Trattamento percutaneo dell’insufficienza mitralica secondaria in pazienti scompensati: i risultati dello studio COAPT a 5 anni.

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Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

L’insufficienza mitralica (I.M.) funzionale che si accompagna all’evoluzione delle miocardiopatie ischemiche e non-ischemiche ha importante valore prognostico[1]Sannino A, Smith RL II, Schiattarrella GG, Trimarco B, Esposito G, Grayburn PA. Survival and cardiovascular outcome of patients with secondary mitral regurgitation: a meta-analysis of 53 studies. … Continua a leggere. Il suo trattamento percutaneo, mediante impianto di MitraClip (TEER), ha migliorato l’outcome dei pazienti rispetto alla terapia medica ottimale nello studio COAPT (Cardiovascular Outcomes Assessment of the MitraClip Percutaneous Therapy for Heart Failure Patients with Functional Mitral Regurgitation) a due anni dall’intervento(2(Stone GW, Lindenfeld J, Abraham WT, et al. Transcatheter mitral-valve repair in patients with heart failure. N Engl J Med 2018; 379: 2307-18.)Non è noto quale possa essere il decorso dei pazienti trattati nel prosieguo del follow-up.

Lo studio in esame

Nello studio COAPT, condotto in 78 centri statunitensi o canadesi, sono stati randomizzati 614 pazienti con cardiopatia ischemica o nonischemica con FE compresa tra 20% e 50%, sintomatici per scompenso cardiaco nonostante terapia medica ottimale e con I.M. funzionale da moderato/severa (3+) a severa (4+): 302 sono stati assegnati a TEER e 312 al gruppo controllo. L’età media era 72 anni, 60% avevano una miocardiopatia ischemica, 61% erano in classe NYHA III-IV e il 31% portava un defibrillatore; la FE media era 31% e il diametro telesistolico del VS (LVESD) medio 53 mm. TEER aveva nettamente ridotto l’entità della I.M. (a 1+ o meno nell’82% dei pazienti e a 2+ nel 12.7%). Dallo studio erano stati esclusi i pazienti con LVESD >70 mm, disfunzione del ventricolo destro e ipertensione polmonare. La frequenza annuale di ospedalizzazione a 5 anni (endpoint primario) risultava del 33.1%/ anno nei pazienti TEER e del 57.2%/anno nel gruppo controllo (hazard ratio, 0.53; 95% confidence interval [CI], 0.41 to 0.68). La mortalità per ogni causa risultava significativamente ridotta nel gruppo TEER (57.3% versus 67.2%, hazard ratio, 0.72; 95% CI, 0.58 to 0.89). Nelle analisi post-hoc le curve di mortalità divergevano sino a due anni per poi decorrere simili. Nel gruppo controllo TEER è stata eseguita in 67 pazienti (pari al 45% dei 138 eleggibili) dopo il secondo anno di follow-up (decorso il quale era infatti permessa). Nel gruppo controllo il trattamento con TEER è risultato predittore indipendente di sopravvivenza e libertà da ospedalizzazione per scompenso (hazard ratio, 0.53; 95% CI, 0.36 to 0.78). A 5 anni, i pazienti TEER avevano una media di 1.123±664.8 giorni liberi da eventi e ospedalizzazione versus 894.8±655 del gruppo controllo. Gli eventi correlati all’impianto del device risultavano stabili a 5 anni (1.4%), rispetto al mese successivo all’impianto. Era presente una stenosi mitralica <1.5 cm2 (non trattata) nel 7.6% dei pazienti TEER mentre, sempre in questo gruppo, 2 pazienti (0.7%) sono stati trattati invasivamente per un difetto interatriale.

Take home message

L’estensione a 5 anni del follow-up dello studio COAPT ha confermato che nei pazienti scompensati, nonostante terapia medica ottimale e insufficienza mitralica secondaria (3+ o 4+) il trattamento di riparazione della valvola mitralica per via percutanea ha ridotto le ospedalizzazioni e la mortalità per ogni causa rispetto alla sola terapia medica.

Interpretazione dei dati

Le osservazioni principali che derivano da questo studio sono:

  1. che il beneficio clinico rilevante (migliore sopravvivenza, minori ospedalizzazioni per scompenso) osservato a 2 anni di follow-up offerto dall’impianto della valvola mitralica per via percutanea in pazienti con miocardiopatia ischemica o non-ischemica e insufficienza mitralica funzionale, scompensati e ancora sintomatici in terapia ottimale, permane a 5 anni dall’intervento rispetto al proseguimento della sola terapia medica;
  2. che la prognosi è purtroppo infausta in molti di questi pazienti in quanto la mortalità globale a 5 anni è stata del 67.2% nei pazienti del gruppo controllo e del 57.2% nei pazienti trattati con il device.

Come osservano gli autori, questi dati devono spingere la comunità scientifica a ulteriori ricerche di nuove vie terapeutiche per ridurre la mortalità che tuttora grava su questa popolazione di pazienti. Il beneficio offerto dall’impianto di riparazione della valvola mitralica per via percutanea è ulteriormente, e in modo apparentemente paradossale, confermato in questa analisi dall’assenza di beneficio osservato dopo il secondo anno di follow-up in quanto, trascorso quel periodo, anche i pazienti del gruppo controllo hanno potuto beneficiare dell’impianto del dispositivo: i pazienti infatti del gruppo controllo in cui è stata inserita la valvola mitralica per via percutanea (45% degli eleggibili) hanno avuto una riduzione dell’endpoint composito (morte per ogni causa e ospedalizzazione) del 47%. Dal punto di vista clinico, è molto importante individuare i pazienti che possono avere i maggiori benefici in termini di sopravvivenza: dall’analisi per sottogruppi (parzialmente riportata in Tabella) sembrerebbero essere i pazienti con patologia non molto avanzata, soprattutto con ventricoli non ancora molto dilatati anche in presenza di un rigurgito mitralico moderato/severo (3+) ma indipendentemente dal valore di frazione di eiezione (≥30% o <30%) ad avere il maggiore gap di sopravvivenza tra i pazienti sottoposti all’impianto del device e quelli trattati con sola terapia medica. Si tratta tuttavia di speculazioni post-hoc che devono essere confermate da studi prospettici e controllati. Inoltre, come osservano gli autori, la riparazione della valvola mitralica cerca di porre rimedio ad una complicanza correlata alla miocardiopatia, ma non ha alcun effetto sulla malattia originaria.

Bibliografia

Bibliografia
1 Sannino A, Smith RL II, Schiattarrella GG, Trimarco B, Esposito G, Grayburn PA. Survival and cardiovascular outcome of patients with secondary mitral regurgitation: a meta-analysis of 53 studies. JAMA Cardiol 2017; 2: 1130-9.

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