Inquadramento
La durata della doppia terapia antiaggregante (DAPT) dopo una PCI con impianto di DES è tuttora oggetto di controversia. Le linee guida raccomandano 6 mesi per i pazienti con sindrome coronarica cronica (CCS) e 12 mesi per le sindromi coronariche acute (ACS). Tuttavia la durata può essere ridotta o prolungata a seconda della presenza di un elevato rischio emorragico o ischemico. Nonostante siano stati pubblicati molti lavori di confronto tra DAPT di differente durata, pochi studi hanno effettuato analisi che tengano conto della presentazione clinica (CCS vs ACS) e del rischio emorragico versus ischemico dei pazienti sulla base di score specifici.
Lo studio in esame
Studio intrapreso sui dati individuali di 15.083 pazienti sottoposti a impianto di stent, inclusi in 7 studi randomizzati che hanno confrontato una DAPT di 12 mesi versus una DAPT condotta per un periodo di 6 mesi o inferiore. Per ogni paziente è stato calcolato uno score di rischio ischemico (10 variabili: anemia, nefropatia cronica, arteriopatia periferica, pregressa PCI, pregresso bypass aortocoronarico, elevata reattività piastrinica, fumo, malattia coronarica complessa, diabete e ACS, queste due ultime variabili con un punteggio più elevato rispetto alle altre variabili) o emorragico (7 variabili: anemia, nefropatia cronica, reattività piastrinica ridotta, età avanzata, body mass index, terapia anticoagulante, quest’ultima con un punteggio più elevato delle altre variabili), derivato da una analisi di 8.665 pazienti inclusi nel registro ADAPT-DES. L’endpoint primario di efficacia (infarto miocardico e trombosi dello stent) non è risultato significativamente diverso tra i pazienti con DAPT di 1 anno versus DAPT ≤ 6 mesi (HR 0.87, 95% CI 0.61-1.24) così come l’endpoint di sicurezza (bleeding maggiore valutato con vari criteri utilizzati nei trial di riferimento: HR 1.61, 95% CI 0.99-2.62). Nella popolazione ad alto rischio emorragico (punteggio 4-13 dello score) il bleeding maggiore è risultato significativamente maggiore nei pazienti con DAPT di 1 anno rispetto ai pazienti con DAPT ≤ 6 mesi (HR 2.80, 95% CI 1.12–7.13) mentre gli eventi ischemici non sono risultati significativamente differenti. Tra i pazienti ad alto rischio ischemico (punteggio 7-16 dello score) nessuna differenza è stata riscontrata nei due gruppi sia per l’endpoint ischemico che emorragico (vedi Tabella). Nessun vantaggio significativo derivava dalla DAPT di 1 anno anche nei pazienti con ACS.
Take home message
Una DAPT di 1 anno non ha ridotto gli eventi ischemici rispetto ad una DAPT ≤ 6 mesi nell’intera popolazione di pazienti sottoposti ad impianto di DES, neppure in sottogruppi ad alto rischio ischemico e nei pazienti con ACS, ma ha aumentato i bleeding maggiori nei pazienti ad alto rischio emorragico.
Interpretazione dei dati
Tra le limitazioni dello studio gli autori riconoscono che pazienti ad alto rischio di eventi (soprattutto ischemici) come quelli con FE depressa, stenosi del tronco comune o STEMI non erano inclusi nello studio. Tale osservazione potrebbe giustificare il numero abbastanza ridotto di eventi osservati ad 1 anno nella presente analisi. Anche nei pazienti ACS (per due terzi rappresentata da pazienti con angina instabile) gli eventi erano numericamente modesti, indicando che si trattava di una popolazione selezionata a basso rischio. Ciò nonostante la DAPT ad 1 anno rispetto a ≤ 6 mesi ha ridotto del 28% gli eventi ischemici (infarto e trombosi dello stent) nei pazienti ACS con una differenza che tuttavia non ha raggiunto la significatività statistica, probabilmente per il numero insufficiente di pazienti inclusi. Tra le limitazioni dello studio, gli autori inoltre segnalano che la definizione di bleeding maggiore non era omogenea tra i vari studi considerati, di cui alcuni erano “open-label”, una condizione che può introdurre un bias nell’analisi dei risultati.
L’opinione di Piera Capranzano
Cardiologia, AOU Policlinico “G. Rodolico-San Marco”, Università di Catania.
I numerosi studi che hanno confrontato gli outcome associati a regimi di DAPT di diversa durata dopo una PCI e/o dopo una sindrome coronarica acuta si possono raggruppare in due gruppi principali[1]Khan SU, Singh M, Valavoor S, et al. Dual Antiplatelet Therapy After Percutaneous Coronary Intervention and Drug-Eluting Stents: A Systematic Review and Network Meta-Analysis. Circulation … Continua a leggere. Il primo gruppo di studi include quelli che hanno confrontato una durata massima di 12 mesi rispetto a periodi di DAPT più brevi (1-6 mesi). Tali studi hanno mostrato che un più breve periodo di DAPT è associato ad un minor rischio di sanguinamento senza apparente aumento dell’endpoint composito di eventi ischemici. All’opposto, il secondo gruppo di studi ha valutato l’effetto di un periodo prolungato di DAPT oltre i 12 mesi da una PCI o di una DAPT a lungo termine come strategia di prevenzione secondaria in pazienti stabili oltre i 12 mesi da un infarto miocardico acuto. Quest’ultimi studi hanno mostrato che un regime di DAPT prolungato è associato ad un beneficio clinico in termini di riduzione di eventi ischemici a prezzo di un più elevato rischio emorragico. Nel loro complesso, questi risultati hanno suggerito la necessità di individualizzare la durata della DAPT sulla base del rischio ischemico ed emorragico. Pertanto, la ricerca scientifica è stata recentemente indirizzata a realizzare dei sistemi di stratificazione del rischio sulla base dei quali decidere la terapia. Tuttavia, i dati sul beneficio clinico netto della DAPT di differente durata stratificati sulla base della valutazione del rischio sono ancora limitati[2]Costa F, Van Klaveren D, Feres F, et al.; PRECISE-DAPT Study Investigators. Dual Antiplatelet Therapy Duration Based on Ischemic and Bleeding Risks After Coronary Stenting. J Am Coll Cardiol … Continua a leggere. In tale contesto lo studio in esame aggiunge interessanti evidenze proponendo due modelli di punteggio separati, uno per stimare il rischio ischemico e uno per quello emorragico, e confrontando due periodi di DAPT di 12 mesi vs < 6 mesi in pazienti ad elevato rischio stratificati con i due score. Mentre i sanguinamenti sono stati ridotti dalla DAPT di più breve durata solo tra i pazienti classificati dallo score come ad elevato rischio emorragico, gli eventi ischemici sono stati simili tra i due periodi di DAPT confrontati sia nei pazienti con elevato rischio emorragico che in quelli ad elevato rischio trombotico. Quest’ultimo risultato relativo agli eventi ischemici deve essere interpretato nel contesto della popolazione su cui è stato testato lo score, che appare includere prevalentemente soggetti selezionati con caratteristiche anatomiche e procedurali di basso rischio. Anche il sottogruppo di pazienti definiti ad elevato rischio ischemico sulla base dello score (con un range ampio compreso tra 7 e 16 punti) presentavano chiaramente caratteristiche angiografiche e procedurali di bassa-intermedia complessità. Non si può escludere che in pazienti con malattia più complessa, in assenza di elevato rischio emorragico, una DAPT prolungata possa essere associata ad una maggiore efficacia e beneficio clinico netto, come precedentemente dimostrato[3]Costa F, Van Klaveren D, Feres F, et al.; PRECISE-DAPT Study Investigators. Dual Antiplatelet Therapy Duration Based on Ischemic and Bleeding Risks After Coronary Stenting. J Am Coll Cardiol … Continua a leggere. Pertanto, i risultati di efficacia nei pazienti definiti ad elevato rischio trombotico secondo lo score possono ragionevolmente essere considerati non generalizzabili a pazienti più complessi, per i quali non si potrebbe ancora mettere in discussione il ruolo di un regime di DAPT standard di almeno 12 mesi (attuale raccomandata in Classe I A), in assenza di un concomitante rischio emorragico elevato[4]Collet JP, Thiele H, Barbato E, et al. 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation Eur Heart J 2021;42:1289-1367.. Al contrario, i risultati che mostrano un migliore profilo di sicurezza senza apparente aumento dei rischi con una DAPT più breve tra i pazienti ad elevato rischio emorragico, suggeriscono la rilevanza della stratificazione del rischio emorragico per guidare la terapia antitrombotica. In particolare, i risultati presentati forniscono ulteriori evidenze a supporto del beneficio clinico netto di un regime di DAPT più corta tra i pazienti ad elevato rischio emorragico. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per migliorare i sistemi di stratificazione del rischio, soprattutto di quelli che riescono a bilanciare il rischio emorragico e ischemico[5]Urban P, Gregson J, Owen R, et al. Assessing the Risks of Bleeding vs Thrombotic Events in Patients at High Bleeding Risk After Coronary Stent Implantation: The ARC-High Bleeding Risk Trade-off … Continua a leggere. Infine, rimane ancora controverso se continuare con ASA o un inibitore orale del recettore piastrinico P2Y12 come monoterapia antipiastrinica dopo la sospensione di una DAPT, soprattutto se effettuata per un breve periodo. Diversi studi hanno recentemente confrontato la monoterapia con un inibitore orale del P2Y12 dopo un regime di DAPT breve (1-3 mesi) vs il trattamento standard con una DAPT prolungata della durata di 12 mesi, mostrando in generale un beneficio in termini di riduzione di sanguinamenti senza un apparente aumento degli eventi ischemici[6]Valgimigli M, Gragnano F, Branca M, et al. P2Y12 inhibitor monotherapy or dual antiplatelet therapy after coronary revascularisation: individual patient level meta-analysis of randomised controlled … Continua a leggere. Pertanto, la strategia di DAPT breve seguita dalla monoterapia con un inibitore orale del P2Y12 potrebbe essere una valida opzione antitrombotica, soprattutto nei pazienti ad elevato rischio ischemico ed emorragico. Nonostante questi dati appaiano promettenti, gli studi di confronto diretto tra le due monoterapie sono ancora limitati[7]Koo BK, Kang J, Park KW, et al. Aspirin versus clopidogrel for chronic maintenance monotherapy after percutaneous coronary intervention (HOST-EXAM): an investigator-initiated, prospective, … Continua a leggeresuggerendo la necessità di ulteriori dati per definire la monoterapia ottimale dopo la sospensione della DAPT.
Bibliografia[+]
↑1 | Khan SU, Singh M, Valavoor S, et al. Dual Antiplatelet Therapy After Percutaneous Coronary Intervention and Drug-Eluting Stents: A Systematic Review and Network Meta-Analysis. Circulation 2020;142:1425-1436. |
---|---|
↑2, ↑3 | Costa F, Van Klaveren D, Feres F, et al.; PRECISE-DAPT Study Investigators. Dual Antiplatelet Therapy Duration Based on Ischemic and Bleeding Risks After Coronary Stenting. J Am Coll Cardiol 2019;73:741-754. |
↑4 | Collet JP, Thiele H, Barbato E, et al. 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation Eur Heart J 2021;42:1289-1367. |
↑5 | Urban P, Gregson J, Owen R, et al. Assessing the Risks of Bleeding vs Thrombotic Events in Patients at High Bleeding Risk After Coronary Stent Implantation: The ARC-High Bleeding Risk Trade-off Model. JAMA Cardiol 2021;6:410-419. |
↑6 | Valgimigli M, Gragnano F, Branca M, et al. P2Y12 inhibitor monotherapy or dual antiplatelet therapy after coronary revascularisation: individual patient level meta-analysis of randomised controlled trials BMJ 2021;373:n1332. |
↑7 | Koo BK, Kang J, Park KW, et al. Aspirin versus clopidogrel for chronic maintenance monotherapy after percutaneous coronary intervention (HOST-EXAM): an investigator-initiated, prospective, randomised, open-label, multicentre trial. Lancet 2021;397:2487-2496. |
Accedi per leggere tutto l'articolo
Inserisci i dati del tuo account su Cardiotalk per accedere e leggere tutto il contenuto dell'articolo.
Se non hai un account, clicca sul pulsante registrati e verrai reindirizzato al portale Cardiotalk per la registrazione.