Incidence of Ventricular Arrhythmias and 1‐Year Predictors of Mortality in Patients Treated With Implantable Cardioverter‐Defibrillator Undergoing Generator Replacement

Keyword: , , , ,

Indice

Abstract

Background: When implantable cardioverter defibrillator (ICD) battery is depleted most patients undergo generator replacement (GR) even in the absence of persistent ICD indication. The aim of this study was to assess the incidence of ventricular arrhythmias and the overall prognosis of patients with and without persistent ICD indication undergoing GR. Predictors of 1-year mortality were also analyzed.

Methods and results: Patients with structural heart disease implanted with primary prevention ICD undergoing GR were included. Patients were stratified based on the presence/absence of persistent ICD indication (left ventricular ejection fraction ≤35% at the time of GR and/ or history of appropriate ICD therapies during the first generator’s life). The study included 371 patients (82% male, 40% with ischemic heart disease). One third of patients (n=121) no longer met ICD indication at the time of GR. During a median follow-up of 34 months after GR patients without persistent ICD indication showed a significantly lower incidence of appropriate ICD shocks (1.9% versus 16.2%, P<0.001) and ICD therapies. 1-year mortality was also significantly lower in patients without persistent ICD indication (1% versus 8.3%, P=0.009). At multivariable analysis permanent atrial fibrillation, chronic advanced renal impairment, age >80, and persistent ICD indication were found to be significant predictors of 1-year mortality.

Conclusions: Patients without persistent ICD indication at the time of GR show a low incidence of appropriate ICD therapies after GR. Persistent ICD indication, atrial fibrillation, advanced chronic renal disease, and age >80 are significant predictors of 1-year mortality. Our findings enlighten the need of performing a comprehensive clinical reevaluation of ICD patients at the time of GR.


Intervista a Roberto Rordorf

IRCCS Fondazione Policlinico S. Matteo

Dottor Rordorf, ci può sintetizzare il take home message dello studio?
Il risultato principale del nostro studio è che i pazienti senza una persistente indicazione ad ICD al momento della sostituzione del generatore mostrano nel follow-up una percentuale significativamente minore di interventi appropriati del device se paragonati a pazienti con persistente indicazione. La presenza di indicazione a defibrillatore è codificata in base alle attuali Linee Guida per l’impianto: persistenza di frazione di eiezione del ventricolo sinistro inferiore al 35% o presenza di interventi appropriati dell’ICD durante la prima vita del device. I pazienti senza persistente indicazione all’ICD mostrano inoltre una mortalità a breve termine significativamente più bassa rispetto ai pazienti con indicazione persistente. Abbiamo, inoltre, individuato alcuni predittori di mortalità a 1 anno in questo particolare subset di pazienti: la fibrillazione atriale permanente, l’età superiore a 80 anni al momento della sostituzione e la malattia renale avanzata sono risultati predittori indipendenti di mortalità a 1 anno. L’analisi critica dei nostri risultati porta a concludere che vi sono due categorie di pazienti per i quali si potrebbe mettere in discussione la necessità di sostituire il generatore dell’ICD: quelli “troppo sani”, con buon recupero della frazione di eiezione e senza storia di aritmie ventricolari prima della sostituzione, e quelli “troppo malati”, con elevata probabilità di morte non aritmica a breve termine. Nel nostro studio, infatti, i pazienti con almeno due fattori di rischio (fibrillazione atriale permanente, età >80 anni e insufficienza renale cronica) hanno mostrato una mortalità ad 1 anno del 50% (vedi figura 2 del lavoro pubblicato) a sottolineare l’elevato rischio competitivo di mortalità non aritmica e, pertanto, la verosimile futilità della sostituzione del generatore dell’ICD in questo sottogruppo di pazienti.

Fa riflettere il dato che circa un terzo dei pazienti in cui viene impiantato un ICD non ha più indicazione alla sostituzione del generatore dopo circa 7 anni dal primo impianto. Tutti i pazienti sono stati comunque reimpiantati. Cosa raccomandano le Linee Guida in proposito?
Uno dei principali motivi che ci ha portato a disegnare questo studio è proprio il fatto che questi pazienti rientrano in una “zona grigia” delle Linee Guida. Le Linee Guida europee sullo scompenso cardiaco suggeriscono, con indicazione di classe IIa, una rivalutazione del paziente al momento della sostituzione del generatore, senza però fornire cut-off o parametri che permettano in modo univoco di candidare o meno il paziente a sostituzione del generatore ICD. Nella pratica clinica della maggior parte dei centri la sostituzione del generatore dell’ICD viene effettuata routinariamente senza una rivalutazione né della persistenza dell’indicazione all’impianto, né delle condizioni cliniche globali del paziente. Obiettivo del nostro studio è quello di suscitare una riflessione che porti a un approccio più critico al paziente candidato a sostituire l’ICD.

Tra le cause che possono portare a un miglioramento della funzione ventricolare, giustamente, citate un favorevole effetto della contestuale resincronizzazione cardiaca (RCT). Tuttavia i pazienti con RCT erano ugualmente distribuiti tra i due gruppi (con o senza persistente indicazione ad ICD). Come si spiega questo dato?
La definizione di risposta alla terapia di resincronizzazione cardiaca è sicuramente uno dei temi più dibattuti in letteratura negli ultimi anni. Gli studi che hanno utilizzato un criterio puramente ecocardiografico, ovvero la valutazione della presenza di un rimodellamento ventricolare favorevole dopo RCT, hanno osservato una rate di risposta alla terapia variabile tra il 50% e il 60%. Questo può essere considerato sostanzialmente in linea con il nostro riscontro di una percentuale simile di pazienti trattati con RCT se si confronta il gruppo con e senza persistente indicazione all’ICD al momento della sostituzione del generatore. Inoltre, bisogna considerare che negli ultimi anni le Linee Guida hanno portato a una più precisa definizione dei criteri di selezione dei candidati alla RCT (QRS largo morfologia a blocco di branca sinistra). Alcuni dei pazienti arruolati, in una prima fase del nostro studio, potrebbero non avere tali criteri (i.e. durata QRS intermedia, morfologia non a blocco di branca sinistra) e pertanto giustificare una risposta non ottimale alla terapia.

Analogamente simile tra i due gruppi la percentuale di pazienti con origine ischemica della miocardiopatia. Avrei pensato che i pazienti con miocardiopatia ischemica avessero più possibilità di migliorare la funzione ventricolare sinistra come effetto di una concomitante rivascolarizzazione (quando eseguita). Ha qualche commento in proposito?
Non abbiamo raccolto il dato di quanti pazienti con cardiopatia ischemica sono andati incontro a procedure di rivascolarizzazione tra il primo impianto e la sostituzione. Generalmente, però, quando arriviamo a impiantare un ICD in questo sottogruppo di pazienti, come emerge dallo studio, è elevata la percentuale di pazienti in terapia medica ottimizzata e tendenzialmente sottoposti a rivascolarizzazione completa, almeno 3 mesi prima dell’impianto del device. Bisogna tener inoltre presente che i pazienti con cardiomiopatia dilatativa post-ischemica hanno minore probabilità di risposta alla terapia dello scompenso cardiaco, inclusa la resincronizzazione cardiaca. È pertanto possibile che, una generale minore risposta alla terapia, possa aver neutralizzato i potenziali effetti benefici di ulteriori procedure di rivascolarizzazione effettuate nel tempo.

La fibrillazione atriale rappresenta una delle variabili associate con la mortalità successiva al reimpianto. Pensa che una ablazione dell’aritmia nelle fasi precoci della sua insorgenza, in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, possa migliorare la prognosi di questi pazienti?
La nostra casistica include pazienti che sono stati sottoposti a primo impianto di ICD e sostituzione del generatore prima che emergessero le forti evidenze in letteratura a favore dell’isolamento delle vene polmonari i pazienti con FE ridotta e scompenso cardiaco. Penso che i promettenti risultati di trial quali il CASTLE impatteranno significativamente la nostra pratica clinica nel trattamento di pazienti con scompenso cardiaco e fibrillazione atriale. Tra i dati significativi emersi da questi trial vi è non solo un impatto significativo sulla prognosi a lungo termine, ma anche un miglioramento della FE e della classe funzionale. L’esecuzione di un isolamento elettrico delle vene polmonari in questi pazienti potrebbe auspicabilmente determinare in futuro un ulteriore aumento del numero di pazienti che arriveranno al momento della sostituzione del generatore senza più indicazione formale all’impianto.

Lascia un commento