Effetti dell’angioplastica coronarica nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra su base ischemica: lo studio revived.

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Indice

Inquadramento

I pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, su base ischemica, traggono vantaggio dall’intervento di bypass aortocoronarico: lo studio STICH[1]Velazquez EJ, Lee KL, Jones RH, et al. Coronary-artery bypass surgery in patients with ischemic cardiomyopathy. N Engl J Med 2016; 374: 1511-20. ha mostrato infatti una riduzione della mortalità rispetto alla terapia medica ottimale, anche se questo beneficio si è manifestato quando il follow-up è stato esteso a 10 anni. Non sappiamo se un analogo vantaggio in termini prognostici si possa ottenere con un intervento di PCI. Non è chiaro, poi, se la rivascolarizzazione possa ripristinare una contrattilità adeguata di aree ipoperfuse e disfunzionanti ma vitali, condizione nota come “miocardio ibernato”.

Lo studio in esame

In questo studio randomizzato sono stati arruolati 700 pazienti (età media 69.5 anni) con disfunzione ventricolare sinistra (FE≤35%, media 27%) su base ischemica (esiti infarto 53%; asintomatici 66%; classe NYHA II-IV 26% malattia tronco comune 14%, trivasali 40%) e con vitalità dimostrata (MRI utilizzata nel 70% dei casi) in almeno 4 segmenti potenzialmente suscettibili di rivascolarizzazione (escludendo pazienti con infarto miocardico entro 4 settimane, con scompenso acuto e con aritmie ventricolari sostenute). Ad una durata media di 41 mesi di follow-up, nei pazienti assegnati a PCI (n=347, indice di rivascolarizzazione 71%) l’outcome primario (morte per ogni causa e/o riospedalizzazione per scompenso ad un follow-up minimo di 24 mesi) si è verificato in 129 patients (37.2%) rispetto a 134 dei 353 (38%) pazienti nel gruppo randomizzato alla sola terapia medica ottimale (hazard ratio, 0.99; 95% confidence interval 0.78 to 1.27; P=0.96). Le singole componenti dell’endpoint, gli eventi clinici e gli indici di funzione ventricolare nei due gruppi sono descritti nella Tabella.

Take home message

Nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, su base ischemica, la PCI non ha migliorato l’endpoint composito di morte per ogni causa e/o riospedalizzazione per scompenso cardiaco rispetto alla terapia media ottimale.

Interpretazione dei dati

Gli autori sottolineano come l’inclusione tra i criteri di selezione della presenza di segmenti disfunzionanti ma vitali, avrebbe dovuto favorirne la ripresa contrattile dopo la rivascolarizzazione ottenuta mediante PCI. Tuttavia, non solo la rivascolarizzazione percutanea non ha migliorato la prognosi di questi pazienti rispetto alla terapia medica ottimale, ma non è stato osservato nemmeno un miglioramento della funzione sistolica nei pazienti trattati con PCI. Sulla base di queste osservazioni, che riproducono i risultati dello studio STICH sull’evoluzione della funzione contrattile dopo intervento[2]Panza JA, Ellis AM, Al-Khalidi HR, et al. Myocardial viability and long-term outcomes in ischemic cardiomyopathy.N Engl J Med 2019; 381: 739-48., gli autori si spingono persino a sostenere che i loro dati mettono in discussione il paradigma della ibernazione miocardica. Il differente risultato sugli effetti della rivascolarizzazione osservato in REVIVED rispetto a STICH non può essere attribuito a una rivascolarizzazione incompleta eseguita con PCI nel presente studio, in quanto l’indice di rivascolarizzazione (71%) è stato piuttosto elevato. Benché il follow-up medio dello studio (41 mesi) sia stato inferiore rispetto a quello dello studio STICH (9.8 anni), appare improbabile che una osservazione più prolungata dei pazienti randomizzati in REVIVED possa modificare l’esito del confronto (come avvenuto per lo studio STICH), sia per il valore di hazard ratio osservato a 41 mesi (0.99, 95% CI 0.78–1.27) che per l’età media dei pazienti, di 10 anni superiore rispetto a quella dei pazienti inclusi nello STICH.

Bibliografia

Bibliografia
1 Velazquez EJ, Lee KL, Jones RH, et al. Coronary-artery bypass surgery in patients with ischemic cardiomyopathy. N Engl J Med 2016; 374: 1511-20.
2 Panza JA, Ellis AM, Al-Khalidi HR, et al. Myocardial viability and long-term outcomes in ischemic cardiomyopathy.N Engl J Med 2019; 381: 739-48.

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