Abstract
Background: ASA is the only antiplatelet agent with a Class I recommendation for long-term prevention of cardiovascular events in patients with coronary artery disease (CAD). There is inconsistent evidence on how it compares with alternative antiplatelet agents.
Methods: We conducted a patient-level metaanalysis of randomized trials comparing P2Y12 inhibitor monotherapy vs ASA monotherapy for the prevention of cardiovascular events in patients with established CAD. The primary outcome was the composite of cardiovascular death, myocardial infarction, and stroke. Prespecified key secondary outcomes were major bleeding and net adverse clinical events (the composite of the primary outcome and major bleeding). Data were pooled in a 1-step meta-analysis.
Results: Patient-level data were obtained from 7 trials. Overall, 24,325 participants were available for analysis, including 12,178 patients assigned to receive P2Y12 inhibitor monotherapy (clopidogrel in 7,545 [62.0%], ticagrelor in 4,633 [38.0%]) and 12,147 assigned to receive ASA. Risk of the primary outcome was lower with P2Y12 inhibitor monotherapy compared with ASA over 2 years (HR: 0.88; 95% CI: 0.79-0.97; P=0.012), mainly owing to less myocardial infarction (HR: 0.77; 95% CI: 0.66-0.90; P<0.001). Major bleeding was similar (HR: 0.87; 95% CI: 0.70-1.09; P=0.23) and net adverse clinical events were lower (HR: 0.89; 95% CI: 0.81-0.98; P=0.020) with P2Y12 inhibitors. The treatment effect was consistent across prespecified subgroups and types of P2Y12 inhibitors.
Conclusions: Given its superior efficacy and similar overall safety, P2Y12 inhibitor monotherapy might be preferred over ASA monotherapy for long-term secondary prevention in patients with established CAD. (P2Y12 Inhibitor or ASA Monotherapy as Secondary Prevention in Patients With Coronary Artery Disease: An Individual Patient Data Meta-Analysis of Randomized Trials.
Intervista a: Felice Gragnano
Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli; Divisione di Cardiologia Clinica a Direzione Universitaria, AORN “Sant’Anna e San Sebastiano”, Caserta
Dottor Gragnano, quali sono i dati salienti del vostro studio?
PANTHER è la prima meta-analisi a livello del paziente che ha confrontato la monoterapia con un inibitore del P2Y12 (ticagrelor o clopidogrel) versus ASA in pazienti con malattia coronarica (CAD) cronica. Lo studio è stato condotto per rispondere a una domanda fondamentale e che ha importanti implicazioni per la pratica clinica: qual è la migliore terapia antipiastrinica a lungo termine nei pazienti con CAD? Le attuali Linee Guida raccomandano l’uso dell’ASA come terapia di prima scelta. Tuttavia, il primato storico dell’ASA in prevenzione secondaria si basa su studi condotti negli anni ‘70 e ‘80 ed è stato messo in discussione da studi recenti che ne hanno valutato l’efficacia e la sicurezza nella pratica clinica contemporanea. Gli studi individuali sono risultati, purtroppo, spesso inconclusivi per le dimensioni limitate del campione e/o per l’inclusione di popolazioni eterogenee di pazienti con aterosclerosi coronarica, cerebrovascolare o periferica. Partendo da questo background, la metaanalisi PANTHER ha avuto come obiettivo quello di confrontare l’efficacia e la sicurezza degli inibitori del P2Y12 versus ASA in pazienti con CAD utilizzando i dati individuali di tutti i trial clinici randomizzati disponibili. Lo studio ha incluso 24.325 pazienti con CAD provenienti da 7 trial clinici (ASCET, CADET, CAPRIE, DACAB, GLASSY, HOST-EXAM, TiCAB). La popolazione in studio comprendeva un ampio spettro di pazienti con CAD, includendo sia pazienti trattati con terapia medica che pazienti sottoposti a rivascolarizzazione percutanea o chirurgica. I risultati principali del PANTHER dimostrano come la monoterapia con inibitori del P2Y12 sia in grado di ridurre significativamente l’incidenza dell’endpoint primario di efficacia (un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico e ictus) rispetto all’ASA, con una riduzione del rischio relativo del 12%. Questo beneficio era principalmente determinato da una riduzione del rischio di infarto del miocardio del 23%. Il rischio di sanguinamenti maggiori era simile tra i due trattamenti, mentre i sanguinamenti gastrointestinali e intracranici risultavano significativamente ridotti con gli inibitori del P2Y12 rispetto all’ASA. L’effetto del trattamento era coerente in tutti i sottogruppi analizzati, indipendentemente dalle caratteristiche del paziente o dal tipo di inibitore del P2Y12 (ticagrelor o clopidogrel).
Una limitazione dello studio risiede nella brevità del follow-up, tenuto conto che il singolo farmaco antipiastrinico dovrebbe essere assunto per tutta la vita dopo un evento coronarico. Questo fatto può aver giocato a favore o sfavore di clopidogrel nei confronti dell’ASA?
Nel PANTHER, il follow-up mediano era di circa 2 anni, con alcune differenze in termini di durata tra i trial inclusi. Tale durata appare adeguata per valutare il rischio-beneficio delle due strategie e in linea con quella di altri studi clinici che hanno confrontato terapie antitrombotiche a lungo termine (es. 23 mesi nel COMPASS trial). Inoltre, se consideriamo i risultati del PANTHER, il beneficio anti-ischemico degli inibitori del P2Y12 potrebbe essere ancora più rilevante nel contesto di un trattamento a lungo termine. Infatti, il numero di pazienti da trattare (number needed to treat, NNT) per prevenire 1 evento clinico tra morte cardiovascolare, infarto del miocardio e ictus era 176 a 1 anno e 121 a 2 anni di follow-up.Questa osservazione suggerisce che il beneficio offerto dagli inibitori del P2Y12 rispetto all’ASA potrebbe aumentare con l’aumentare della durata del follow-up. In tal senso, i nostri risultati potrebbero sottostimare il beneficioanti- complessivo di una terapia con inibitori del P2Y12 della durata di decenni (che rappresenta la durata del trattamento nella maggior parte dei pazienti con CAD).
Una domanda che sempre viene rivolta dall’audience quando si parla di clopidogrel è quanto possa influire sui risultati la risposta individuale al farmaco, sapendo che un terzo circa dei pazienti sono “non responsive” a questo antiaggregante: come risponderebbe?
Il PANTHER ha incluso trial clinici che prevedevano l’utilizzo sia di ticagrelor che di clopidogrel in monoterapia; pertanto, i risultati dello studio si applicano al confronto di questi due inibitori del P2Y12 con l’ASA. In un’analisi per sottogruppi, il beneficio della monoterapia con inibitori del P2Y12 risultava consistente indipendentemente dal tipo di farmaco che veniva confrontato con l’ASA (ticagrelor o clopidogrel). Quando si parla di monoterapia a lungo-termine con clopidogrel, la variabilità nella risposta interindividuale al farmaco è spesso discussa come una possibile limitazione. Se però guardiamo ai risultati dei trial clinici randomizzati (es. CAPRIE, HOST-EXAM), la monoterapia con clopidogrel è sempre risultata superiore all’ASA per la prevenzione di eventi cardiovascolari maggiori. Nell’HOST-EXAM, ad esempio, che ha incluso pazienti a 6-18 mesi dall’angioplastica coronarica, le trombosi di stent erano molto rare e numericamente meno frequenti nei pazienti in trattamento con clopidogrel (0.4%) versus ASA (0.6%). Quindi, quando consideriamo pazienti con CAD cronica, lontani da una sindrome coronarica acuta o da una procedura di angioplastica coronarica, le evidenze disponibili supportano l’efficacia e la sicurezza di clopidogrel in monoterapia e la sua superiorità rispetto all’ASA nella prevenzione di nuovi eventi cardiovascolari.
Connessa a questo tema è la vostra osservazione di un’apparente diversa risposta ai farmaci antiaggreganti a seconda dall’etnia dei pazienti. In particolare, i pazienti asiatici risponderebbero meglio a clopidogrel che all’ASA rispetto ai pazienti europei. Questa osservazione potrebbe attenuare la portata clinica dei vostri dati?
Nelle analisi di sottogruppo pre-specificate in cui abbiamo stratificato i pazienti per area geografica di arruolamento nei singoli trial (Asia, Europa, Nord America), non abbiamo osservato alcuna eterogeneità per l’endpoint primario di efficacia e gli endpoint secondari di sanguinamento maggiore ed eventi clinici avversi netti (NACE). In un’analisi di sottogruppo post-hoc (quindi esplorativa) abbiamo osservato che i pazienti arruolati in centri asiatici sembravano beneficiare maggiormente degli inibitori del P2Y12 per la prevenzione dell’ictus; al contrario, gli effetti del trattamento in termini di prevenzione dell’infarto miocardico e della morte cardiovascolare erano consistenti tra le diverse regioni geografiche. Data la natura post-hoc di questa analisi e la mancanza di correzione per confronti multipli, questi risultati devono essere interpretati con cautela e rimangono “hypothesis generating”. Inoltre, poiché nel PANTHER non erano disponibili dati sull’etnia, sulla genetica e sulla risposta individuale ai farmaci, i possibili fattori alla base di questa osservazione rimangono da chiarire in studi futuri.
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