Interplay between myocardial bridging and coronary spasm in patients with myocardial ischemia and non-obstructive coronary arteries: pathogenic and prognostic implications.

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Abstract

Background: myocardial bridging (MB) may represent a cause of myocardial ischemia in patients with non-obstructive coronary artery disease (NOCAD). Herein, we assessed the interplay between MB and coronary vasomotor disorders, also evaluating their prognostic relevance in patients with myocardial infarction and non-obstructive coronary arteries (MINOCA) or stable NOCAD.

Methods and Results: we prospectively enrolled patients with NOCAD undergoing intracoronary acetylcholine provocative test. The incidence of major adverse cardiac events, defined as the composite of cardiac death, nonfatal myocardial infarction, and rehospitalization for unstable angina, was assessed at follow-up. We also assessed angina status using Seattle Angina Questionnaires summary score.
We enrolled 310 patients (mean age, 60.6±11.9; 136 [43.9%] men; 169 [54.5%] stable NOCAD and 141 [45.5%] MINOCA). MB was foun in 53 (17.1%) patients. MB and a positive acetylcholine test coexisted more frequently in patients with MINOCA versus stable NOCAD. MB was an independent predictor of positive acetylcholine test and MINOCA. At follow-up (median, 22 months; interquartile range, 13-32), patients with MB had a higher rate of major adverse cardiac events, mainly driven by a higher rate of hospitalization attributable to angina, and a lower Seattle Angina Questionnaires summary score (all P<0.001) compared with patients without MB. In particular, the group of patients with MB and a positive acetylcholine test had the worst prognosis.

Conclusions: among patients with NOCAD, coronary spasm associated with MB may predict a worse clinical presentation with MINOCA and a higher rate of hospitalization attributable to angina at long-term follow-up with a low rate of hard events.


Intervista a Rocco A. Montone

Dipartimento di Medicina Cardiovascolare, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

Dottor Montone, qual è il take home message del vostro studio?
Il nostro studio dimostra l’importanza del vasospasmo coronarico come meccanismo patogenetico responsabile dell’ischemia miocardica nei pazienti con coronarie non ostruite e presenza di bridge miocardico. Per far diagnosi di spasmo coronarico è fondamentale l’esecuzione dei test provocativi intracoronarici con aceticolina.

Il work up diagnostico nei pazienti con MINOCA è cruciale per risalire alla causa dell’insulto ischemico. Ritiene che il test ll’acetilcolina debba essere eseguito sempre al termine di una coronarografia che non individui una “culprit lesion” significativa o solo in casi selezionati?
La diagnosi di MINOCA è una “working diagnosis” e non un’etichetta da mettere al paziente subito dopo la coronarografia. Infatti fin quando non abbiamo compreso il meccanismo patogenetico, responsabile della sindrome coronarica acuta, non possiamo parlare con certezza di MINOCA (per poter parlare di infarto è cruciale dimostrare la natura ischemica alla base della presentazione clinica). Ritengo pertanto che il test provocativo con ACh insieme all’imaging intracoronarico debbano essere considerati al termine della coronarografia nei pazienti con sospetto MINOCA. Per chiarire il ruolo di un work up diagnostico completo nei pazienti con MINOCA abbiamo intrapreso un trial clinico multicentrico, che è tuttora in corso (PROMISE Trial), finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito della Ricerca Finalizzata e di cui sono il principal investigator.
Questo trial avrà il compito di dimostrare se un approccio di medicina personalizzata nei pazienti con MINOCA è associato a un miglioramento dell’outcome clinico a 1 anno. Per medicina personalizzata intendiamo l’effettuazione di un percorso diagnostico teso a determinare il preciso meccanismo patogenetico responsabile del MINOCA (che ovviamente potrà differire da paziente a paziente) e l’introduzione di una terapia basata sul meccanismo fisiopatologico (es. calcio-antagonisti per i pazienti con spasmo epicardico, DAPT +/-PCI per rottura di placca, DAPT per erosione, anticoagulante per microembolismo, etc.).

Nella vostra casistica un test all’acetilcolina risultava positivo (spasmo coronarico accompagnato da modificazioni ECG e angor) nel 69% dei pazienti MINOCA, ma anche nel 50% dei pazienti stabili. Come spiega quest’ultimo dato?
Gli studi effettuati nei pazienti con MINOCA (stable ischemia and non-obstructive coronary arteries) hanno sempre mostrato percentuali elevate di test ACh positivi (es. 68% in Probst et al.EHJ-ACVC 2021, >50% in Ong et al. Circulation 2014). Probabilmente, i dati sorprendono perché pochi laboratori di emodinamica eseguono i test provocativi, ma non sorprendono i centri che svolgono questi test da anni. La componente funzionale come causa di ischemia è finora stata probabilmente sottostimata. Pesa anche il fatto che l’utilizzo dell’ACh intracoronarica è un utilizzo off-label non autorizzato dagli enti regolatori nella comune pratica clinica, ma solo all’interno di protocolli di ricerca.

I pazienti con “myocardial bridge” hanno un’alta incidenza di positività al test all’acetilcolina. Qual è la base fisiopatologica di questo fenomeno?
La continua e ripetuta alternanza di compressione/rilassamento a livello del bridge si è dimostrato indurre disfunzione endoteliale che predispone la coronaria a fenomeni di iperreattività.

I pazienti con “myocardial bridge” e test all’acetilcolina positivo nella vostra serie mostravano una elevata frequenza di nuovi eventi ischemici e ripresa d’angor nel follow-up nonostante la terapia con calcioantagonisti. Quali strategie terapeutiche ulteriori possono essere adottate in questi pazienti refrattari al trattamento medico convenzionale?
Fondamentale è la titolazione della terapia medica. In uno studio precedente in pazienti MINOCA (Montone et al. EHJ 2018) avevamo dimostrato come la riduzione o sospensione della terapia con Ca-antagonisti si associava a una prognosi peggiore. Pertanto è cruciale l’interazione ospedale-territorio nella gestione di questi pazienti al fine di ottimizzare la terapia. Oltre ai Ca-antagonisti o nitrati anche le statine si è visto che possono avere benefici nei pazienti con angina vasospastica.

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