Insorgenza di emicrania dopo chiusura percutanea di difetto del setto interatriale: effetti della terapia antiaggregante.

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Indice

Inquadramento

Circa il 15% dei pazienti sottoposti con successo a chiusura percutanea di un difetto del setto interatriale (ASD), sviluppano emicrania nei primi mesi dopo l’intervento. Lo studio CANOA ha dimostrato l’efficacia di una doppia terapia antiaggregante (DAPT) a base di ASA e clopidogrel nel ridurre gli accessi emicranici a 3 mesi, rispetto alla terapia con ASA e placebo[1]Rodés-Cabau J, Horlick E, Ibrahim R, et al. Effect of clopidogrel and aspirin vs aspirin alone on migraine headaches after transcatheter atrial septal defect closure: the CANO Randomized Clinical … Continua a leggere. Tuttavia, non è chiara quale sia l’evoluzione di questi accessi di emicrania a un follow-up più prolungato.

Lo studio in esame

Lo studio CANOA ha randomizzato 171 pazienti sottoposti con successo a chiusura percutanea di ASD (con Amplatzer septal occluder device St Jude). I risultati a 3 mesi sono espressi nella Tabella.

Nei mesi successivi, dopo sospensione di clopidogrel a 3 mesi nel gruppo DAPT (mentre ASA continuava in 47 pazienti di entrambi i gruppi a 6 mesi e in 24/26 pazienti a 12 mesi) il numero dei pazienti con accessi di emicrania si riduceva notevolmente senza più differenza significativa tra i due gruppi (Tabella). Globalmente, il numero di pazienti con accessi emicranici si riduceva significativamente tra 6 mesi (n = 8, 4.7%) e 3 mesi (n = 27, 15.8%. OR 0.26; 95%CI 0.13-0.52; p<.001) così come tra 12 mesi (n = 4, 2.3%) e 3 mesi (OR 0.14; 95% CI, 0.05-0.37; p<.001).

Take home message

Gli accessi di emicrania di nuova insorgenza, dopo un intervento efficace di chiusura transcatetere di ASD, si riducono utilizzando una DAPT basata su clopidogrel e ASA nei primi tre mesi rispetto alla sola ASA, ma tendono poi a diradarsi spontaneamente nei mesi successivi senza fenomeni di rebound alla cessazione di clopidogrel.

Interpretazione dei dati

Gli Autori attribuiscono la patogenesi della emicrania, o a fenomeni di microembolismo a partenza dal device oppure a una allergia al nickel, il materiale di cui il dispositivo Amplatzer è costituito. A favore della prima ipotesi sono i risultati del trial che mostrano come una DAPT sia più efficace rispetto alla sola ASA nel ridurre l’incidenza del fenomeno nei primi 3 mesi successivi all’intervento. Peraltro, è stato dimostrato un aumento dei livelli ematici di nickel nei primi mesi dopo l’impianto di Amplatzer con successivo ritorno ai valori basali[2]Burian M, Neumann T,Weber M, et al. Nickelrelease, a possible indicator for the duration of antiplatelet treatment, from a nickel cardiac device in vivo: a study in patients with atrial septal … Continua a leggere. Qualunque sia la patogenesi, tuttavia, è certo (e confortante) che il fenomeno è transitorio e che cessa con la completa endotelizzazione del device. Sono stati peraltro descritti casi in cui l’emicrania persisteva a lungo così da consigliare la rimozione del dispositivo in sede chirurgica[3]Fernandes P, Sharma S, Magee A, Michielon G, Fraisse A. Severe Migraine Associated With Nickel Allergy Requiring Surgical Removal of Atrial Septal Device. Ann Thorac Surg 2019;108:e183–4) … Continua a leggere. In questi casi, tuttavia, l’endotelizzazione del dispositivo risultava incompleta.

L’opinione di Achille Gaspardone

UOC di Cardiologia Ospedale San Eugenio-Roma

Uno degli aspetti più intriganti, associati alla chiusura dei difetti interatriali (difetto interatriale tipo ostium secundum e pervietà della fossa ovale, PFO) per via percutanea mediante l’utilizzo di dispositivi metallici, (i cosiddetti “ombrellini”) è la scomparsa e/o la comparsa di emicrania dopo la procedura. In questo contesto è necessario fare una distinzione importante, da un punto di vista clinico, per i diversi meccanismi fisiopatologici sottesi. Inizialmente, l’osservazione casuale che la chiusura del PFO determinava una consistente riduzione dell’intensità degli attacchi emicranici ha posto le basi per un’approfondita ricerca dell’associazione tra PFO ed emicrania. Nei pazienti con emicrania la prevalenza di PFO è 2-3 volte superiore rispetto ai controlli; viceversa, nei pazienti con PFO la prevalenza di emicrania è 2-5 volte superiore rispetto a quella riscontrata nei pazienti senza PFO. Inoltre, nei pazienti con PFO e pregresso ictus/TIA la prevalenza di emicrania è circa 3 volte superiore rispetto ai pazienti con ictus/TIA senza PFO. I meccanismi fisiopatologici che legano il PFO all’emicrania sono sconosciuti. Sono state avanzate varie ipotesi, tra le quali la più convincente è quella del passaggio diretto nella circolazione sistemica attraverso il PFO (bypassando così il catabolismo polmonare) di molecole in grado di scatenare l’attacco emicranico. In questo senso la presenza nel PFO non costituisce la causa dell’emicrania, bensì un fattore in grado di facilitare l’attacco emicranico favorendo una maggiore concentrazione di sostanze “trigger” a livello dei vasi cerebrali. Tra le più potenti molecole trigger, in grado di scatenare l’attacco emicranico, vi sono la serotonina, l’istamina ampiamente contenute nei granuli piastrinici. L’ipotesi è che l’attivazione piastrinica, legata al passaggio di sangue ad alta velocità (“shear stress”) attraverso il PFO, sia in grado di liberare direttamente nella circolazione sistemica una grossa quantità di molecole trigger in grado di scatenare l’attacco emicranico. La chiusura del PFO, quindi, non cura l’emicrania né costituisce pertanto una terapia eziologica ma, semplicemente, elimina un fattore patogenetico, variabile nei diversi individui e che contribuisce al raggiungimento del valore soglia. In alcuni pazienti il PFO, favorendo il passaggio di molecole “trigger”, potrebbe avere un ruolo facilitante nel raggiungimento della soglia emicranica; chiudendo il PFO, la soglia non verrebbe più raggiunta o raggiunta con maggior difficoltà. Recenti evidenze cliniche hanno documentato una buona efficacia degli inibitori del recettore piastrinico P2Y12 (farmaci antiaggreganti come Clopidogrel), nel ridurre o eliminare del tutto gli attacchi emicranici in pazienti con PFO; questo ha aperto la strada a una nuova ipotesi fisiopatologica: l’attacco emicranico potrebbe essere secondario all’attivazione e successiva degranulazione piastrinica, che si verifica come conseguenza dello shear stress da passaggio delle piastrine attraverso lo stretto canale del PFO. In studi non controllati ed esperienze di singoli centri, la chiusura transcatetere del PFO ha consistentemente determinato una risoluzione e/o un miglioramento dell’emicrania in circa l’80% dei pazienti Diverso è il meccanismo della comparsa dell’emicrania, dopo chiusura del difetto interatriale tipo ostium secundum. Generalmente, l’ampiezza della pervietà (tra due camere a bassa pressione) non è tale da creare vortici vascolari ad alto flusso in grado di attivare meccanicamente le piastrine, ma, al contrario, in questo caso sarebbe l’inserimento del dispositivo stesso a causare uno shear stress a livello della pervietà interatriale per mancanza di aderenza del waist (anello centrale) del dispositivo con il tessuto muscolare circostante. In pratica, si creerebbero delle correnti ad alto flusso, intorno al waist del dispositivo responsabili della attivazione piastrinica e conseguente liberazione di amine vasoattive responsabili dell’attacco emicranico. Tale situazione si riduce gradualmente con la progressiva endotelizzazione del dispositivo (3-6 mesi) fino a totale chiusura dei canali ad alto flusso. Questo spiegherebbe l’effetto anti-emicranico degli inibitori del recettore piastrinico P2Y12 come dimostrato dal lavoro di Wintzer-Wehekind J e coll., la cui efficacia si perderebbe dopo 3 mesi dall’impianto, allorquando la completa endotelizzazione del dispositivo porterebbe alla progressiva chiusura dei piccoli pertugi ad alto flusso. In conclusione, lo studio di Wintzer-Wehekind J oltre ad avere dei risvolti di pratica clinica utili nel riassicurare i pazienti sul carattere transitorio dell’emicrania post-procedura, offre interessanti spunti di riflessione sulla fisiopatologia dell’emicrania associata ai difetti del setto interatriale.

Bibliografia

Bibliografia
1 Rodés-Cabau J, Horlick E, Ibrahim R, et al. Effect of clopidogrel and aspirin vs aspirin alone on migraine headaches after transcatheter atrial septal defect closure: the CANO Randomized Clinical Trial. JAMA. 2015;314(20):2147-2154. doi:10.1001/ jama.2015.13919.
2 Burian M, Neumann T,Weber M, et al. Nickelrelease, a possible indicator for the duration of antiplatelet treatment, from a nickel cardiac device in vivo: a study in patients with atrial septal defects implanted with an Amplatzer occluder. Int J Clin Pharmacol Ther. 2006;44:107-112. doi:10.5414/CPP44107.
3 Fernandes P, Sharma S, Magee A, Michielon G, Fraisse A. Severe Migraine Associated With Nickel Allergy Requiring Surgical Removal of Atrial Septal Device. Ann Thorac Surg 2019;108:e183–4) DOI:https://doi.org/10.1016/j. athoracsur.2019.01.034.

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