Effetti di evolocumab in pazienti ad alto rischio cardiovascolare

Bohula EA, Marston NA, Bhatia AK, De Ferrari GM, et al. for the VESALIUS-CV Investigators.

N Engl J Med 2025; November 8, doi:10.1056/NEJMoa2514428.

Indice

È noto che nei pazienti in prevenzione secondaria, l’abbassamento dei livelli di colesterolo LDL – ottenuto con inibitori di PCSK9 riduce la probabilità di eventi successivi [1]Sabatine MS, Giugliano RP, Keech AC, et al. Evolocumab and clinical outcomes in patients with cardiovascular disease. N Engl J Med 2017;376: 1713-22.. È meno noto, invece, se i pazienti che non abbiano già avuto un evento, ma che abbiano un alto rischio cardiovascolare (diabetici, pazienti con riscontro di patologia aterosclerotica) possano giovarsi dall’uso di questi farmaci che riducono drasticamente i valori di colesterolo LDL.

Lo studio internazionale VESALIUS, randomizzato, a doppio cieco, condotto in 774 centri di 33 Paesi (46 centri in Italia) ha arruolato 12.257 soggetti tra 50 e 70 anni (età mediana 66 anni, 43% donne) senza eventi cardiovascolari pregressi, ma affetti da diabete (globalmente presente nel 60%, di cui il 24% ad alto rischio, cioè di durata >10 anni, trattato con insulina o con riscontro di microangiopatia) o con arteriopatia documentata (due terzi della popolazione, il 45% con coronaropatia, il 17% con arteriopatia periferica) e con una valore di colesterolo LDL >90 mg/dl (valore mediano 122 mg/dl) nonostante utilizzo di statine nel 92% (ad alta intensità nel 68% dei casi, con aggiunta di ezetimibe nel 20% dei casi) i pazienti sono stati randomizzati a ricevere evolocumab (140 mg ogni 2 settimane) o placebo. I valori di colesterolo LDL sono stati misurati serialmente in 2.014 pazienti (valore basale 115 mg/dl): a 48 mesi essi erano 109 mg/dl nel gruppo placebo e 45 mg/dl nel gruppo evolocumab. Lo studio è stato disegnato ipotizzando una superiorità di evolocumab con una riduzione del rischio di endpoint primario del 23%, una potenza del 90% e una numerosità calcolata di 12.000 pazienti. A un follow-up mediano di 4.6 anni il primo endpoint primario era un composito di morte per coronaropatia, infarto miocardico, stroke ischemico (3-point MACE). Esso si è verificato nell’8% del gruppo placebo e nel 6.2% del gruppo evolocumab (hazard ratio, 0.75; 95% CI, 0.65-0.86; P<0.001). Il secondo endpoint primario (aggiungeva la rivascolarizzazione per ischemia al precedente) è occorso nel 16.2% del gruppo placebo e nel 13.4% del gruppo evolocumab group (hazard ratio 0.81; 95% CI, 0.73-0.89; P<0.001). La Tabella mostra l’incidenza delle singole componenti degli endpoint. Si segnala una riduzione della mortalità cardiovascolare del 21% e della mortalità per ogni causa del 20%.

Take home message

L’inibitore di PCSK9 evolocumab ha ridotto il rischio di un primo evento cardiovascolare rispetto al placebo, in una popolazione ad alto rischio con diabete e/o malattia aterosclerotica documentata. 

Interpretazione dei dati

Lo studio VESALIUS è importante e i dati dimostrano non solo una netta riduzione degli endpoint primari prefissati, ma anche della mortalità sia cardiovascolare che per ogni causa (anche se non formalmente enunciabile in quanto l’analisi gerarchica prevedeva una sua valutazione statistica solo nel caso che fosse stata raggiunta una riduzione di mortalità per coronaropatia che invece non è risultata significativamente differente tra i due gruppi). Tuttavia il risultato non è sorprendente, in quanto è nota l’efficacia di una riduzione del colesterolo LDL soprattutto in una popolazione a rischio molto elevato, pur in assenza di un evento cardiovascolare acuto (il 60% erano diabetici, di cui il 20% in terapia insulinica, mentre un terzo dei pazienti aveva una coronaropatia multivasale rivascolarizzata, circa il 30% erano fumatori abituali e il 9% aveva una ipercolesterolemia familiare). Stupisce invece che in una popolazione clinicamente complessa, con una patologia aterosclerotica avanzata e frequentemente associata a diabete, il colesterolo LDL mediano fosse all’arruolamento pari a 122 mg/dl, con un terzo dei pazienti non trattati con statine ad alta intensità e associando ezetimibe solo nel 20% dei casi. Inoltre, solo il 15% dei pazienti era in trattamento con agonisti del recettore GLP-1 o inibitore di SGLT2. Come commentano Ndumele e Blumenthal nell’editoriale di accompagnamento del New England Journal of Medicine “non è chiaro se un analogo risultato favorevole sarebbe stato raggiunto se i pazienti arruolati avessero ricevuto un trattamento di base più aggressivo”[2]Ndumele CE, Blumenthal RS. VESALIUS and the Anatomy of High-Risk Prevention. N Engl J Med 2025; November 8, doi:10.1056/NEJMe2515447.

Bibliografia

Bibliografia
1 Sabatine MS, Giugliano RP, Keech AC, et al. Evolocumab and clinical outcomes in patients with cardiovascular disease. N Engl J Med 2017;376: 1713-22.
2 Ndumele CE, Blumenthal RS. VESALIUS and the Anatomy of High-Risk Prevention. N Engl J Med 2025; November 8, doi:10.1056/NEJMe2515447

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