L’ospedalizzazione è un noto predittore di rischio nei pazienti con scompenso cardiaco, ma il suo ruolo prognostico nello scompenso cardiaco avanzato è ancora incerto. In questo studio dal registro multicentrico HELP-HF (che ha incluso pazienti consecutivi con insufficienza cardiaca e almeno un marker “I NEED HELP” ad alto rischio), l’endpoint primario era il composito di mortalità per tutte le cause e il primo ricovero per insufficienza cardiaca. Nella popolazione totale (1.149 pazienti, età media 75 ± 11.5 anni, 67% uomini, frazione di eiezione ventricolare sinistra [LVEF] mediana 35%), 777 (67.6%) erano ricoverati al momento dell’arruolamento. Rispetto ai pazienti ambulatoriali, i pazienti ricoverati presentavano una LVEF inferiore e peptidi natriuretici più elevati. L’endpoint primario dello studio si è verificato nel 51% dei pazienti ricoverati rispetto al 37% dei pazienti ambulatoriali (hazard ratio 1.70, intervallo di confidenza (CI) al 95% 1.39-2.07, P<0.001) a 1 anno. All’analisi multivariata, l’ospedalizzazione era associata a un rischio più elevato dell’endpoint primario (hazard ratio aggiustato 1.54, 95% CI 1.23-1.93, P<0.001). Nei pazienti ricoverati, l’età avanzata, l’ipotensione arteriosa, i criteri di definizione di scompenso cardiaco avanzato e la disfunzione renale sono risultati predittori indipendenti dell’endpoint primario. In conclusione, l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nei pazienti con almeno un marker “I NEED HELP” ad alto rischio è associata a una prognosi estremamente sfavorevole che supporta la necessità di interventi specifici in questi pazienti, come il supporto circolatorio meccanico o il trapianto cardiaco.
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