Dalla letteratura internazionale

Supporto circolatorio meccanico con ECMO in pazienti con infarto miocardico in shock cardiogeno: inefficace e non privo di complicanze. I risultati dello studio ECLS-SHOCK.

Lo shock cardiogeno rappresenta la più frequente causa di mortalità nei pazienti con infarto acuto del miocardio. Il tasso di mortalità è tuttora molto elevato, tra il 40% e 50% dei casi, e non si è modificato nel corso degli ultimi anni nonostante i progressi ottenuti nel trattamento delle sindromi coronariche acute. Recentemente nella pratica clinica si è sempre più diffuso il ricorso all’ECMO , che fornisce un supporto sia circolatorio che respiratorio al paziente. L’efficacia e la sicurezza di questa procedura, tuttavia, non è stata studiata in un trial randomizzato di ampie dimensioni.

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Ischemia residua dopo trattamento percutaneo del tronco comune in biforcazione: valore prognostico

l trattamento delle lesioni distali del tronco comune (LM) mediante PCI è spesso associato a ischemia residua individuata in base a una FFR patologica al termine della procedura (16.9% a livello della arteria circonflessa), un dato che ha valore prognostico negativo . Il “Quantitative flow ratio” (μQFR) è un indice angiografico di fisiologia coronarica basato sulla legge di Murray (che regola il flusso tra ramo principale e rami secondari di una biforcazione) e che si avvale di algoritmi che utilizzano l‘intelligenza artificiale . L’utilizzo di indici fisiologici angiografici offre notevoli vantaggi rispetto alla classica misurazione della FFR, in quanto semplifica l’indagine riducendone i tempi, evitando l’infusione di adenosina e il passaggio di guidine attraverso segmenti trattati con stent.

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Ischemia miocardica in assenza di coronaropatia ostruttiva (INOCA): i dati dello studio ISCHEMIA

I pazienti con ischemia miocardica documentata e assenza di coronaropatia ostruttiva significativa (INOCA), sono di frequente riscontro nella pratica clinica. Essi hanno un rischio di mortalità a 10 anni del 13% rispetto al 2.8% dei soggetti asintomatici di pari età. Non è noto, tuttavia, quale sia in questi pazienti la relazione tra severità dell’ischemia riscontrata ed estensione e grado della eventuale malattia coronarica aterosclerotica presente.

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Stent ricoperti di titanio-ossido nitrico: una alternativa agli stent a rilascio di farmaco?

Gli stent a maglie molto sottili di cobalto cromo ricoperti di titanio che espongono ossido nitrico verso il lume vasale (TiNO coated) – noti anche come “stent bioattivi”- mostrano una più rapida endotelizzazione rispetto agli stent medicati a rilascio di everolimus (EES) e si sono dimostrati “non-inferiori” rispetto a questi ultimi in uno studio con un follow-up di 12 mesi in pazienti con sindrome coronarica acuta. I risultati clinici a lungo termine non sono tuttavia noti.

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Infiammazione del tessuto adiposo pericoronarico: significato della sua individuazione alla TC coronarica

L’infiammazione svolge un ruolo rilevante nella formazione della placca aterosclerotica e nei processi che portano alla instabilizzazione e rottura, substrato fisiopatologico delle sindromi coronariche acute (ACS – 1). L’infiammazione può cambiare le caratteristiche del tessuto adiposo circostante, che sono individuate dalla CT coronarica (CTA) come modificazione del grado di attenuazione (riduzione dei valori densitometrici) del grasso perivascolare che presenta valori meno negativi di unità Hounsfield [HU] (più vicini a -30 HU), rispetto a quello lipidico che è invece caratterizzato da valori HU più negativi (vicini a -190 HU).

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Terapia antitrombotica post-TAVI: è possibile farne a meno?

Le Linee guida ESC raccomandano una terapia antitrombotica con singolo antipiastrinico (ASA) nei pazienti sottoposti a TAVI sulla base dello studio POPular TAVI e di alcune meta-analisi. Tuttavia, i pazienti anziani con rischio emorragico elevato (HBR) potrebbero avere complicanze emorragiche pur se in terapia con sola ASA. L’outcome di tali pazienti, se dimessi senza terapia antitrombotica, non è stato sinora riportato.

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Studi di non-inferiorità per valutare stent coronarici di nuova generazione: quanto sono attendibili?

Gli studi che utilizzano criteri di non inferiorità dovrebbero confrontare un nuovo trattamento (sia esso un farmaco, un device o una strategia terapeutica) con un altro di uso consolidato, nei confronti del quale si pensa che il nuovo trattamento abbia la stessa efficacia, ma possa dare benefici in termini di safety, minor costo o maggiore accessibilità. Il punto critico di questi studi consiste nei margini di non-inferiorità, che stabiliscono i confini entro i quali si può ragionevolmente accettare che il nuovo trattamento possa essere meno efficace di quello standard. Questi margini possono essere espressi in termini relativi (come valore di hazard ratio e suoi livelli di confidenza), oppure in termini assoluti (generando tuttavia un problema di attendibilità delle conclusioni quando l’incidenza degli eventi osservati nei gruppi “controllo” è inferiore rispetto a quella attesa). Questi studi di non-inferiorità sono stati ampiamente utilizzati per confrontare stent coronarici di nuova generazione con quelli già approvati di uso comune.

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Meno stent e più palloni medicati: come potrebbe cambiare la PCI nei pazienti multivasali

L’uso di stent multipli e stent lunghi (anche in era DES di nuova generazione) durante le procedure di PCI, soprattutto nei pazienti multivasali, comporta un aumento di trombosi e di “target vessel failure” (TVF), cioè un composito di morte cardiaca, infarto miocardico e necessità di nuova rivascolarizzazione correlata al vaso trattato. Una strategia che utilizzi con parsimonia i DES e per alcune lesioni i “drug-coated balloons” (DCB), è stata proposta come alternativa all’uso estensivo di DES, ma mancano dati provenienti da ampie casistiche e da studi di confronto tra le due strategie.

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Trattamento dell’insufficienza mitralica degenerativa mediante tecnica transcatetere.

L’insufficienza mitralica (i.m.) su base degenerativa colpisce circa il 10% della popolazione anziana e il suo trattamento è solitamente chirurgico, consistendo in un intervento di riparazione valvolare. Tuttavia, i pazienti con età avanzata presentano spesso delle comorbilità che rendono la chirurgia ad alto rischio o addirittura la sconsigliano. L’alternativa è l’intervento percutaneo di riparazione valvolare attraverso l’impianto di clip per la riparazione transcatetere edge-to-edge. Non ci sono tuttavia molti dati a disposizione per valutarne l’efficacia e la sicurezza.

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Strategia di de-escalation della terapia antipiastrinica nei pazienti con sindrome coronarica acuta: una scelta vincente?

Nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS), la de-escalation è una strategia di terapia antipiastrinica che consiste in un trattamento iniziale con ASA associata a un inibitore potente del recettore P2Y12 (ticagrelor o prasugrel fulldose) seguita da uno “switch” a un inibitore meno potente (clopidogrel o prasugrel lowdose). Essa si basa sull’osservazione che il rischio ischemico in questi pazienti è elevato nel periodo immediatamente successivo alla fase acuta, per diminuire progressivamente nelle fasi successive, mentre il rischio emorragico resta costante. L’efficacia e la sicurezza di questa strategia è stata oggetto di alcune metanalisi, basate sui risultati globali dei vari studi inclusi (study-level analyses), i cui esiti sono tuttavia inficiati dall’eterogeneità delle casistiche e dall’impossibilità di approfondire il rischio ischemico ed emorragico dei pazienti inseriti. Le metanalisi basate, invece, sui dati di tutti i pazienti (patient-level analyses) permettono di ottenere maggiori informazioni e di individuare gruppi di pazienti che potrebbero meglio rispondere clinicamente a questa strategia terapeutica.

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