Inquadramento
Il trattamento dell’emorragia cerebrale nei pazienti in terapia con anticoagulanti diretti inibitori del fattore Xa (DOAC-FXI) è di grande rilevanza clinica. È noto come questi farmaci abbiano ridotto di oltre la metà tale evenienza clinica rispetto a warfarin ma è pur vero che tale rischio non può essere ritenuto nullo (0.7% nella nota metanalisi di Lancet[1]Ruff CT, Giugliano RP, Braunwald E et al. Comparison of the efficacy and safety of new oral anticoagulants with warfarin in patients with atrial fibrillation: a meta-analysis of randomised trials … Continua a leggere). Mentre per dabigatran l’utilizzo dell’antidoto idarucizumab è consolidato e si basa su una letteratura piuttosto ampia, non così si può dire per andexanet, l’antidoto proposto per i DOAC-FXI, ammesso più tardivamente di idarucizumab per l’uso clinico e di costo molto elevato. Le linee guida dell’American Society of Hematology and dell’European Stroke Organization consigliano la somministrazione di concentrati di complesso protrombinico (PCC) in caso di emorragie minacciose per la vita in corso di trattamento con DOAC-FXI.
Lo studio in esame
Studio multicentrico retrospettivo che ha incluso 663 pazienti con emorragia intracranica (ICH) spontanea o traumatica in corso di terapia con apixaban (n=366) o rivaroxaban (n=297) generalmente per fibrillazione atriale, trattati con PCC (prevalentemente 4PCC a una dose mediana di 48 unità/Kg) in uno dei 26 centri statunitensi dotati di Stroke Unit partecipanti. L’outcome di safety (evento trombotico durante l’ospedalizzazione) è stato valutato in tutti i pazienti, mentre l’outcome di efficacia (percentuale di pazienti con buona o eccellente emostasi) è stato misurato in pazienti che avevano uno studio di imaging entro 24 ore dalla somministrazione di PCC per valutare l’ampiezza dell’ematoma (n=433). Eventi trombotici si sono osservati nel 3.8% dei casi, generalmente una trombosi venosa profonda (ma anche ictus ischemico in 8 pazienti, Tabella) mentre una buona (aumento dell’ematoma tra 20% e 35%) o eccellente (tra 0% e 20%) emostasi è stata registrata nell’81% dei pazienti. La mortalità intraospedaliera è stata del 19%.
Take home message
La somministrazione di PCC in pazienti con ICH in corso di terapia con DOAC-FXI sembra accompagnarsi a una modesta percentuale di eventi trombotici e a una risposta emostatica efficace in un ampio numero di pazienti.
Commento
I punti forti e deboli del lavoro sono ben delineati da Benz e Eikelboom nell’editoriale di accompagnamento del lavoro.[2] Benz AP, Eikelboom Prothrombin Complex Concentrates for Intracranial Hemorrhage on Factor Xa InhibitorsJW: Circulation. 2020;141:1690-1692. La casistica è ampia, ma manca di un gruppo di controllo e di un confronto con l’antidoto specifico (andexanet alfa) in quanto PCC non neutralizza l’azione dei DOAC-FXI, ma promuove la generazione di trombina agendo quindi in modo non specifico. Inoltre pochi pazienti arruolati mostravano un danno neurologico grave (solo il 9% aveva uno score <7 secondo la Glasgow Coma Scale) e non viene menzionato nel manoscritto il tempo intercorso tra la manifestazione dell’evento emorragico e la prima indagine di imaging. Perciò è difficile dare un giudizio di efficacia o sicurezza di PCC con termini di certezza.
L’opinione di Vincenzo Toschi
Servizio di Immunoematologia, Medicina Trasfusionale e Centro Trombosi, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano
Lo studio di Panos e coll. è, al momento, quello più importante finora pubblicato, in termini di numerosità della casistica e di completezza del follow-up e dimostra un favorevole profilo di efficacia e sicurezza dei PCC nei pazienti con ICH secondaria all’uso dei DOAC ad attività anti-Xa. I risultati dello studio vanno tuttavia interpretati con cautela. Si tratta, infatti, di uno studio retrospettivo osservazionale senza gruppo di controllo. Questo implica l’impossibilità di distinguere con certezza l’efficacia dei PCC da quella di trattamenti associati. Nella popolazione studiata sono stati inoltre esclusi i soggetti con ICH a maggior gravità. Solo una piccola percentuale di pazienti presentava, infatti, uno score di Glasgow <7 e nell’analisi di efficacia erano esclusi numerosi soggetti con emorragia intraventricolare o estensione intraventricolare, ematoma subdurale o coloro che necessitavano di intervento neurochirurgico. Va altresì rilevato che la TC andrebbe eseguita al momento del sanguinamento o, comunque, nel più breve tempo possibile. Una TC eseguita con ritardo non consente di confermare con sicurezza che la cessazione dell’espansione dell’ICH sia effettivamente secondaria al trattamento pro-emostatico praticato. Nello studio l’esatto intervallo temporale trascorso tra insorgenza del’ICH ed esecuzione della TC non viene riportato in modo chiaro e, pertanto, non è possibile confermare con certezza l’efficacia dei PCC nel ridurre l’entità dell’ICH stessa. In aggiunta, gli Autori non indicano chiaramente l’intervallo di tempo trascorso tra l’ultima dose di rivaroxaban o apixaban assunta e l’infusione dei PCC. Questo non consente di escludere che l’effetto di riduzione dell’espansione dell’ICH possa essere legata alla cessazione dell’effetto anticoagulante dei due farmaci. L’insorgenza delle complicanze trombotiche, infine, viene registrata solamente durante il periodo del ricovero e mai dopo la dimissione. Le limitazioni dello studio di Panos e coll., sopra elencate, suggeriscono la necessità di pianificare uno studio clinico randomizzato – ad hoc – atto a valutare efficacia e sicurezza dei PPC versus andexanet alfa, attualmente disponibile per uso clinico, allo scopo di scegliere la migliore strategia di reversal dell’attività anticoagulante di rivaroxaban e apixaban.
Bibliografia[+]
↑1 | Ruff CT, Giugliano RP, Braunwald E et al. Comparison of the efficacy and safety of new oral anticoagulants with warfarin in patients with atrial fibrillation: a meta-analysis of randomised trials Lancet 2014;383:955-62. |
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↑2 | Benz AP, Eikelboom Prothrombin Complex Concentrates for Intracranial Hemorrhage on Factor Xa InhibitorsJW: Circulation. 2020;141:1690-1692. |
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