Litotripsia intravascolare coronarica per le lesioni calcifiche: meglio dell’aterectomia rotazionale?

Contemporary Trends and Outcomes of Intravascular Lithotripsy in Percutaneous Coronary Intervention. Insights From BMC2. 

Devraj S, Seth M, Madder RD, et al.

Insights From BMC2. JACC Cardiovasc Interv 2024;17:1811–1821.

 

Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

Le procedure di PCI sono divenute progressi- vamente    più    complesse    con    l’aumentare dell’abilità   e   dell’esperienza   degli   operatori e   il   crescente   numero   di   pazienti   anziani sottoposti a rivascolarizzazione percutanea. La complessità delle lesioni trattate e la tipologia dei  pazienti  ha  determinato  la  necessità  di trattamento  di  vasi  calcifici.  Tradizionalmente le   stenosi   calcifiche   venivano   sottoposte   a pretrattamento con palloni “cutting” o “scoring”, ma  soprattutto  affrontate  con  la  aterectomia rotazionale  (ROT),  causa  tuttavia  di  frequenti complicanze   e   di   infarti   periprocedurali[1]Chambers JW, Feldman RL, Himmelstein SI, et al. Pivotal trial to evaluate the safety and efficacy of the orbital atherectomy system in treating de novo, severely calcified coronary lesions (ORBIT … Continua a leggere. Da   alcuni   anni   è   possibile   intervenire   su queste  lesioni  con  la  litotripsia  intravascolare coronarica  (IVL,  Shockwave  Medical)  basata sulla stessa tecnologia applicata inizialmente al trattamento della nefrolitiasi. Il principio si fonda sulla generazione di onde d’urto trasmesse dal palloncino  alla  parete  arteriosa  che  causano la  frantumazione  della  componente  vascolare calcifica.

Lo studio in esame

La casistica raccolta nel registro BMC2 (Blue Cross Blue Shield of Michigan Cardiovascular Consortium) proviene da 48 ospedali del Michigan, che tra il gennaio 2021 e il giugno 2022 hanno trattato con IVL 1.090 pazienti (2.6% di tutte le procedure di PCI) e con ROT 1.743 pazienti (4.10% delle PCI), mentre entrambi i sistemi sono stati applicati in 240 pazienti (0.6% delle PCI). Durante il periodo dello studio, l’utilizzo di IVL è progressivamente cresciuto dallo 0.04% delle procedure nel gennaio 2021 al 4.3% nel giugno 2022, mentre l’utilizzo di ROT è passato dal 4.4% al 3.6%. L’età media dei pazienti era 72 anni (non differente tra i due gruppi); l’uso di IVL prevaleva nei pazienti già sottoposti a PCI (P<0.001), in quelli con NSTEMI o STEMI (P<0.001) e nei pazienti nei quali prevaleva l’approccio radiale (P<0.001). I MACE (mortalità ospedaliera, infarto miocardico, stroke, perforazione coronarica, tamponamento cardiaco) non sono risultati differenti tra i 2 gruppi (IVL 4.3% vs ROT 5.4%; P=0.23), così come il successo procedurale (89.4% vs 89.1%; P=0.88). Tuttavia, la perforazione coronarica e il no reflow sono risultati più frequenti con ROT (vedi Tabella). Nei pochi pazienti in cui entrambe le tecnologie (IVL e ROT) sono state utilizzate le complicanze sono state più numerose con una mortalità ospedaliera del 5%. La popolazione del registro differiva dagli studi precedenti che avevano utilizzato IVL, come il Disrupt CAD III trial[2]Hill JM, Kereiakes DJ, Shlofmitz RA, et al. Intravascular lithotripsy for treatment of severely calcified coronary artery disease. J Am Coll Cardiol. 2020;76:2635–2646., in quanto solo il 15.6% dei pazienti inclusi nel Michigan registry aveva le caratteristiche di inclusione ed esclusione di quel trial. In questa sottopopolazione “trial simile” del registro, i MACE risultavano assenti e il successo procedurale era del 94.7%.

Take home message

L’utilizzo di IVL è progressivamente aumentato dalla sua introduzione nel 2021, superando, in un anno, l’utilizzo di ROT. Il successo procedurale è elevato e le complicanze contenute.

Interpretazione dei dati

Lo studio è interessante anche se ha limitazioni notevoli.  Così  anche  l’informazione  che  nella routine dei laboratori di emodinamica poco meno del  10%  delle  procedure  di  PCI,  attualmente riguardano lesioni calcifiche che necessitano di una  preparazione  con  tecniche  di  aterectomia o  di  litotripsia  prima  dell’impianto  dello  stent. Nell’esperienza  dei  laboratori  del  Michigan  il numero di queste procedure è raddoppiato nella fase finale rispetto a quella iniziale, indicando che la disponibilità di un dispositivo di più semplice utilizzo,    rispetto    all’aterectomia    rotazionale (infatti nel corso del registro gli operatori hanno progressivamente   sostituito   il   Rotablator   con il   device   di   litotripsia   intravascolare)   possa permettere una migliore preparazione delle stenosi calcifiche  favorendo  l’espansione  dello  stent. I  limiti  dello  studio  sono  peraltro  evidenti:  il confronto  tra  le  due  tecniche  non  è  rando- mizzato  e quindi le differenze osservate, anche nelle    complicanze    (perforazioni,    no    reflow) seppur plausibili, devono essere considerate con molta  prudenza.  Inoltre,  l’incidenza  di  infarto periprocedurale dichiarata è veramente modesta (attorno all’1%) mancando un preciso protocollo per la sua individuazione. Non appare poi chiaro il motivo per cui in alcuni pazienti (8%) entrambe le  tecnologie  siano  state  utilizzate;  gli  Autori, commentando   questo   dato,   osservano   che spesso,  nelle  lesioni  molto  severe  difficilmente superabili  con  il  palloncino,  venga  inizialmente utilizzato il Rotablator per permettere il successivo avanzamento   del   dispositivo   per   litotripsia. Questa sequenza di utilizzo appare avere un suo razionale: tuttavia, se questa è la motivazione, non è chiaro il motivo per cui questi pazienti abbiano presentato   una   mortalità   ospedaliera   molto elevata (5%) e un’incidenza di stroke (1.2%) molto maggiore rispetto a quella osservata nei pazienti in cui era stato utilizzato un solo dispositivo. Infine, un  follow-up  a  distanza  con  documentazione dell’esito  di  queste  procedure,  in  particolare  la necessità di un eventuale reintervento, avrebbe dato maggiore rilievo informativo al lavoro.

Bibliografia

Bibliografia
1 Chambers JW, Feldman RL, Himmelstein SI, et al. Pivotal trial to evaluate the safety and efficacy of the orbital atherectomy system in treating de novo, severely calcified coronary lesions (ORBIT II). JACC Cardiovasc Interv. 2014;7:510–518.
2 Hill JM, Kereiakes DJ, Shlofmitz RA, et al. Intravascular lithotripsy for treatment of severely calcified coronary artery disease. J Am Coll Cardiol. 2020;76:2635–2646.

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