Dalla letteratura internazionale

Quanti pazienti guariti da COVID-19 presentano alterazioni cardiache alla risonanza magnetica e quali sono le correlazioni con l’infezione?

In pazienti affetti da COVID-19 è stata segnalata l’insorgenza di complicanze cardiovascolari acute, anche in pazienti precedentemente non affetti da patologie cardiache. Inoltre, un incremento patologico di troponina (hsTN) indicativo di “myocardial injury” si verifica frequentemente. Le cause possono essere diverse, dalla rottura di placca coronarica su base infiammatoria con successiva trombosi, “stress” miocardico da elevata portata circolatoria, endotelite sistemica, sino a una miocardite fulminante, ritenuta responsabile dell’exitus in circa il 7% dei casi letali. Inoltre, è stata dimostrata un’infiltrazione a livello miocardico di cellule infiammatorie mononucleari interstiziali.

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Risultati dell’angioplastica primaria nei pazienti STEMI in era COVID: una ampia esperienza europea.

Alcune osservazioni nel corso dell’anno scorso avevano segnalato come, durante l’esplosione della pandemia da COVID-19, il numero di pazienti presentatisi per infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) negli ospedali fosse notevolmente diminuito e la mortalità aumentata a motivo di una maggior frequenza di accessi tardivi. La causa invocata per tale fenomeno è la paura del contagio da SARS-CoV-2.

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Quale inibitore del P2Y12 associare ad ASA nei pazienti con coronaropatia stabile trattati con angioplastica coronarica?

L’infarto periprocedurale è una non rara complicanza degli interventi di angioplastica coronarica (PCI) in pazienti con coronaropatia stabile. Nello studio ISCHEMIA gli infarti periprocedurali hanno avuto un peso rilevante, se non decisivo, nel computo degli eventi a carico della strategia interventistica in confronto a quella conservativa.

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Stenosi aortica asintomatica: quando sostituire la valvola?

Le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) raccomandano la sostituzione valvolare (sia essa chirurgica o mediante procedura TAVI) nei pazienti con stenosi aortica severa sintomatica, mentre in assenza di sintomi le indicazioni all’intervento appaiono più sfumate, tranne quando coesista una depressione della funzione ventricolare sinistra o quando il test da sforzo induca sintomi chiaramente riferibili alla patologia valvolare (classe I evidenza C).

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Dobbiamo rivascolarizzare i pazienti con coronaropatia stabile e disfunzione ventricolare sinistra non severa? Un’analisi dello studio ischemia

Lo studio ISCHEMIA recentemente pubblicato, non ha mostrato differenza di outcome (a una mediana di follow-up di 3.2 anni) tra pazienti con segni di ischemia miocardica moderata o severa (valutata a uno stress test) e randomizzati a una strategia conservativa (rivascolarizzazione solo in caso di fallimento della terapia medica) o invasiva (rivascolarizzazione a tutti i pazienti quando possibile).

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Dobbiamo somministrare il betabloccante nei pazienti con infarto miocardico non complicato da scompenso cardiaco sottoposti a rivascolarizzazione miocardica?

La prescrizione di betabloccante dopo un infarto miocardico in assenza di scompenso cardiaco è una prassi consolidata tra i cardiologi, supportata dalle Linee Guida, ma non presenta dati di evidenza solida a suo favore nei pazienti trattati con rivascolarizzazione miocardica sia percutanea che chirurgica. Gli studi osservazionali dai risultati contrastanti e un solo studio randomizzato, peraltro sottodimensionato, non permettono di esprimere un giudizio definitivo al riguardo.

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Controllo del ritmo o controllo della frequenza nella fibrillazione atriale non valvolare a elevato rischio? Dipende anche dal momento dell’intervento

La problematica della strategia del trattamento nella fibrillazione atriale non valvolare è da sempre di attualità: se cioè sia meglio perseguire l’ottenimento del ritmo sinusale mediante cardioversioni anche ripetute, uso di farmaci antiaritmici per il mantenimento del ritmo e, attualmente, procedure di ablazione transcatetere, ovvero ci si possa limitare a controllare i sintomi, utilizzando farmaci per il controllo della frequenza, accettando che la fibrillazione possa persistere.

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