Efficacia del trattamento delle emorragie in pazienti che assumono anticoagulanti orali diretti.

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Indice

Inquadramento

Sempre maggiore è l’utilizzo dei farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), ma anche più frequenti sono le urgenze rappresentate dalle emorragie nei pazienti trattati, forse per il maggior ricorso all’anticoagulazione nei pazienti in cui essa è indicata rispetto agli anni in cui solo gli inibitori della vitamina K erano disponibili[1]Alfirevic A, Downing J, Daras K, et al. Has the introduction of direct oral anticoagulants (DOACs) in England increased emergency admissions for bleeding conditions? A longitudinal ecological study. … Continua a leggere. È perciò essenziale, per il clinico, avere dati sull’efficacia del trattamento disponibile in questi casi, dal concentrato di complesso protrombinico a 4 fattori (4PCC) all’utilizzo di antidoti specifici come idarucizumab per dabigatran e andexanet alfa per gli inibitori del fattore Xa.

Lo studio in esame

Gli Autori hanno condotto una meta-analisi di 60 studi (per lo più retrospettivi) che hanno riportato l’outcome di 4.735 pazienti (età media 77 ± 3.5 anni) con emorragie severe (55% intracraniche), occorse durante trattamento con DOAC, sottoposti a terapia sia con 4PCC (n=2.688) che con antidoti specifici (idarucizumab n=1.111; andexanet alfa n=936). La mortalità è stata 17.7% (95% confidence interval [CI]: 15.1% to 20.4%) più elevata in caso di emorragia intracranica (20.2%), che nei pazienti con emorragia extracranica (15.4%). L’incidenza di tromboembolismo (sia arterioso che venoso) è stata del 4.6% (95% CI: 3.3% to 6.0%), particolarmente elevata con andexanet alfa (10.7%; 95% CI: 6.5% to 15.7%) come mostrato dalla Tabella. Una emostasi efficace è stata osservata nel 78.5% dei casi, senza differenze tra i vari agenti utililizzati. Una successiva emorragia si è verificata nel 13.2% dei casi (emorragia intracranica nell’82% di questi), soprattutto alla reintroduzione della terapia anticoagulante (ripresa nel 57% dei casi). Il rischio di mortalità era più elevato nei pazienti in cui non si raggiungeva una emostasi adeguata (rischio relativo: 3.63; 95% CI: 2.56 to 5.16).

Take home message

Il rischio di mortalità da emorragia severa durante trattamento con DOAC appare elevata anche utilizzando agenti che favoriscono l’emostasi. La mortalità tuttavia appare correlata al mancato raggiungimento di una emostasi efficace. L’incidenza di tromboembolismo appare particolarmente alta utilizzando andexanet alfa.

Interpretazione dei dati

Gli Autori osservano che i dati di mortalità riportati in questa meta-analisi si raffrontano favorevolmente rispetto a quelli osservati negli studi iniziali, in cui i DOAC non avevano ancora antidoti specifici (mortalità osservata per le emorragie intracraniche 37.5%- 49%). A fronte di ciò, tuttavia, l’incidenza di disabilità moderato/severa appare tuttora elevata (66% con Rankin score modificato tra 4 e 6). Un’incidenza maggiore di eventi tromboembolici con andexanet potrebbe essere dovuta all’aumentata generazione di trombina associata all’uso di questo antidoto, ma è necessaria cautela nell’interpretazione di questi dati, in assenza di confronti diretti con 4PCC. Gli Autori, infine, affermano che i loro dati suggeriscono cautela nella reintroduzione della terapia anticoagulante, contrariamente a quanto riportato da un documento ESC, che consiglia la reintroduzione di terapia anticoagulante quando il rischio trombotico eccede il rischio emorragico, mediamente dopo una settimana dall’evento emorragico[2]Halvorsen S, Storey RF, Rocca B, et al. Management of antithrombotic therapy after bleeding in patients with coronary artery disease and/or atrial fibrillation: expert consensus paper of the European … Continua a leggere.

L’opinione di Marco Cattaneo

Università degli Studi di Milano

Gli eventi emorragici gravi rappresentano le più temute complicanze della terapia anticoagulante orale. Essi possono essere la causa diretta, a breve termine, o indiretta, a più lungo termine, di morte del paziente. Gli eventi emorragici più temuti sono quelli che si verificano in sedi critiche (es. emorragie intracraniche, emorragie oculari), poiché, oltre all’associato elevato rischio di mortalità a breve termine, possono causare gravi disabilità permanenti nei sopravvissuti. Al fine di ridurre il rischio di gravi conseguenze associato con le più severe complicanze emorragiche, è necessario intervenire nel più breve tempo possibile con misure atte a ridurre o annullare l’effetto antiemostatico degli anticoagulanti orali. Come è noto, negli ultimi anni l’uso degli anticoagulanti orali indiretti, o antagonisti della vitamina K (AVK), è molto calato, in conseguenza dell’introduzione sul mercato dei DOAC, che inibiscono direttamente la trombina (dabigatran) o il fattore Xa (apixaban, edoxaban, rivaroxaban). Da parecchi anni esistono uno specifico antidoto (vitamina K) e una specifica terapia sostitutiva (concentrati del complesso protrombinico, PCC) per il trattamento delle emorragie in corso di terapia con AVK. Antidoti specifici per i DOAC sono invece stati introdotti solo da pochi anni: idarucizumab, per il dabigatran, e andexanet per gli inibitori del FXa. In assenza di questi antidoti specifici, le emorragie gravi in corso di DOAC sono trattate con presidi aspecifici, prevalentemente con 4PCC. La metanalisi di Gómez-Outes et al. ha dimostrato una sostanziale parità di efficacia di 4PCC, idarucizumab e andexanet nel controllo delle emorragie gravi in corso di terapia con DOAC. Purtroppo, la qualità della grande maggioranza degli studi analizzati era piuttosto modesta: il rischio di bias è risultato basso solamente nei due grandi studi prospettici con idarucizumab[3]Pollack CV Jr., Reilly PA, van Ryn J, et al. Idarucizumab for dabigatran reversal — full cohort analysis. N Engl J Med 2017;377:431–41. e andexanet[4]Connolly SJ, Crowther M, Eikelboom JW, et al. Full study report of andexanet alfa for bleeding associated with factor Xa inhibitors. N Engl J Med 2019;380:1326–35., i cui risultati sono stati sostanzialmente confermati dalla meta-analisi. La maggior incidenza di complicanze tromboemboliche osservate in pazienti trattati con andexanet è di ardua interpretazione. È difficile definire quanto possa essere responsabile l’aumento transitorio della formazione di trombina, osservato dopo neutralizzazione dell’attività anti-FXa con andexanet. Ovviamente, bisogna considerare anche che la differente incidenza di complicanze tromboemboliche sia attribuibile a potenziali diverse condizioni cliniche e modalità di gestione dei pazienti reclutati, testimoniate anche dalla maggior incidenza di mortalità tra i pazienti trattati con andexanet. Uno studio comparativo in corso chiarirà meglio le cause di questi risultati. La mancanza di gruppi di controllo nella maggior parte degli studi analizzati, rende difficile quantificare l’entità del vantaggio terapeutico offerto da questi presidi. Il confronto indiretto con i dati di mortalità da emorragia intracranica, osservati in pazienti trattati con DOAC, suggerirebbe una riduzione della mortalità di circa il 50%: tuttavia, questo dato va preso con le dovute precauzioni, data la natura indiretta del confronto.

Bibliografia

Bibliografia
1 Alfirevic A, Downing J, Daras K, et al. Has the introduction of direct oral anticoagulants (DOACs) in England increased emergency admissions for bleeding conditions? A longitudinal ecological study. BMJ Open 2020;10:e033357.
2 Halvorsen S, Storey RF, Rocca B, et al. Management of antithrombotic therapy after bleeding in patients with coronary artery disease and/or atrial fibrillation: expert consensus paper of the European Society of Cardiology Working Group onThrombosis. Eur Heart J 2017;38:1455–62.
3 Pollack CV Jr., Reilly PA, van Ryn J, et al. Idarucizumab for dabigatran reversal — full cohort analysis. N Engl J Med 2017;377:431–41.
4 Connolly SJ, Crowther M, Eikelboom JW, et al. Full study report of andexanet alfa for bleeding associated with factor Xa inhibitors. N Engl J Med 2019;380:1326–35.

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