Dalla letteratura internazionale

Nuove frontiere della cardiologia interventistica: l’impianto transcatetere di una protesi aortica “balloon expandable” in sede mitralica.

Molti pazienti con valvulopatia mitralica non sono operati perchè considerati ad alto rischio chirurgico. In questi pazienti l’impianto transcatetere di una protesi aortica “balloon expandable” può rappresentare una soluzione accettabile per il minor rischio connesso all’intervento. Lo studio MITRAL (Mitral Implantation of Transcatheter Valves) è il primo studio prospettico, condotto in 13 centri statunitensi, che ha valutato l’outcome di pazienti sottoposti a impianto transcatetere di valvola aortica in sede mitralica per insufficienza valvolare da calcificazione severa (ViMAC), disfunzione di anello da annuloplastica (MViR) e di protesi biologica (MViV) precedentemente impiantata. I risultati a 1 anno sono stati già pubblicati ma mancano dati su un follow-up più prolungato.

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Misurazione del gradiente trans-stent con FFR post-procedurale: un cambio di paradigma?

Un risultato fisiologico subottimale, valutato con FFR o iFR dopo stenting di una lesione coronarica, si correla con una prognosi non soddisfacente ed è stato attribuito alla presenza di una coronaropatia diffusa. Alcuni dati recenti hanno tuttavia dimostrato che variabili correlate all’impianto dello stent, come una incompleta espansione, possono generare una riduzione di FFR attraverso lo stent (osservata attraverso un pullback della guidina durante iperemia) dando luogo a un gradiente trans-stent (TSG) che può avere valenza prognostica.

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Anatomy vs. physiology: how should we achieve complete revascularization in acute coronary syndromes?

Perchè i due trial divergono in maniera così importante nei rispettivi risultati? Infatti, non è stata osservata alcuna differenza tra le due strategie in FLOWER-MI mentre è stata osservata una netta prevalenza della strategia guidata da FFR in FRAME AMI (che ha peraltro arruolato un numero decisamente inferiore di pazienti rispetto a FLOWER-MI), con riduzione anche di infarto miocardico e mortalità. In FRAME AMI la differenza di eventi si è osservata nella popolazione NSTEMI, non arruolata in FLOWER-MI.

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Efficacia e sicurezza di apixaban nei pazienti sottoposti a TAVI: i risultati dello studio ATLANTIS

Le complicanze trombotiche ed emorragiche non sono infrequenti nei pazienti sottoposti a TAVI. A lungo si è discusso su un possibile ruolo terapeutico degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) sia in sostituzione degli inibitori della vitamina K (VKA), quando vi è indicazione a una terapia anticoagulante (generalmente per la coesistenza di fibrillazione atriale) sia in luogo della terapia antiaggregante piastrinica, usualmente utilizzata in questi pazienti dopo TAVI in assenza di una indicazione a terapia anticoagulante.

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I pazienti con occlusione coronarica cronica inclusi negli studi randomizzati di confronto tra interventi percutanei e terapia medica sono rappresentativi del mondo reale?

La limitazione principale degli studi randomizzati (RCT) rivolti ai pazienti con cardiopatia ischemica, caratterizzata anatomicamente da occlusione coronarica cronica (CTO) nell’individuare l’efficacia degli interventi percutanei di rivascolarizzazione (PCI) rispetto alla terapia medica, risiede nel fatto che i pazienti più sintomatici e a più alto rischio, per motivi etici, non vengono solitamente inclusi. Ne deriva quindi difficoltà nell’arruolamento e nel raggiungimento di endpoint clinici “hard” al follow-up, come la mortalità e l’infarto miocardico. Non è noto, inoltre, se i RCT, sinora eseguiti in questi pazienti, siano effettivamente rappresentativi della popolazione con cardiopatia ischemica e presenza di CTO osservata nel mondo reale.

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È utile un test funzionale a un anno dall’intervento in pazienti sottoposti a PCI ad alto rischio?

Circa la metà dei pazienti sottoposti a PCI eseguono un test funzionale entro due anni dall’intervento nonostante le Linee Guida non raccomandino questa indagine nonostante le Linee Guida non raccomandino questa indagine((Shah BR, McCoy LA, Federspiel JJ, et al. Use of stress testing and diagnostic catheterization after coronary stenting: association of site-level patterns with patient characteristics and outcomes in 247,052 Medicare beneficiaries. J Am Coll Cardiol 2013; 62: 439-46.)) se non a un anno di follow-up in pazienti sottoposti a procedure ad alto rischio (peraltro con una debole classe di raccomandazione: IIb). L’evidenza al riguardo è molto limitata e non vi sono studi randomizzati che abbiano affrontato questa problematica.

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Placche coronariche non ischemizzanti, ma con caratteristiche di rischio alla TC coronarica: devono essere trattate con PCI?

L’utilizzo della fractional flow reserve (FFR) è utile per individuare nei pazienti stabili, sottoposti a indagini invasive, quelle stenosi che possono essere trattate con beneficio mediante un intervento di PCI. Tuttavia, alcuni pazienti nei quali l’intervento viene differito sulla base dell’esito del test FFR, presentano eventi ischemici nel successivo follow-up.

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Mortalità ospedaliera nello STEMI in tempi di COVID negli Stati Uniti: quale prezzo è stato pagato?

La relazione tra outcome dei pazienti ricoverati per STEMI e tempistica della riperfusione è ben nota e ribadita nei documenti delle Società scientifiche internazionali, che raccomandano obbiettivi di tempo specifici per ottimizzare il trattamento in questi pazienti. La pandemia di Covid-19 ha causato importanti problemi organizzativi agli ospedali e generato timori dei pazienti, inducendo ritardi nell’accesso alle strutture di Pronto Soccorso. Negli Stati Uniti è stato calcolato un eccesso di 116.000 eventi fatali per cause cardiovascolari secondarie alla pandemia. Un’analisi delle tempistiche e dell’outcome osservati nei pazienti STEMI in tempo di Covid, rispetto agli standard degli anni precedenti, è perciò di notevole interesse.

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Confronto dell’outcome clinico e dei costi associati all’utilizzo di device microassiale ventricolare sinistro vs contropulsatore aortico nei pazienti con infarto miocardico complicato da shock cardiogeno

Il trattamento dello shock cardiogeno è un ambito della cardiologia in cui i progressi degli ultimi decenni sono stati modesti. A tutt’oggi, l’utilizzo dei dispositivi di assistenza ventricolare non è standardizzato e gli studi randomizzati, che non sono affatto numerosi, non sono riusciti a mostrarne un beneficio. Nel caso di infarto miocardico con shock cardiogeno (AMICS), il contropulsatore aortico (IABP) è il dispositivo di riferimento (pur con una raccomandazione di livello basso, classe IIb nelle Linee Guide ESC) tuttavia il suo utilizzo di routine è chiaramente controindicato dalle medesime Linee Guide (classe III).

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