Acute Kidney Injury (AKI): può una campagna di prevenzione ridurne l’incidenza dopo procedure di diagnostica o interventistica coronarica?

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Indice

Inquadramento

Benché la problematica del verificarsi di AKI, dopo procedure diagnostiche e interventistiche, sia nota da tempo e molta letteratura sia stata prodotta su questo argomento, molti semplici provvedimenti per ridurne l’incidenza (idratazione adeguata, attenzione alla quantità del mezzo di contrasto usato)[1]Malik AO, Amin A, Kennedy K, et al. Patient-centered contrast thresholds to reduce acute kidney injury in high-risk patients undergoing percutaneous coronary intervention. Am Heart J.2021;234:51-59. … Continua a leggere sono disattese nella pratica clinica[2]Valdenor C, McCullough PA, Paculdo D, et al. Measuring the variation in the prevention and treatment of CI-AKI among interventional cardiologists. Curr Probl Cardiol. 2021;46:100851. … Continua a leggere. Non è noto se un programma basato su interventi educazionali, supporto nelle decisioni cliniche, valutazioni tramite audit e feedback possano tradursi in una riduzione significativa di questa complicanza e in migliori risultati clinici.

Lo studio in esame

Lo studio Contrast RISK (Reducing Injury Sustained by Kidneys) è un trial a gruppi randomizzati (cluster randomized trial) comprendenti globalmente 31 cardiologi interventisti operanti ad Alberta (Canada) che hanno eseguito 7.820 procedure angiografiche (coronarografie, PCI), escludendo le emergenze, durante 21 mesi in pazienti con rischio di AKI superiore al 5% ma non in trattamento dialitico. Il trial prevedeva che tutti i cardiologi interventisti partecipassero alla fase di controllo e a quella operativa, nella quale entravano a “ondate” successive (stepped wedge trial). Dopo un periodo di controllo in cui le procedure venivano eseguite secondo “standard care”, la randomizzazione prevedeva che “clusters” di 3/6 operatori iniziassero la fase operativa a otto diverse date. La fase operativa prevedeva una sessione formativa e fornitura di materiale didattico per il calcolo del rischio di AKI, indicazioni sulla quantità di mezzo di contrasto da utilizzare e sull’infusione di liquidi nel singolo paziente. Verifiche (audit) venivano condotte periodicamente e discusse con gli operatori (feedback). La fase di controllo e quella operativa duravano, a seconda dei gruppi randomizzati, tra 10 e 80 settimane. L’outcome primario (incidenza di AKI) si è verificato nell’8.6% dei pazienti durante la fase di controllo e nel 7.2% nella fase operativa (differenza −2.3%[95%CI, −0.6%to −4.1%]; odds ratio [OR], 0.72 [95%CI, 0.56 to 0.93]; p=.01). I dati e gli eventi cardiovascolari maggiori osservati nelle due fasi sono espressi nella Tabella.

Take home message

Un intervento di supporto clinico, associato a verifiche (audit e feedback), si accompagna a una riduzione di AKI (differenza assoluta corretta per il tempo – 2.3%) nei pazienti sottoposti a procedure diagnostiche e interventistiche coronariche.

Interpretazione dei dati

Questo studio ribadisce l’efficacia di una azione educazionale di sensibilizzazione alla problematica dell’evenienza di AKI in seguito a procedure diagnostiche o interventistiche coronariche. Una riduzione di AKI non solo rende più sicure tali procedure, ma riduce anche i costi relativi al trattamento di questa complicanza. L’entità della riduzione ottenuta nel trial è stata simile a quanto osservato in uno studio di quality improvement eseguito in 6 ospedali nordamericani e riguardanti procedure di PCI non urgenti eseguite in 21.067 pazienti: la riduzione di AKI osservata fu globalmente del 21% e fu più pronunciata nei pazienti con GFR basale <60 ml/min per 1.73 m2[3]Brown JR, Solomon RJ, Sarnak MJ, et al. Northern New England Cardiovascular Disease Study Group. Reducing contrast-induced acute kidney injury using a regional multicenter quality improvement … Continua a leggere. Gli Autori sottolineano come la forza dello studio risieda nel suo disegno pragmatico, nel coinvolgimento di tutti i cardiologi interventisti operanti in una ampia area geografica e nella verifica degli effetti di un intervento educazionale sui processi di cura e sugli outcome clinici. Limitazioni dello studio, riconosciute nella discussione, risiedono nel tipo di disegno “stepped wedg”. Infatti, non si può escludere che i risultati, ottenuti in periodi temporali successivi, potessero già migliorare nel tempo senza alcuna influenza operata dall’intervento proposto. Inoltre, i dati potrebbero non essere immuni da “contaminazione”, una condizione in cui gli operatori, benché non ancora formalmente introdotti nella fase di intervento educazionale, fossero già a conoscenza delle finalità dello studio e modificassero di conseguenza i loro comportamenti già nel periodo di controllo.

Bibliografia

Bibliografia
1 Malik AO, Amin A, Kennedy K, et al. Patient-centered contrast thresholds to reduce acute kidney injury in high-risk patients undergoing percutaneous coronary intervention. Am Heart J.2021;234:51-59. doi:10.1016/j.ahj.2020.12.013.
2 Valdenor C, McCullough PA, Paculdo D, et al. Measuring the variation in the prevention and treatment of CI-AKI among interventional cardiologists. Curr Probl Cardiol. 2021;46:100851. doi:10.1016/j.cpcardiol.2021.100851.
3 Brown JR, Solomon RJ, Sarnak MJ, et al. Northern New England Cardiovascular Disease Study Group. Reducing contrast-induced acute kidney injury using a regional multicenter quality improvement intervention. Circ Cardiovasc Qual Outcomes. 2014;7:693-700. doi:10.1161/ CIRCOUTCOMES.114.000903

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