Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia
Inquadramento
La strategia da applicare ai pazienti anziani (età ≥75 anni) con infarto miocardico senza sopraslivellamento persistente del tratto ST-NSTEMI- sia essa interventistica, cioè basata su angiografia ed eventuale rivascolarizzazione, oppure conservativa, basata sulla sola terapia medica iniziale, è ancora oggetto di discussione. Infatti, la popolazione anziana è molto eterogenea, in quanto alcuni pazienti possono presentare multiple co-patologie, oppure avere caratteristiche di fragilità che possono rendere problematico o rischioso procedere con un approccio interventistico. Le analisi dedicate a questi pazienti, a partire dall’Italian Elderly ACS trial, il primo studio randomizzato dedicato a questa popolazione pubblicato nel 2012[1]Savonitto S, Cavallini C, Petronio AS, et al. Early aggressive versus initially conservative treatment in elderly patients with non-ST-segment elevation acute coronary syndrome: a randomized … Continua a leggere, hanno dimensioni ridotte e le popolazioni incluse non avevano arruolato pazienti fragili o con alterazioni della funzione cognitiva. Una meta-analisi recente di questi studi ha concluso che una strategia interventistica riduce il rischio di un nuovo infarto miocardico e di una rivascolarizzazione urgente, mentre non ha alcun effetto sulla mortalità[2]Kotanidis CP, Mills GB, Bendz B, et al. Invasive vs. conservative management of older patients with non-ST-elevation acute coronary syndrome: individual patient data meta-analysis. Eur … Continua a leggere. Restano tuttavia alcuni aspetti oscuri, come il comportamento da tenere nei pazienti più complessi e con caratteristiche di fragilità.
Lo studio in esame
Lo studio SENIOR RITA è stato condotto in 48 centri inglesi e scozzesi e ha arruolato 1.518 pazienti “all comers” con diagnosi di NSTEMI ed età ≥75 anni. I pazienti sono stati randomizzati a una strategia conservativa (n=765) basata su una terapia medica ottimale, oppure interventistica (n=753), consistente in una coronarografia seguita da eventuale rivascolarizzazione. Lo studio è stato concepito come studio di superiorità di una strategia interventistica nei confronti di quella conservativa con una differenza assoluta del 4% per quanto riguarda l’endpoint composito (morte cardiovascolare e infarto miocardico). L’età media dei pazienti arruolati era 82.5 anni (poco meno di un terzo dei pazienti aveva una età => 85 anni), 45% erano donne. Il 20% dei pazienti era da considerarsi fragile sulla base della scala di Rockwood, mentre la funzione cognitiva valutata con il Montreal Cognitive Assessment era alterata in oltre il 60% dei pazienti e il valore mediano del Charlson comorbidity index score era =5. Un quarto circa dei pazienti era in terapia anticoagulante. Nei pazienti randomizzati alla strategia invasiva la coronarografia è stata eseguita nel 90% dei casi, seguita da rivascolarizzazione nel 49.9% dei casi (PCI 46.6%, bypass aortocoronarico nel 3.3%). La procedura (per via radiale nell’89% dei casi) è stata ben tollerata nella stragrande maggioranza dei pazienti con rare complicanze (vascolari nello 0.4% dei casi). L’outcome primario dello studio (morte cardiovascolare e infarto miocardico) si è verificato nel 25.6% dei pazienti sottoposti a strategia interventistica e nel 26.3% di quelli assegnati alla strategia conservativa (hazard ratio, 0.94; 95% confidence interval [CI], 0.77 – 1.14; P=0.53) a un follow-up mediano di 4.1 anni. Non è stata osservata alcuna differenza per quanto riguarda la morte cardiovascolare, mentre l’infarto miocardico e la necessità di rivascolarizzazione sono risultate significativamente maggiori nel gruppo trattato conservativamente (vedi Tabella).
Take home message
Nei pazienti anziani con NSTEMI, una strategia interventistica non ha ridotto significativamente un endpoint composito di morte cardiovascolare e infarto miocardico a un follow-up mediano di 4.1 anni.
Interpretazione dei dati
I risultati dello studio SENIOR RITA non si discostano da quelli ottenuti dalla meta-analisi dei 6 studi che lo hanno preceduto[3]Kotanidis CP, Mills GB, Bendz B, et al. Invasive vs. conservative management of older patients with non-ST-elevation acute coronary syndrome: individual patient data meta-analysis. Eur … Continua a leggere. La strategia invasiva, rispetto a quella conservativa, non riduce la mortalità nel paziente anziano con NSTEMI, ma diminuisce la probabilità di un nuovo infarto miocardico e la necessità di rivascolarizzazione. La novità fornita dal nuovo studio risiede, soprattutto, nell’estensione di questi risultati a una popolazione di “all comers” che includeva i pazienti di età molto avanzata (il paziente più anziano arruolato aveva 103 anni) fragili, con deficit cognitivo e multiple comorbilità. L’evidenza raggiunta dal SENIOR-RITA in questa popolazione NSTEMI, esclusa dai trial precedenti, rappresenta un notevole passo avanti nel suo trattamento, considerando anche la safety e la buona tollerabilità dimostrata nei sottoposti alle procedure invasive. La riduzione del rischio di infarto e della necessità di rivascolarizzazione può migliorare la qualità di vita di pazienti, già provati dalla coesistenza di morbilità multiple e talora da disabilità. L’assenza di un effetto sulla mortalità cardiovascolare a un follow-up di 4 anni è secondaria all’arruolamento nel SENIOR- RITA di pazienti molto anziani, avendo un terzo della popolazione randomizzata un’età uguale o superiore agli 85 anni: la strategia invasiva non fornisce l’immortalità! Tuttavia è interessante il dato, osservato nella analisi per sottogruppi, di una riduzione dell’endpoint primario (mortalità cardiovascolare e infarto miocardico) del 30% a favore della strategia interventistica rispetto a quella conservativa negli arruolati di età <80 anni, mentre non è stato riscontrato alcun effetto nei pazienti di età uguale o superiore a 80 anni. È questo un aspetto che la nuova meta- analisi che includerà, oltre al SENIOR RITA, tutti gli studi precedenti, dovrà mettere in luce.
Editoriale: “Sfide e opportunità nel trattamento del NSTEMI negli anziani: un’analisi del SENIOR-RITA trial”
A cura di: Stefano Savonitto, Clinica San Martino di Malgrate (LC)
L’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) ha caratteristiche ben definite all’interno del quadro delle Sindromi Coronariche Acute (SCA). Fin dalle prime definizioni prospettiche della sindrome, i pazienti con NSTEMI si sono caratterizzati per essere più anziani rispetto a quelli con STEMI, con una maggiore prevalenza di determinanti di rischio a lungo termine, quali diabete e insufficienza renale, pregresso infarto e rivascolarizzazioni, e con una coronaropatia più estesa[4]Savonitto S, Ardissino D, Granger CB, et al. Prognostic value of the admission electrocardiogram in acute coronary syndromes. JAMA 1999;281:707-13.. Queste caratteristiche differenziali persistono anche nella popolazione ottuagenaria, come dimostrato dai dati comparativi dei pazienti con STEMI e NSTEMI reclutati negli studi dedicati ai pazienti anziani con SCA[5]Morici N, Savonitto S, Ferri LA, et al. for the Elderly ACS 2 Investigators. Outcomes of elderly patients with STelevation or non-ST-elevation acute coronary syndrome undergoing percutaneous … Continua a leggere.Per tali motivi, nel lungo termine lo NSTEMI è stato finora considerato una sindrome a prognosi peggiore rispetto allo STEMI[6]Savonitto S, Ardissino D, Granger CB, et al. Prognostic value of the admission electrocardiogram in acute coronary syndromes. JAMA 1999;281:707-13.. Molte delle succitate caratteristiche sono predittori indipendenti di mortalità che, aggiunte all’età avanzata, rendono più difficile il miglioramento della sopravvivenza a seguito di un intervento terapeutico mirato come la rivascolarizzazione. Un altro aspetto che rende più complessa nello NSTEMI, rispetto allo STEMI, la dimostrazione di una strategia invasiva è la meno chiara evidenza di una lesione coronarica colpevole e trattabile. Nello NSTEMI la trombolisi non risolve il quadro clinico, e anche la dimostrazione di una superiorità della rivascolarizzazione, rispetto alla terapia medica, è stata molto problematica: mentre per ogni 100 coronarografie in corso di STEMI almeno 90 esitano in rivascolarizzazione immediata, nel NSTEMI solo la metà o poco più dei pazienti sottoposti a coronarografia riceveranno rivascolarizzazione, e questo anche negli studi più recenti, il 49.9% nel recente SENIOR-RITA trial[7]Kunadian V, Mossop H, Shields C, et al. British Heart Foundation SENIOR-RITA Trial Team and Investigators. Invasive Treatment Strategy for Older Patients with Myocardial Infarction. N Engl J … Continua a leggere (Older Patients with Non–ST-Segment Elevation Myocardial Infarction Randomized Interventional Treatment). Per questi motivi, il percorso verso la dimostrazione di una superiorità di una strategia precocemente invasiva con angiografia e, laddove fattibile, rivascolarizzazione nel paziente anziano con NSTEMI, iniziata nel 2008 con l’Italian Elderly ACS trial[8]Savonitto S, Cavallini C, Petronio AS, et al. Italian Elderly ACS Trial Investigators. Early aggressive versus initially conservative treatment in elderly patients with non-ST-segment elevation … Continua a leggere è stato molto complesso[9]Morici N, De Servi S, De Luca L, et al. Management of Acute Coronary Syndromes in Older Adults. Eur Heart J 2022;43:1542-53..Una recente individual patient data (IPD) metanalisi[10]Kotanidis CP, Mills GB, Bendz B, et al. Invasive vs. conservative management of older patients with non-ST-elevation acute coronary syndrome: individual patient data meta-analysis. Eur … Continua a leggere di 1.479 pazienti con NSTEACS (età media 84 anni, 89% con elevati valori basali di troponina) arruolati in 6 trial randomizzati condotti tra il 2008 e il 2021 non ha dimostrato una riduzione significativa dell’endpoint combinato di morte e infarto miocardico a un anno con la strategia invasiva, rispetto a quella conservativa (HR 0.87; 95% CI 0.63-1.22; P=0.43). Gli unici endpoint significativamente ridotti sono stati l’infarto miocardico (HR 0.65; 95% CI 0.44–0.87; P=0.006) e la necessità di rivascolarizzazione urgente (HR 0.41; 95% CI 0.18-0.95; P=0.037), senza differenze di mortalità.
Il SENIOR-RITA trial | In tale contesto va inserito il SENIOR-RITA trial[11]Kunadian V, Mossop H, Shields C, et al. British Heart Foundation SENIOR-RITA Trial Team and Investigators. Invasive Treatment Strategy for Older Patients with Myocardial Infarction. N Engl … Continua a leggere condotto nel Regno Unito tra il 2016 e il 2023 e interrotto leggermente prima del previsto numero di 1.668 pazienti, anche per l’intercorrente pandemia che ha inevitabilmente rallentato l’arruolamento nei 48 centri partecipanti. Circa un quinto dei 6.977 pazienti eleggibili sono stati randomizzati, con un totale di 1.518 partecipanti; l’età media, la percentuale di donne e la quota di casi trattati invasivamente è risultata pressochè sovrapponibile tra i pazienti randomizzati e quelli eleggibili ma non randomizzati per vari motivi. Lo studio ha molti aspetti encomiabili:
- ha arruolato solo pazienti con NSTEMI di tipo 1, eliminando il rumore di fondo dello NSTEMI secondario a cause emodinamiche, ipertensive o aritmiche (tipo 2);
- non ha escluso dall’arruolamento i pazienti fragili e quelli con copatologie o deterioramento cognitivo, conducendo in tutti i pazienti un importante valutazione multifunzionale che sarà patrimonio per successive analisi sull’impatto prospettico di queste condizioni prevalenti nei pazienti anziani;
- non ha escluso i pazienti con indicazione a terapia anticoagulante che hanno costituito circa il 23% della popolazione (12.5% del totale in terapia tripla con ASA, inibitore P2Y12 e anticoagulante orale);
- l’89% delle procedure è stato condotto con accesso radiale con complicanze procedurali in meno dell’1% dei pazienti.
Gli intervalli temporali tra ingresso e rivascolarizzazione percutanea, con una mediana 5 giorni (rispetto a 48 ore in Italian Elderly ACS trial), o chirurgica (3.35% dei casi), con una mediana di 18 giorni, sono stati più lunghi rispetto alle attuali Linee Guida che raccomandano un approccio invasivo entro 24-48 ore. Anche nel contemporaneo registro EYESHOT-2, condotto nelle UTIC italiane nel 2024, la mediana del tempo dal ricovero alla coronarografia nei pazienti con NSTEMI è stata di 22 ore[12]De Luca L, Maggioni AP, Cavallini C, et a. EYESHOT-2 Investigators. Clinical profile and management of patients with acute myocardial infarction admitted to cardiac care units: The EYESHOT 2 … Continua a leggere. I risultati mostrano che la strategia invasiva non ha ridotto né l’endpoint composito di morte cardiovascolare e infarto non fatale (HR, 0.94; 95% CI 0.77-1.14; P=0.53). La mortalità totale e quella cardiovascolare sono risultate simili nei due gruppi. Solo i rischi di reinfarto (HR 0.65; 95% CI 0.44-0.87) e successiva rivascolarizzazione (HR 0.26; 95% CI 0.17-0.39) si sono ridotti significativamente con l’approccio invasivo, confermando i dati della precedente metanalisi. Quando i pazienti di questo studio verranno integrati in una updated IPD metanalysis, preannunciata dalla Principal Investigator dello studio, renderanno ancora più solida l’evidenza che una strategia sistematicamente invasiva non riduce la mortalità nei pazienti anziani con NSTEMI. È possibile che una riduzione di mortalità sia un obiettivo non adatto a studi in popolazioni di età molto avanzata: nello studio SENIOR RITA, l’endpoint primario composito di morte cardiovascolare e infarto non fatale mostra un trend molto favorevole con l’approccio invasivo nei pazienti di età <80 anni (HR 0.70, 95% CI 0.46-1.07) a fronte di un risultato decisamente neutro in quelli di età >80 (HR 1.01, 95% CI 0.81-1.27). Per i motivi sopraddetti, questa conclusione non riguarda necessariamente la rivascolarizzazione, bensì una strategia che implica una probabilità di rivascolarizzazione in circa il 50% dei casi. Andrebbe valutato in maniera esplorativa l’outcome dei pazienti che fanno realmente la rivascolarizzazione in fase acuta. È presto per dire se i risultati di questo studio avranno un’impatto sulle Linee Guida[13]Byrne RA, Rossello X, Coughlan JJ, et al. 2023 ESC guidelines for the management of acute coronary syndromes: developed by the task force on the management of acute coronary syndromes of the European … Continua a leggere che, finora, hanno raccomandato di seguire nel paziente anziano con NSTEMI le stesse indicazioni valide nei pazienti più giovani. Di certo, i formidabili risultati dello studio FIRE[14]Cocco M, Campo G, Guiducci V, et al. Complete vs Culprit-Only Revascularization in Older Patients With Myocardial Infarction With or Without ST-Segment Elevation. J Am Coll Cardiol 2024 Aug … Continua a leggere, che ha mostrato una riduzione di mortalità con la rivascolarizzazione completa nei pazienti anziani con NSTEMI e coronaropatia multivasale, sono un incentivo almeno a fare la coronarografia in pazienti che non abbiano controindicazioni: il passo preliminare per accedere ai benefici della rivascolarizzazione rimane comunque la coronarografia non prevista nel braccio conservativo del SENIOR RITA trial. La sicurezza procedurale mostrata nello studio SENIOR-RITA è confortante a questo proposito. I recenti dati del registro nazionale EYESHOT-2 hanno mostrato che i Cardiologi delle UTIC italiane eseguono la coronarografia nel 95.7% dei pazienti con NSTEMI (di cui il 45% ha più di 75 anni) e angioplastica nel 73.3%[15] De Luca L, Maggioni AP, Cavallini C, et a. EYESHOT-2 Investigators. Clinical profile and management of patients with acute myocardial infarction admitted to cardiac care units: The … Continua a leggere, un approccio da cui sembra difficile rientrare pur con i dubbi confermati dal SENIOR-RITA trial.
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↑15 | De Luca L, Maggioni AP, Cavallini C, et a. EYESHOT-2 Investigators. Clinical profile and management of patients with acute myocardial infarction admitted to cardiac care units: The EYESHOT-2 registry. Int J Cardiol. 2024 Sep 28;418:132601. doi:10.1016/j.ijcard.2024.132601. Epub ahead of print. PMID: 39349282 |
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