Impact of the placebo effect on symptoms, quality of life and functional outcomes in angina pectoris: a meta-analysis of randomized placebo-controlled trials.

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Abstract

Background: the placebo effect is a well described phenomenon in blinded studies evaluating antianginal therapeutics, although its impact on clinical research metrics remains unknown. We conducted a systematic review and meta-analysis to quantify the impact of placebo on endpoints of symptoms, lifequality and functional outcomes in randomized placebo-controlled trials (RCTs) of symptomatic stable coronary artery disease.

Methods: we systematically reviewed MEDLINE, EMBASE, and the Cochrane database for double-blind RCTs of antiangina therapeutics. Patients randomized to the placebo-arm were the study population. Main outcomes were the changes in exercise performance (exercise treadmill test [ETT] parameters), quality of life (Seattle Angina Questionnaire domains), symptoms (Canadian Cardiovascular Society angina class) and drug usage (nitroglycerin tabs/week) between baseline and following placebo. The primary outcome was ETT total duration time. Data were pooled with a random effect model.

Results: seventy-eight RCTs (83% drugcontrolled, 17% procedure-controlled) were included encompassing 4,925 patients randomized to placebo. ETT total duration time was significantly improved following placebo as compared to baseline (mean [95% confidence interval]: 29.2 [20.6-37.8] seconds) with evidence of high heterogeneity (I 2=98%).
At subgroup analysis, crossover design was associated with a smaller placebo effect on ETT performance than parallel study design (p for interaction=0.001). A significant placebo effect was observed for all secondary outcomes with overall high heterogeneity.

Conclusion: a substantial placebo effect was present in angina RCTs across a variety of functional and life-quality metrics. High variability in placebo effect size was present, mostly unexplained by differences in study and patient characteristics (PROSPERO CRD42019132797).


Intervista a Guglielmo Gallone

Divisione di Cardiologia, Dipartimento di Medicina Interna, Città della Salute e della Scienza, Torino

Dottor Gallone, ci può presentare il razionale del vostro studio?
Lo studio presenta una revisione sistematica e meta-analisi sull’impatto dell’effetto placebo sugli outcome sintomatologici, funzionali e di qualità della vita negli studi randomizzati (randomized controlled trial, RCT) sull’angina stabile. Il lavoro prende le mosse dall’osservazione che per quanto l’effetto placebo sia comunemente riconosciuto come una componente rilevante del beneficio dei trattamenti che agiscono sulla capacità funzionale e sui sintomi dei pazienti con sindromi coronariche croniche, mancava a oggi una sua effettiva caratterizzazione in termini quantitativi.
Oltre a limitare la comprensione della relazione tra effetto placebo e angina, questa carenza ha
implicazioni dirette sul disegno di RCT mirati a testare l’efficacia di trattamenti per l’angina. Non conoscere la magnitudine attesa dell’effetto del trattamento placebo sull’outcome di interesse, nel braccio di controllo di un RCT, preclude allo sperimentatore la possibilità di stimare la dimensione campionaria necessaria per testare l’ipotesi oggetto di studio. Ignorare quali delle diverse metriche di sintomi e capacità funzionale siano più o meno soggette all’effetto placebo, ostacola la scelta dell’outcome più appropriato. Non conoscere quali sottogruppi di pazienti siano più soggetti all’effetto placebo, nella popolazione clinicamente eterogenea dell’angina stabile, limita la possibilità di individuare criteri di inclusione ed esclusione adeguati. Queste difficoltà metodologiche sono state messe in evidenza in maniera lampante dall’ORBITA trial (Lancet. 2018 Jan 6;391 (10115):31-40) in cui l’angioplastica coronarica, da sempre ritenuta un trattamento efficace dell’angina, non è risultata superiore all’effetto placebo nel primo RCT che ha studiato questo fenomeno in doppio cieco. Oltre a mettere in discussione un sapere dogmatico della cardiologia contemporanea, il grosso merito di questo studio, pur disegnato accuratamente e condotto in maniera ineccepibile, è stato quello di evidenziare le carenze metodologiche e le complessità dello studio del sintomo angina. In particolare, dallo studio è chiaramente emersa la difficoltà di dimostrare l’efficacia di trattamenti con un forte razionale meccanicistico con chiaro beneficio soggettivo nei pazienti trattati, ma che falliscono nella dimostrazione della propria efficacia quando testati contro un trattamento placebo.
A causa dell’invecchiamento della popolazione generale e del calo della mortalità cardiovascolare,
ottenuto con i trattamenti che modificano la storia naturale dell’aterosclerosi, la popolazione di pazienti con sindromi coronariche croniche è in costante crescita. Circa il 5-10% di questa popolazione (50.000-
100.000 nuovi casi/anno negli Stati Uniti e 30.000-50.000 nuovi casi/anno in Europa), manifesta sintomi invalidanti nonostante i trattamenti anti-anginosi attualmente raccomandati dalle Linee Guida. Questo sottogruppo di pazienti, spesso definito come affetto da “angina refrattaria” ha un’aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione più ampia delle sindromi coronariche croniche, ma una qualità di vita estremamente più compromessa.
Diversi trattamenti che mirano a risolvere questa necessità clinica sono stati sviluppati nel corso degli anni o sono attualmente in via di sperimentazione. Tuttavia, la maggior parte di essi non riesce ad approdare nell’arena clinica a causa delle difficoltà metodologiche discusse.
Inoltre, quei pochi trattamenti che raggiungono l’approvazione delle agenzie internazionali, vengono scarsamente implementati nella pratica clinica a causa del generale scetticismo della comunità cardiologica, alimentato dalla consapevolezza di un prominente effetto placebo sul sintomo angina.
Lo scopo di questo lavoro è stato dunque la caratterizzazione dell’impatto dell’effetto placebo sulle metriche attualmente utilizzate negli RCT di trattamenti sintomatologici dell’angina, allo scopo di fornire agli sperimentatori delle stime quantitative che possano informare i disegni dei futuri studi, potenzialmente facilitando l’approdo alla clinica di nuovi trattamenti per l’angina.

Quali sono stati i risultati e qual è il take home message del vostro studio?
Per studiare i concetti sopra discussi, abbiamo condotto una revisione sistematica e meta-analisi della letteratura di tutti gli RCT placebo-controllati che valutassero trattamenti sintomatologici per l’angina pubblicati dal 1993 a oggi. In particolare, abbiamo valutato l’impatto dell’effetto placebo sulla capacità funzionale dei pazienti affetti da angina utilizzando i comuni parametri valutati al test da sforzo, sulla
qualità della vita utilizzando i cinque domini del Seattle Angina Questionnaire (SAQ), sui sintomi utilizzando la classificazione dell’angina della Canadian Cardiovascular Society (CCS), sull’uso dei farmaci anti-anginosi utilizzando il numero di compresse di nitroglicerina/ settimana.
Sono stati inclusi settantotto RCT (83% farmacologici, 17% non farmacologici controllati da una procedura “sham”) per un totale di 4.925 pazienti randomizzati al braccio di trattamento con placebo. Un rilevante e statisticamente significativo effetto placebo è stato osservato consistentemente per tutti gli outcome analizzati, tuttavia, con un’elevata eterogeneità tra gli studi. Analizzando numerosi sottogruppi in termini di metodologia di studio e di caratteristiche cliniche dei pazienti è emerso che il disegno di studio crossover è associato a un minore effetto placebo, rispetto al disegno di studio a gruppi paralleli così come lo è la popolazione affetta da angina microvascolare rispetto alla popolazione affetta da malattia coronarica ostruttiva. Tuttavia, queste differenze tra sottogruppi non sono tali da spiegare l’elevata eterogeneità di effetto placebo osservata, suggerendo che altri fattori, non catturati dall’ampia serie di variabili cliniche e metodologiche esplorata, ne siano la causa.
Sulla base dei risultati osservati, emergono due principali take home message dello studio:

  • l’effetto placebo è una realtà, capace di influenzare concretamente i sintomi, la qualità di vità e anche la capacità funzionale dei pazienti affetti da angina;
  • le principali metriche adottate come outcome per studiare i sintomi, la qualità di vita e la capacità funzionale in 25 anni di RCT su trattamenti dell’angina sono scarsamente standardizzabili, precludendo la possibilità di stimare la magnitudine dell’effetto placebo atteso e quindi la dimensione campionaria dei futuri studi dei trattamenti sintomatici dell’angina.

Il dato più rilevante della vostra analisi è l’imprevedibilità dell’effetto placebo, rivelato dall’alto indice di eterogeneità tra i diversi lavori. Questo dato ha molte implicazioni. Quali le più importanti?
Uno degli scopi principali pre-specificati della meta-analisi era la quantificazione dell’effetto placebo sulle metriche di angina adottate nei precedenti RCT, allo scopo di informare i disegni di studio, le dimensioni campionarie e la selezione dei pazienti nei futuri RCT.
L’implicazione più rilevante dal punto di vista pratico dell’elevata eterogeneità dell’effetto placebo è l’impossibilità di stimare in maniera accurata la magnitudine dell’effetto placebo atteso e quindi di prevedere la dimensione campionaria necessaria per dimostrare un determinato effetto negli eventuali futuri studi su trattamenti sintomatici dell’angina.
Un dato centrale è che la maggior parte dell’eterogeneità osservata nella nostra indagine rimane non spiegata dalla diversità metodologica e clinica degli studi. Se l’effetto placebo è veramente indipendente dai fattori metodologici e clinici esplorati, allora altri fattori confondenti non misurati devono essere responsabili dell’eterogeneità osservata. A questo proposito, diverse ipotesi non mutuamente esclusive potrebbero spiegare l’osservazione, da cui derivano implicazioni pratiche per il disegno di futuri studi. In primo luogo, il contesto fisico e psicologico specifico, in cui vengono effettuati i test funzionali e l’autovalutazione della qualità della vita, potrebbe influenzare l’output del paziente. A tal proposito, nei futuri studi sarebbe auspicabile una standardizzazione metodologica che comprenda, oltre agli aspetti tecnici, raccomandazioni circa l’atteggiamento dell’operatore nei confronti del paziente e le modalità di compilazione del questionario per garantire riproducibilità e comparabilità. In secondo luogo, la natura ciclica dei sintomi dell’angina, descritti da fenomeni come la regressione alla media (nadir bias, cioè la probabilità che l’angina ritorni naturalmente al suo stato di base indipendentemente dal trattamento proposto) e l’adattamento edonico (cioè la capacità dei pazienti di adattarsi alla loro nuova soglia ischemica), possono contribuire a un’elevata eterogeneità. In quest’ottica, diversi percorsi di arruolamento per selezionare i pazienti e diversi follow-up possono essere più o meno soggetti al nadir bias. Infine, se la dimensione campionaria degli RCT sull’angina non può essere stimata aprioristicamente, l’adozione di un disegno di studio adattativo, che consente l’adeguamento progressivo della dimensione campionaria in base alla magnitudine dell’effetto clinico osservato, potrebbe essere di scelta per questo genere di studi.

L’eterogeneità e l’entità dell’effetto placebo si riducono quando il disegno dello studio è a tipo “cross-over” piuttosto che a bracci paralleli. Qual è la sua spiegazione?
Rispetto agli studi che utilizzano un disegno di studio a bracci paralleli, il disegno di studio crossover, in cui il paziente è anche il proprio medesimo controllo, è stato associato a un effetto placebo minore, con una minore eterogeneità, suggerendo che questo specifico protocollo di studio possa magnificare le differenze tra il trattamento attivo e il placebo.
Un valido fondamento logico supporta questa osservazione: un paziente appena arruolato in un RCT tende ad avere aspettative positive riguardo al primo trattamento ricevuto (un atteggiamento che è alla base del concetto stesso di placebo). Di conseguenza, nella prima fase dello studio, il paziente avrebbe maggior probabilità di esperire un beneficio clinico amplificato, indipendentemente dall’assegnazione del braccio di trattamento. Viceversa, l’iniziale aspettativa positiva della prima fase sarà controbilanciata, nella seconda, dalla percezione di una cessazione del trattamento.
Di conseguenza, il paziente esperirà, più probabilmente, un beneficio clinico ridotto indipendentemente dall’assegnazione del braccio di trattamento. Questa differenza di aspettative tra la prima e la seconda fase dello studio potrebbe quindi spiegare l’attenuazione dell’effetto placebo. In questo senso, la nostra osservazione, nel contesto della sua plausibilità, supporterebbe l’adozione del crossover come disegno di scelta negli RCT sull’angina (quando questo disegno è fattibile, ovvero in studi farmacologici) al fine di enfatizzare l’effetto del trattamento attivo. Inoltre, il disegno di studio crossover offre diversi ulteriori vantaggi teorici per questo genere di RCT. In particolare, non ci sono differenze nelle caratteristiche di base tra il braccio di trattamento attivo e il braccio placebo, fattore che potrebbe confondere l’interpretazione dei risultati, e i requisiti di dimensione campionaria sono generalmente inferiori poiché c’è meno variabilità nei parametri di outcome.

Analogamente, l’eterogeneità tra gli studi e l’entità dell’effetto placebo si riducono nettamente quando i pazienti arruolati nello studio presentano una angina microvascolare. Quali sono le sue osservazioni in proposito?
Rispetto agli studi che includevano pazienti con malattia coronarica ostruttiva, gli studi di pazienti con angina microvascolare sono risultati associati a un effetto placebo attenuato e a minor variabilità inter-studio. Sebbene non disponiamo di una spiegazione soddisfacente per questa osservazione, la nostra ipotesi è che la componente psicologica, spesso coesistente nello spettro dei disturbi dell’angina microvascolare, possa svolgere un ruolo nell’attenuazione del placebo. Nella fattispecie, l’ischemia microvascolare si associa spesso a un coesistente disturbo dell’elaborazione dello stimolo nocicettivo a livello centrale che, pur partendo da un substrato ischemico organico, si traduce in un vissuto emotivo del sintomo magnificato. Inoltre, è presente una generale credenza da parte della comunità cardiologica, che viene più o meno implicitamente trasmessa al malato nel dialogo medico-paziente, riguardo la paucità e la limitata efficacia delle opzioni terapeutiche per l’angina microvascolare.
È possibile che questi aspetti si traducano in minori aspettative da parte del malato rispetto al trattamento sperimentale proposto, con una conseguente attenuazione dell’effetto placebo. Queste rimangono chiaramente delle ipotesi speculative.

Dati della letteratura ci dicono che l’effetto placebo non si manifesta quando il confronto è verso un “no-treatment” piuttosto che verso un trattamento attivo o potenzialmente efficace. Qual è la sua interpretazione di questo fenomeno?
Effettivamente, alcuni RCT disegnati con lo scopo di studiare l’effetto placebo suggeriscono che quando il comparatore è l’assenza di trattamento, l’effetto placebo non si manifesta.
Questa osservazione sottolinea un concetto rilevante per circostanziare i risultati della nostra meta-analisi, che invece include esclusivamente studi mirati a testare l’efficacia di un trattamento attivo adottando il placebo come controllo. In particolare, la divergenza tra gli studi che paragonano il placebo con trattamenti attivi e quelli che paragonano il placebo con l’assenza di trattamento può essere spiegata dalla differente accezione di “effetto placebo” tra le due categorie di studi. Nella fattispecie, gli studi che paragonano il trattamento placebo con l’assenza di trattamento valutano l’effetto placebo nella sua definizione più stringente del termine, come meccanismo psicosomatico neurobiologico totalmente dipendente dalla consapevolezza/illusione del paziente di ricevere un trattamento. Al contrario, l’accezione di effetto placebo connaturata al nostro lavoro è più ampia, derivando dalla risultante dell’effetto placebo con il tempo cronologico sul sintomo angina. Infatti, l’angina è un fenomeno complesso influenzato dall’interazione di diversi fattori legati sia al dominio fisico che a quello psicologico del benessere di un paziente.
Questi fattori presentano una natura dinamica temporale che può contribuire alla fluttuazione della gravità dei sintomi e della qualità di vita del paziente. Questo effetto combinato di placebo e tempo è di rilevanza metodologica ed è inerente al disegno di studio degli RCT placebo-controllati, motivo per cui può essere pragmaticamente incorporato nel concetto di placebo. Resta da stabilire se il placebo, inteso nella definizione più rigorosa di un meccanismo psicosomatico neurobiologico, eserciti un ruolo diretto sul miglioramento delle metriche funzionali e della qualità di vita tra i pazienti con angina stabile.

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