PCI dei piccoli vasi: meglio lo stent o il pallone medicato al paclitaxel?

Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

Nei pazienti sottoposti a PCI su vasi di piccole dimensioni, gli eventi correlati all’impianto di stent, anche di ultima generazione, sono più frequenti che nei vasi di ampio calibro e non si esauriscono con il primo anno di follow-up[1]Van der Heijden LC, Kok MM, Danse PW, et al. Small-vessel treatment with contemporary newer-generation drugeluting coronary stents in all-comers: insights from 2-year DUTCH PEERS (TWENTE II) … Continua a leggere. In questi pazienti l’utilizzo di un pallone medicato al paclitaxel (DEB-P) offre una valida alternativa all’impianto di stent[2]Jeger RV, Farah A, Ohlow MA, et al. Drug-coated balloons for small coronary artery disease (BASKET-SMALL 2): an open- label randomised non-inferiority trial. Lancet 2018;392:849–56. … Continua a leggere; infatti, la presenza di un dispositivo metallico nella parete arteriosa può associarsi a un rischio continuo nel tempo di complicanze, che invece non sarebbero presenti utilizzando un DEB-P. Per verificare questo aspetto è stata condotta una metaanalisi di studi che hanno considerato gli eventi dopo PCI eseguita con le due tecniche.

Lo studio in esame

L’analisi è stata effettuata sui dati dei singoli pazienti inclusi in 3 trial randomizzati (BELLO, BASKET-SMALL 2 e PICCOLETO II) che hanno confrontato la PCI di piccoli vasi (diametro massimo del vaso di riferimento 3 mm) eseguita con impianto di stent oppure con DEB-P. Globalmente, sono stati inclusi 1.154 pazienti, prevalentemente con coronaropatia stabile (71%), di cui 582 trattati con DEB-P e 572 con DES. L’età media era di 67 anni, 36% erano diabetici e il 76% aveva una coronaropatia multivasale. I vasi sottoposti a PCI sono stati globalmente 1.360 con una mediana del diametro di 2.5 mm. Vi erano alcune differenze procedurali tra i due gruppi: la pre-dilatazione avveniva più frequentemente nel gruppo DEB-P (98.9% vs 93.4%; P<.001) con palloni di maggiore diametro (2.5 vs 2.2 mm; P=.030] gonfiati più a lungo (50.0 vs 20.0 sec.; P<.001) rispetto al gruppo DES. L’endpoint primario a 3 anni era rappresentato dai MACE (mortalità per ogni causa, infarto miocardico, trombosi e rivascolarizzazione del target vessel); esso si verificava in 103 pazienti DEB-P (18.5%) e in 132 pazienti assegnati al gruppo DES (24.5%), una differenza risultata significativa alla “one stage analysis”, cioè eseguita utilizzando un singolo modello contenente tutti i pazienti (HR 0.67, 95% CI 0.47–0.96, P=.027) dopo aggiustamento multivariato e senza mostrare eterogeneità tra 0-1 anni di follow-up e 1-3 anni. Tuttavia, l’analisi “two-stages”, eseguita considerando i dati degli studi separatamente e combinandoli successivamente in un modello di meta-analisi, non risultava significativa (HR 0.67, 95% CI 0.43–1.04; P=.074). L’endpoint comprimario era rappresentato dalla “target lesion failure” (TLF) composito di morte cardiaca, infarto miocardico e rivascolarizzazione correlati alla lesione target: essa si verificava nel 14.7% dei pazienti DEB-P versus 17.6% dei pazienti DES, differenza non significativa sia alla analisi “one stage” che “two-stages”. I risultati nel gruppo DES apparivano migliori utilizzando DES di seconda generazione rispetto a quelli di prima generazione (TLF: 13.3% vs 20.1%; HR 0.59, 95% CI 0.36–0.95, Padj=.043). Tra gli endpoint secondari, infarto miocardico e rivascolarizzazione erano ridotti nel gruppo DEB-P all’analisi “one stage”, ma non alla “twostages”. Utilizzando per il confronto con DEB-P solo i pazienti in cui erano stati impiantati stent di seconda generazione, le incidenze di TVF apparivano simili (13.0% vs 13.3%; HR 1.03, 95% CI 0.70–1.50, P=.898, vedi Figura).

Take home message

Nei pazienti sottoposti a PCI per lesioni “de novo” situate su vasi piccoli, l’angioplastica con palloni medicati al paclitaxel si associa a un ridotto rischio di MACE, mentre la riduzione di “targetlesion failure” non appare significativa.

Interpretazione dei dati

La meta-analisi dei tre studi che hanno confrontato l’outcome di pazienti sottoposti a PCI per la presenza di lesioni su vasi piccoli (mediana 2.5 mm) ha un proposito lodevole, fornendo informazioni a medio-lungo termine (follow-up medio 3 anni) che sono molto importanti per individuare i benefici di un trattamento alternativo allo stent tradizionale, rappresentato dall’utilizzo del pallone medicato. Infatti, è presumibile supporre che i vantaggi di una PCI che non inserisca metallo in vasi piccoli e che rispetti la fisiologia vascolare (“leave nothing behind!”) si manifestino soprattutto a distanza dall’intervento, in quanto capaci di ridurre le complicanze tardive dell’impianto di stent. In effetti, a una prima analisi, i risultati appaiono convincenti e sembrano confortare l’ipotesi poichè i MACE sono risultati significativamente differenti all’analisi statistica “one stage”. In particolare, osservando le componenti dell’endpoint composito, risulta significativamente ridotta dal pallone medicato l’incidenza di infarto miocardico (4.7% versus 7.8%, OR 0.58, 0.35–0.94) e numericamente la necessità di rivascolarizzazione (7.6% versus 10.1%, OR 0.73 (0.47–1.13). Tuttavia, come mostra la Figura che si riferisce all’endpoint comprimario della “target lesion failure” (morte cardiaca, infarto miocardico e rivascolarizzazione correlati alla lesione trattata) questa differenza è limitata al confronto tra pallone medicato e stent di prima generazione, mentre i risultati del confronto tra pallone medicato e stent di seconda generazione sono perfettamente identici. Fanno bene gli Autori a sottolineare nella discussione che questa osservazione è un importante risultato dello studio. Tuttavia, questi dati pongono nuovi interrogativi: non essendoci alcuna differenza di outcome clinico utilizzando stent di seconda generazione o pallone medicato, quando preferire una strategia rispetto all’altra? Forse la considerazione delle caratteristiche cliniche in relazione alla durata della doppia terapia antiaggregante (generalmente più prolungata nell’impianto di stent) può rappresentare un primo criterio di scelta. Come osservano gli autori, sono necessari nuovi ampi studi con follow-up prolungato per individuare quali pazienti con coronaropatia dei piccoli vasi possano beneficiare dall’utilizzo dei palloni medicati.

Bibliografia

Bibliografia
1 Van der Heijden LC, Kok MM, Danse PW, et al. Small-vessel treatment with contemporary newer-generation drugeluting coronary stents in all-comers: insights from 2-year DUTCH PEERS (TWENTE II) randomized trial. Am Heart J 2016;176:28–35. https://doi.org/10.1016/j.ahj.2016.02.020
2 Jeger RV, Farah A, Ohlow MA, et al. Drug-coated balloons for small coronary artery disease (BASKET-SMALL 2): an open- label randomised non-inferiority trial. Lancet 2018;392:849–56. https://doi.org/10.1016/ S0140-6736(18)31719-7.

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