È necessario anticoagulare i pazienti con parossismi di fibrillazione atriale dopo intervento di bypass aortocoronarico?

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Anticoagulation for post-operative atrial fibrillation after isolated coronary artery bypass grafting: a meta-analysis.

Van de Kar MRD, van Brakel TJ, van’t Veer M, et al.

Eur Heart J 2024; 45, 2620–2630. doi:10.1093/eurheartj/ehae267.

Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

Parossismi di fibrillazione atriale sono abbastanza frequenti nei pazienti sottoposti a intervento di bypass aortocoronarico (CABG) e sono pari al 15%-42% nelle varie casistiche[1]Bramer S, van Straten AHM, Soliman Hamad MA, Berreklouw E, Martens EJ, Maessen JG. The impact of new-onset postoperative atrial fibrillation on mortality after coronary artery bypass … Continua a leggere. Solitamente, l’aritmia compare in seconda giornata ed è di breve durata. Le linee guida non forniscono indicazioni precise in questi pazienti per l’assenza di studi randomizzati[2]Hindricks G, Potpara T, Dagres N, opean Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS): the task force for the diagnosis and management of atrial fibrillation of the European Society of Cardiology … Continua a leggere. Esse suggeriscono di considerare la profilassi con terapia anticoagulante a lungo termine sulla base del profilo di rischio del paziente. Il suo beneficio, in rapporto agli effetti collaterali, appare discutibile.

Lo studio in esame

In questa meta-analisi sono stati inclusi 28 studi  osservazionali  in  pazienti  operati  di bypass aortocoronarico (non associato ad altra tipologia di intervento, come sostituzione valvolare etc.). L’incidenza di fibrillazione atriale post-operatoria (POAF) è stata del 23.7%. L’utilizzo di anticoagulante (prevalentemente warfarin nel 63% dei casi ) è stato praticato nel 15.5% dei pazienti. I pazienti POAF, a un follow-up mediano di 4.6 anni, avevano eventi tromboembolici e mortalità ospedaliera più elevati che i pazienti non-POAF  (rispettivamente  2.6%  e  2.0% versus 1.2% e 1.2%), come mostra la Tabella. L’outcome  clinico,  stratificato  per  utilizzo o meno di terapia anticoagulante, non ha mostrato alcuna differenza per quanto riguardava gli eventi tromboembolici (p>0.05) e la mortalità in presenza di una elevata eterogeneità dei risultati.  Il  bleeding  era  significativamente ridotto nei pazienti non trattati rispetto agli anticoagulati con indice di eterogeneità = 0).

Take home message

Dopo un intervento di CABG, le complicanze nei pazienti  che  sviluppano  fibrillazione atriale nel follow-up sono basse. La terapia anticoagulante si associa a un maggior rischio emorragico.

Interpretazione dei dati

Il dato più sorprendente di questa analisi è la pochezza dei dati a disposizione e la loro modesta qualità. Infatti, non vi è uno studio  randomizzato  che  abbia  affrontato questa problematica clinica (per quanto sia frequentemente riscontrabile) e anche gli studi osservazionali intrapresi raramente mostrano dati di outcome a medio/lungo termine, in particolare  quelli  riguardanti  la  prognosi dei pazienti sottoposti o meno a terapia anticoagulante. Il merito maggiore dello studio presentato è quello di aver evidenziato questa povertà di informazioni, dove offrire delle raccomandazioni di trattamento (in particolare la necessità di terapia anticoagulante) risulta pressochè  proibitivo.  Possiamo  tuttavia osservare che i pazienti che presentano POAF hanno un decorso clinico intra-ospedaliero e a distanza peggiore rispetto ai pazienti che non manifestano l’aritmia, anche se le differenze osservate sono abbastanza modeste (Tabella).  Benchè  gli  studi  a  disposizione per valutare l’efficacia e la sicurezza della terapia anticoagulante siano davvero pochi (e soprattutto datati per la prevalenza di trattamento con warfarin rispetto ai DOAC), non sembra emergere un vantaggio clinico in termini di eventi tromboembolici e mortalità, a fronte di un inevitabile maggior rischio emorragico. Tuttavia, sulla base di questi dati appare azzardato  esprimere  giudizi  (e  soprattutto conclusioni di carattere terapeutico), tenuto conto che, con ogni verosimiglianza, i pazienti trattati con anticoagulante avessero CHADS- VASc score più elevati dei non trattati, e quindi mostrassero un profilo di rischio clinico maggiore.  Al  momento  appare  prudente riservare l’anticoagulazione a quei pazienti che presentano caratteristiche cliniche e strumentali che li pongono in una categoria elevata di recidiva aritmica e di rischio tromboembolico elevato. È in corso lo studio PACES che randomizzerà 3.200 pazienti con POAF post- CABG, a terapia anticoagulante (con DOAC o antagonista della vitamina K) in associazione a singola terapia antipiastrinica versus sola terapia antipiastrinica.

Bibliografia

Bibliografia
1 Bramer S, van Straten AHM, Soliman Hamad MA, Berreklouw E, Martens EJ, Maessen JG. The impact of new-onset postoperative atrial fibrillation on mortality after coronary artery bypass grafting. Ann Thorac Surg 2010;90:443–9.https://doi.org/10.1016/j. athoracsur.2010.03.083.9
2 Hindricks G, Potpara T, Dagres N, opean Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS): the task force for the diagnosis and management of atrial fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC) developed with the special contribution of the European Heart Rhythm Association (EHRA) of the ESC. Eur Heart J 2021;42:373–498. https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehaa612

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