruppo “rivascolarizzazione completa” le rivascolarizzazioni, in particolare quelle sui vasi non-target. Non veniva osservata alcuna differenza tra i due gruppi per quanto riguardava le rivascolarizzazioni urgenti e la mortalità cardiovascolare. I pazienti con il beneficio più ampio sono risultati essere quelli con età >65 anni e i trivascolari, con differenze a favore della rivascolarizzazione completa di oltre 20 punti percentuali. L’analisi “as treated” non ha mostrato dati differenti da quelli sopra riportati basati sull’analisi “intention to treat”. Sono stati osservati eventi ripetuti in 42 pazienti (13%) con rivascolarizzazione completa e 44 pazienti (14%) del gruppo “culprit only”.

Take home message
Una rivascolarizzazione completa guidata da FFR ha ridotto un endpoint composito di morte per ogni causa, infarto miocardico e rivascolarizzazione in pazienti STEMI multivasali rispetto a una strategia di dilatazione della sola lesione culprit. Il risultato è stato trascinato da un minor numero di rivascolarizzazioni, mentre la morte per ogni causa e l’infarto miocardico non sono risultati significativamente differenti nei due gruppi.
Interpretazione dei dati
I dati a 10 anni dello studio DANAMI 3 PRIMULTI hanno confermato i risultati inizialmente presentati con un follow-up mediano di 27 mesi. Il merito principale dell’analisi è stato quello di estendere a lunga distanza l’osservazione dei pazienti. Il limite informativo e clinico consiste nel fatto che le differenze osservate riguardano la componente più debole dell’endpoint, cioè la rivascolarizzazione, un parametro molto influenzabile da fattori soggettivi, soprattutto in studi non a doppio cieco, una lacuna ben evidenziata dallo studio ORBITA[3]Al-Lamee R, Thompson D, Dehbi H-M, et al.Percutaneous coronary intervention in stable angina (ORBITA): a doubleblind, randomised controlled trial. Lancet 2018;391;31-40.. L’assenza di beneficio riguardo a endpoint più solidi, quali la mortalità cardiovascolare e la ricorrenza di infarto miocardico, proietta più di un’ombra sui risultati dello studio. Peraltro, il COMPLETE trial[4]Mehta SR, Wood DA, Storey RF, et al. Complete Revascularization with Multivessel PCI or Myocardial Infarction. N Engl J Med. 2019;381:1411-1421 in una analoga popolazione STEMI, ma più ampia rispetto al DANAMI 3 PRIMULTI, ha mostrato, a un follow-up di 3 anni, una riduzione dell’infarto miocardico. La differenza metodologica più rilevante tra i due studi ha riguardato la tecnica utilizzata per l’approccio interventistico, effettuato nello studio danese affidandolo alla FFR, mentre il COMPLETE trial si basava sul solo dato angiografico. In tal modo, notano gli Autori, potrebbero essere state rivascolarizzate nel COMPLETE stenosi non limitanti il flusso, ma con caratteristiche di vulnerabilità, che le rendevano suscettibili a rottura, complicandosi con una trombosi sovrapposta. Viene tuttavia osservato che l’analisi a 10 anni del DANAMI 3 PRIMULTI potrebbe non aver mostrato differenze tra i due gruppi, quanto a endpoint “hard”, perchè l’influenza della randomizzazione iniziale si attenua nel tempo per il verificarsi di decisioni cliniche che alterano il corso “naturale” degli eventi clinici[5]Seto AH. Limitations of Long-Term Mortality as a Clinical Trial Endpoint: Time Wounds All Healing. J Am Coll Cardiol. 2020;76:900–902.
Bibliografia[+]
| ↑1 | Byrne RA, Rossello X, Coughlan JJ, et al. 2023 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes. Eur Heart J. 2023;44:3720–3826. |
|---|---|
| ↑2 | Engstrøm T, Kelbæk H, Helqvist S, et al. Complete revascularisation versus treatment of the culprit lesion only in patients with ST-segment elevation myocardial infarction and multivessel disease (DANAMI-3—PRIMULTI): an open-label, randomised controlled trial.Lancet. 2015;386:665–671. |
| ↑3 | Al-Lamee R, Thompson D, Dehbi H-M, et al.Percutaneous coronary intervention in stable angina (ORBITA): a doubleblind, randomised controlled trial. Lancet 2018;391;31-40. |
| ↑4 | Mehta SR, Wood DA, Storey RF, et al. Complete Revascularization with Multivessel PCI or Myocardial Infarction. N Engl J Med. 2019;381:1411-1421 |
| ↑5 | Seto AH. Limitations of Long-Term Mortality as a Clinical Trial Endpoint: Time Wounds All Healing. J Am Coll Cardiol. 2020;76:900–902 |
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