Studio internazionale condotto in 22 centri (prevalentemente canadesi e statunitensi) su 416 pazienti seguiti per una mediana di 4.3 anni, volto a verificare se un intervento di ablazione transcatetere fosse più efficace della terapia medica nel trattamento iniziale di pazienti con tachicardia ventricolare (TV). Il ricorso all’ablazione in caso di fallimento della terapia medica con antiaritmici è raccomandato dalle Linee Guida[1]Cronin EM, Bogun FM, Maury P, et al. 2019 HRS/EHRA/APHRS/LAHRS expert consensus statement on catheter ablation of ventricular arrhythmias. Heart Rhythm 2020;17: e2-e154., ma non è noto se la terapia ablativa possa essere il trattamento iniziale di questi pazienti. I criteri di arruolamento erano un infarto miocardico pregresso e la presenza di TV, clinicamente significativa (storm o sostenuta, terminata con trattamento di emergenza). I pazienti erano randomizzati a terapia ablativa (entro 14 giorni dalla randomizzazione, n = 203) o a terapia medica (n = 213, di cui 104 trattati con sotalolo e 109 trattati con amiodarone). Tutti i pazienti avevano un impianto di ICD. L’età media era di 68 anni, l’infarto si era mediamente verificato 14 anni prima, la FE media era 34%. La randomizzazione nei pazienti in terapia medica era eseguita per blocchi stratificati a eleggibilità a sotalolo o amiodarone e per centro partecipante. L’endpoint primario, testato per superiorità (morte per ogni causa, storm di TV, intervento appropriato di ICD o di pacing antitachicardico, TV sostenuta al di sotto del limite di riconoscimento dell’ICD) si è verificato nel 50.7% dei pazienti assegnati ad ablazione e nel 60.6% dei pazienti assegnati alla terapia medica (hazard ratio, 0.75; 95% confidence intervals 0.58 – 0.97; P=0.03) (Figura).
Non veniva osservata alcuna differenza tra i due gruppi per quanto riguardava la mortalità per ogni causa (22.2% vs 25.4%, HR 0.84, 95% CI 0.56–1.24) e gli storm di TV dopo 14 giorni (21.7 vs 23.5, HR 0.95, 95% CI 0.63–1.42). Per quanto riguardava l’analisi di sottogruppi (da considerare tuttavia con grande cautela vista la modesta numerosità dello studio) i migliori risultati venivano ottenuti con l’ablazione rispetto alla terapia medica iniziale nei pazienti trattati con sotalolo, ma non in quelli trattati con amiodarone (rispettivamente HR 0.64, 95% CI 0.43–0.94; HR 0.86, 95% CI 0.61–1.22) e nei pazienti anziani piuttosto che nei giovani (rispettivamente HR 0.66, 95% CI 0.46–0.93; HR 0.86, 95% CI 0.58–1.27).
Per quanto riguardava la safety, venivano riscontrati eventi avversi seri nel 28.1% dei pazienti ablati e nel 30.5% di quelli in terapia medica. Durante il trial sono state eseguite 240 proce-dure ablative in 200 dei 203 pazienti assegnati all’ablazione e 79 procedure in 63 dei 213 pazienti nel gruppo terapia medica. Si sono avuti incidenti correlati all’ablazione in 5 pazienti (due decessi, due stroke, 1 perforazione ventri- colare). Tra i pazienti in terapia medica, 1 paziente è deceduto per effetti tossici polmonari e 7 hanno avuto infiltrati polmonari o fibrosi: globalmente, il 21.6% dei pazienti in terapia medica ha dovuto sospendere i farmaci, contro il 3.4% dei pazienti assegnati all’ablazione. Gli Autori concludono che in questa popola- zione ad altissimo rischio (durante il follow-up di 4.3 anni il 24% dei pazienti è deceduto, il 26% ha avuto storm di TV, il 37% ha ricevuto almeno uno shock da ICD e l’11% ha avuto una TV sostenuta al di sotto del limite di riconoscimento del dispositivo), una strategia iniziale di ablazione ha comportato una minor incidenza di un endpoint primario composito (morte per ogni causa, storm di TV, intervento appropriato di ICD o di pacing antitachicardico, TV sostenuta al di sotto del limite di riconoscimento dell’ICD) rispetto alla terapia medica.
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