Indicazioni alla chirurgia nell’insufficienza mitralica degenerativa: è tempo di un “paradigm shift”?

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Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

Le indicazioni di classe I per il trattamento dell’insufficienza mitralica degenerativa raccomandano di considerare, soprattutto, la presenza di sintomi o una riduzione della funzione ventricolare sinistra. É noto, tuttavia, che un aumento delle dimensioni atriali (≥60 mL/m2-LAVI-), della pressione polmonare elevata (≥50 mmHg – PH-), la concomitanza di fibrillazione atriale (AF) e di insufficienza tricuspidalica moderato/severa (MSRT) hanno un peso prognostico rilevante in questi pazienti, anche se non costituiscono elementi che permettano di porre una indicazione chirurgica di classe I [1]Vahanian A, Beyersdorf F, Praz F, Milojevic M, Baldus S, Bauersachs J, et al. 2021 ESC/ EACTS guidelines for the management of valvular heart disease. Eur Heart J 2022;43: 561–632. … Continua a leggere. Non è noto se questi marker secondari di outcome condizionino anche la prognosi di questi pazienti dopo l’intervento chirurgico.

Lo studio in esame

Lo scopo di questo studio è stato quello di validare l’importanza predittiva di outcome individuale e combinato di LAVI, PH, presenza di AF e MSRT (definiti “marker secondari di outcome”) in una coorte di pazienti con insufficienza mitralica degenerativa, sottoposti a chirurgia e di valutarne il peso prognostico in relazione agli indicatori stabiliti per la raccomandazione di classe I per la chirurgia (frazione di eiezione -EF- ≤60%, diametro telesistolico del ventricolo sinistro (LVESD) ≥40 mm). Lo studio comprendeva 2.276 pazienti (età mediana 65 anni, 32% maschi) operati entro 1 anno tra il 2000 e il 2020 in 5 centri per prolasso valvolare mitralico o “flail” dei lembi mitralici e inclusi in un registro ad hoc (92% riparazione valvolare, 8% sostituzione valvolare, mortalità peri-operatoria a 1 mese: 0.83%). A un follow-up mediano di 5.6 anni, 278 pazienti (12.2%) sono deceduti. All’analisi multivariata il numero dei marker secondari di outcome risultava significativamente associato alla mortalità (con valori di hazard ratio progressivamente crescenti all’aumentare del numero dei marker, vedi Tabella), indipendentemente daI valore di EF, LVESD, grado di insufficienza mitralica preoperatoria, età, EuroScore II, sintomi. Il modello che includeva il numero di markers secondari di outcome aveva un C-index più elevato (0.782, 95% CI: 0.752–0.811) dei modelli che includevano sintomi, EF ≤60%e LVESV ≥40 mm. Il modello che includeva il numero dei marker secondari di outcome risultava più concordante con la mortalità a distanza dei modelli che includevano i singoli indicatori di raccomandazione di classe I (sintomi: p=0.0003; EF ≤60%: p=0.006; LV ESD ≥40 mm: p=0.014).

Take home message

In pazienti operati per insufficienza mitralica degenerativa, la presenza e il numero dei marker secondari di outcome (LAVI, PH, AF, MSRT) sono risultati significativamente associati con la mortalità a distanza e si sono dimostrati maggiormente predittivi di outcome degli indicatori di raccomandazione di classe I. Sono necessari, tuttavia, studi randomizzati per verificare se i pazienti che abbiano marker secondari di outcome possano trarre vantaggio da una chirurgia precoce.

Interpretazione dei dati

Gli autori sottolineano la rilevanza dei dati riportati che mostrano l’associazione di alcuni marker con un rischio maggiore di mortalità successiva a un intervento (generalmente di riparazione valvolare) in pazienti con insufficienza mitralica degenerativa. La presenza di questi markers in molti pazienti con insufficienza valvolare da prolasso mitralico, o lembi “flail” è conseguenza della fisiopatologia di questa condizione caratterizzata da sovraccarico di volume atriale e aumento di pressioni a monte, che possono comportare nel tempo modificazioni strutturali irreversibili. Il pregio del lavoro è quello di aver indagato questo “fenotipo” in un’ampia casistica e di aver mostrato come esso possa influenzare il decorso clinico dei pazienti, anche quando viene corretto il vizio valvolare. Poichè la predittività prognostica di questi marker appare indipendente dai parametri di funzione del ventricolo sinistro (EF, LVESD), gli autori sostengono che essi dovrebbero essere considerati alla stessa stregua di questi ultimi nel dettare la necessità di intervento chirurgico sulla valvola mitrale e ottenere perciò, quando presenti, una classe I di raccomandazione nelle linee guida (e non una raccomandazione di classe IIa, come è attualmente). Sarebbe importante una scelta precoce della soluzione chirurgica, poiché la presenza di tre o più marker secondari di outcome comporta una mortalità stimata del 28% a 5 anni. Questi dati sottolineano l’urgenza di un “paradigm shift” nell’indicazione all’intervento cardio chirurgico nell’insufficienza mitralica degenerativa: oltre ai sintomi e ai parametri ben noti di funzione ventricolare (LVEF ≤60% e LVESD ≥40 mm) la presenza di più markers secondari di outcome configura un fenotipo a rischio molto elevato che necessita di una soluzione chirurgica rapida.

Bibliografia

Bibliografia
1 Vahanian A, Beyersdorf F, Praz F, Milojevic M, Baldus S, Bauersachs J, et al. 2021 ESC/ EACTS guidelines for the management of valvular heart disease. Eur Heart J 2022;43: 561–632. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehab395; Otto CM, Nishimura RA, Bonow RO, Carabello BA, Erwin JP III, Gentile F, et al. 2020 ACC/AHA guideline for the management of patients with valvular heart disease: a report of the American college of cardiology/American heart association joint committee on clinical practice guidelines. Circulation 2021;143:e72–e227. https://doi.org/10.1161/CIR.0000000000000923.

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