Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia
Inquadramento
È noto come un importante fattore di rischio per malattia cardiovascolare sia il diabete. Alcune condizioni che ne favoriscono l’insorgenza e sono temporalmente antecedenti al suo riscontro diagnostico, quali stili di vita non sani, fattori ambientali o genetici, peso eccessivo, sindrome metabolica, sono anche fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Alcuni anni fa è stata avanzata la “ticking clock hypothesis” (Does the clock for coronary heart disease start ticking before the onset of clinical diabetes?)[1]Haffner SM, Stern MP, Hazuda HP, Mitchell BD, Patterson JK. Cardiovascular risk factors in confirmed prediabetic individuals. Does the clock for coronary heart disease start ticking before the onset … Continua a leggere basata sulla osservazione prolungata di alcuni individui, di cui alcuni svilupparono diabete nel follow-up. Rispetto a quelli che non svilupparono la malattia metabolica, essi presentavano all’inizio dell’osservazione un profilo di maggior rischio per malattia cardiovascolare, in particolare più elevati valori di colesterolo LDL, trigliceridi, pressione arteriosa, glicemia e insulina. Uno studio analogo, su un campione molto più ampio, è stato effettuato utilizzando dati di registri che contengono informazioni sanitarie sulla popolazione residente in Danimarca.
Lo studio in esame
In uno studio di coorte caso-controllo sono stati individuati 127.092 soggetti nei quali è stata posta la diagnosi di diabete mellito di tipo II (T2DM) tra il gennaio 2010 e il dicembre 2015. Il giorno della diagnosi è stata considerata la “data indice”; per ogni soggetto con T2DM sono stati individuati 3 controlli “matchati” per età e sesso dalla popolazione generale di individui residenti in Danimarca, inclusi nei registri sanitari, per un totale di 381.023 soggetti. Sia nei “casi” con T2DM che nei “controlli” della popolazione generale è stata indagata la presenza di malattia cardiovascolare (episodi di infarto miocardico o stroke) nei 30 anni precedenti (cioè tra il 1980 e il 2009) e nei 5 anni successivi alla data indice (data della diagnosi di T2DM). Rispetto ai “controlli” di popolazione generale, i “casi” di T2DM avevano più frequentemente una diagnosi di ipertensione arteriosa (24.3% vs 13.4%) e scompenso di cuore (5.6% vs 2.4%), obesità (10% vs 3.1%), fibrillazione atriale (8.3% vs 4.9%), alterazione della funzione renale (2.7% vs 1.5%). Nei 30 anni precedenti la data indice, era presente un evento cardiovascolare nell’11.2% dei “casi” di T2DM versus il 4.7% della popolazione generale, con odds ratio tra i due gruppi di 2.18 (95% CI: 1.91-2.48) nel periodo precoce (25-30 anni prima della data indice) e 2.96 (95% CI: 2.85-3.08) nel periodo tardivo (<5 anni prima della data indice). Tale proporzione si manteneva anche per gli eventi cardiovascolari che si sono verificati dopo la diagnosi di T2DM (hazard ratio-HR-: 2.20; 95% CI: 2.12-2.27) (vedi Figura). Le analisi stratificate per sesso e quartili di età hanno mostrato dati sovrapponibili a quelli globali.
Take home message
Gli individui con diabete di tipo 2 hanno il doppio delle probabilità di aver avuto eventi cardiaci nelle tre decadi precedenti la diagnosi di diabete, rispetto alla popolazione generale non diabetica. È necessaria una strategia di prevenzione molto più precoce negli individui a rischio di sviluppare la malattia metabolica.

Interpretazione dei dati
Il dato clinico più rilevante dello studio consiste nell’osservazione che una parte del rischio cardiovascolare associato al diabete di tipo II dipende da fattori di rischio che già sono presenti prima della diagnosi di diabete e che sono spesso a esso associati. La lezione che dovrebbe derivarne è che la prevenzione dovrebbe iniziare ben prima che venga diagnosticata la malattia metabolica. Interventi sullo stile di vita (dieta sana, lotta all’obesità, esercizio fisico) sono essenziali per una efficace prevenzione primaria. Analogamente i soggetti con pre-diabete, una condizione clinica caratterizzata da valori di glicemia elevati ma al di sotto della soglia per cui viene diagnosticato il diabete, hanno un rischio cardiovascolare aumentato che pare dipendere più dalla coesistenza di altri disturbi metabolici associati (dislipidemia, ipertensione, obesità) che non dalla iperglicemia[2]Vistisen D, Witte DR, Brunner EJ, et al. Risk of cardiovascular disease and death in individuals with prediabetes defined by different criteria: the Whitehall II study. Diabetes Care. … Continua a leggere. Soprattutto l’obesità e il grasso addominale, condizioni cui spesso si associa una infiammazione di basso grado e resistenza all’insulina, sembrano giocare un ruolo rilevante nella catena di meccanismi fisiopatologici che conducono a un rischio cardiovascolare elevato e allo sviluppo di diabete. Queste ipotesi sono sorrette da scarsa evidenza proveniente da trial randomizzati condotti in prevenzione primaria. Per colmare questo gap conoscitivo è in corso lo studio PRECAD[3]Devesa A, Ibanez B, Malick WA, et al. Primary prevention of subclinical atherosclerosis in young adults: JACC Review Topic of the Week. J Am Coll Cardiol. 2023;82:2152–2162. che sta arruolando circa 2.000 individui con età tra 20 e 39 anni senza malattia cardiovascolare; essi sono randomizzati a seguire uno stile di vita (con eventuali ausili farmacologici) che permetta di mantenere il colesterolo LDL <70 mg/dL (anche utilizzando inibitori di PCSK9), l’Hb glicata <6.5% e la pressione arteriosa sistolica <120 mmHg, rispetto a un gruppo di controllo. L’endpoint primario a 5 anni è costituito dal burden aterosclerotico valutato con ecografia vascolare.
Editoriale: “Il rapporto fra le malattie cardiovascolari e il diabete mellito di tipo 2: aumentano le evidenze e cambiano le certezze”
A cura di: Zoran Olivari “Ospedale San Camillo”, Treviso
Una vasta mole di evidenze conferma che le malattie cardiovascolari (CV) rappresentano la principale causa di morte nei pazienti diabetici. Tuttavia, le ragioni precise di tale associazione non sono ancora completamente chiarite: è il diabete stesso o piuttosto la quasi costante presenza di altre condizioni predisponenti a determinare l’aumentato rischio CV in questi pazienti? L’articolo recensito in questo numero di Journal Map[4]Gyldenkerne C et al. 2-Fold More Cardiovascular Disease Events Decades Before Type 2 Diabetes Diagnosis. A Nationwide Registry Study. J Am Coll Cardiol. 2024;84: 2251-59. sottolinea che, nei pazienti destinati a sviluppare il diabete, le malattie CV iniziano a manifestarsi già circa 30 anni prima della diagnosi di diabete, con una frequenza almeno doppia rispetto ai soggetti che non lo sviluppano mai. Questi risultati avvalorano l’ipotesi che diabete di tipo 2 e malattie CV siano manifestazioni cliniche derivanti da una comune matrice metabolica multifattoriale e cronica, conseguenza di un intreccio complesso e interconnesso di adiposità viscerale, insulino-resistenza, infiammazione cronica, stati protrombotici, fattori di rischio tradizionali e condizioni socio-ambientali e genetiche[5]Sperling S. The “Ticking clock” of impending diabetes. J Am Coll Cardiol.2024;84:226-62..
Risulta evidente la difficoltà di districarsi in questa intricata rete di fattori e anche i più sofisticati metodi statistici offrono solo una visione parziale delle reali dinamiche sottostanti. Ad esempio, a titolo di semplificazione, uno studio derivato dalla popolazione di Framingham ha mostrato che il diabete aumenta rispettivamente del 7% e del 9% il rischio di morte per tutte le cause e di eventi cardiovascolari, mentre la presenza concomitante di ipertensione porta questi incrementi al 41% e al 44%, indicando pesi prognostici delle due condizioni cliniche significativamente diversi[6]Chen G et al. Cardiovascular Outcomes in Framingham Participants With Diabetes. The Importance of Blood Pressure. Hypertension. 2011;57:891-897.. Analogamente, la condizione di prediabete è associata notoriamente a un rischio CV aumentato[7]Ford ES, Zhao G, Li C. Pre-diabetes and the risk for cardiovascular disease: a systematic review of the evidence. J Am Coll Cardiol 2010;55:1310–1317., che tuttavia, nello studio Whitehall II, si riduce sensibilmente dopo l’aggiustamento per altri fattori di rischio, ribadendo il ruolo predominante di quest’ultimi rispetto all’iperglicemia stessa[8]Vistisen D et al. Risk of cardiovascular disease and death in individuals with prediabetes definied by different criteria: the Whitehall II study. Diabetes care. 2018;48:106-112..
Altro elemento rilevante è il limitato impatto degli interventi ipoglicemizzanti intensivi (principalmente insulina) sugli eventi CV, spesso complicati dal rischio ipoglicemico. Al contrario, strategie diverse dal controllo glicemico come la sospensione del fumo, raggiungimento e mantenimento del peso ottimale, l’attività fisica e terapie anti-ipertensive e ipocolesterolemizzanti hanno dimostrato effetti molto più significativi nella riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare[9]Joseph JJ et al. Comprehensive Management of Cardiovascular Risk Factors for Adults With Type 2 Diabetes: A Scientific Statement From the American Heart Association: Circulation. … Continua a leggere. Peraltro, i farmaci antidiabetici più recenti, come gli inibitori SGLT2 o gli agonisti GLP-1, riducono gli eventi CV attraverso meccanismi indipendenti dal solo controllo glicemico. Tuttavia, è incontestabile che anche il diabete rappresenti un rischio cardiovascolare indipendente: nello studio Cardia, condotto su oltre 5.000 giovani adulti sani seguiti per 30 anni, l’insorgenza del diabete ha mostrato una correlazione indipendente con eventi coronarici, supportando un ruolo causale diretto tra diabete e coronaropatia (ma non con lo stroke né scompenso)[10]Domanski JM et al. Association of Incident Cardiovascular Disease With Time Course and Cumulative Exposure to Multiple Risk Factors. J Am Coll Cardiol 2023;81:1151–1161. Per chiarire ulteriormente il ruolo specifico dell’iperglicemia, sarebbe utile concentrarsi sui pazienti con diabete di tipo 1, in cui i fattori confondenti hanno minore impatto. Tuttavia, pur essendo a maggior rischio di eventi, anche in questa categoria le evidenze attuali non hanno ancora. dimostrato chiaramente i meccanismi causali[11]Colom C et al. Cardiovascular Disease in Type 1 Diabetes Mellitus: Epidemiology and Management of Cardiovascular Risk. J. Clin. Med. 2021, 10, 1798. https://doi.org/10.3390/jcm1008179..
Interessante è il dato sui pazienti con diabete post-pancreatectomia, che mostrano un rischio significativamente aumentato di cardiopatia ischemica rispetto a chi non sviluppa diabete dopo l’intervento, confermando il ruolo indipendente anche dell’iperglicemia[12]Costantino M et al. Long-Term Complications and Mortality in Young-Onset Diabetes: Type 2 diabetes is more hazardous and lethal than type 1 diabetes. Diabetes Care 2013;3 6(12): 3863–3869..
A complicare ulteriormente il quadro sono i recenti dati dello studio CORDIOPREV, che mettono in luce un’associazione indipendente tra la composizione del microbiota, diabete ed eventi CV[13]Yoo D et al. Risk of Ischemic Heart Disease in Patients With Postpancreatectomy Diabetes and Pancreatic Cancer: A Population-Based Study J Am Heart Assoc. 2023;12:e031321. DOI: … Continua a leggere. In conclusione, l’elevato rischio cardiovascolare nei pazienti diabetici tipo 2 sembra essere attribuibile in misura maggiore a condizioni predisponenti comuni piuttosto che all’iperglicemia in sé, che tuttavia rappresenta un fattore aggravante con il progredire della stessa. Pertanto, la presenza di diabete di tipo 2 dovrebbe essere considerata come un marker di massimo rischio cardiovascolare. Considerando l’insorgenza precoce degli eventi CV evidenziata nello studio recensito[14]Gyldenkerne C et al. 2-Fold More Cardiovascular Disease Events Decades Before Type 2 Diabetes Diagnosis. A Nationwide Registry Study. J Am Coll Cardiol. 2024;84: 2251-59., appare cruciale implementare strategie di prevenzione primaria tempestive, in grado non solo di ridurre gli eventi CV ma anche di contenere l’incidenza stessa del diabete. Altro elemento rilevante è il limitato impatto degli interventi ipoglicemizzanti intensivi (principalmente insulina) sugli eventi CV, spesso complicati dal rischio ipoglicemico. Al contrario, strategie diverse dal controllo glicemico come la sospensione del fumo, raggiungimento e mantenimento del peso ottimale, l’attività fisica e terapie anti-ipertensive e ipocolesterolemizzanti hanno dimostrato effetti molto più significativi nella riduzione della morbilità e mortalità cardiovascolare[15]Joseph JJ et al. Comprehensive Management of Cardiovascular Risk Factors for Adults With Type 2 Diabetes: A Scientific Statement From the American Heart Association: Circulation. … Continua a leggere. Peraltro, i farmaci antidiabetici più recenti, come gli inibitori SGLT2 o gli agonisti GLP-1, riducono gli eventi CV attraverso meccanismi indipendenti dal solo controllo glicemico.
Bibliografia[+]
↑1 | Haffner SM, Stern MP, Hazuda HP, Mitchell BD, Patterson JK. Cardiovascular risk factors in confirmed prediabetic individuals. Does the clock for coronary heart disease start ticking before the onset of clinical diabetes? JAMA. 1990;263:2893–2898. |
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↑2 | Vistisen D, Witte DR, Brunner EJ, et al. Risk of cardiovascular disease and death in individuals with prediabetes defined by different criteria: the Whitehall II study. Diabetes Care. 2018;41:899–906 |
↑3 | Devesa A, Ibanez B, Malick WA, et al. Primary prevention of subclinical atherosclerosis in young adults: JACC Review Topic of the Week. J Am Coll Cardiol. 2023;82:2152–2162. |
↑4, ↑14 | Gyldenkerne C et al. 2-Fold More Cardiovascular Disease Events Decades Before Type 2 Diabetes Diagnosis. A Nationwide Registry Study. J Am Coll Cardiol. 2024;84: 2251-59. |
↑5 | Sperling S. The “Ticking clock” of impending diabetes. J Am Coll Cardiol.2024;84:226-62. |
↑6 | Chen G et al. Cardiovascular Outcomes in Framingham Participants With Diabetes. The Importance of Blood Pressure. Hypertension. 2011;57:891-897. |
↑7 | Ford ES, Zhao G, Li C. Pre-diabetes and the risk for cardiovascular disease: a systematic review of the evidence. J Am Coll Cardiol 2010;55:1310–1317. |
↑8 | Vistisen D et al. Risk of cardiovascular disease and death in individuals with prediabetes definied by different criteria: the Whitehall II study. Diabetes care. 2018;48:106-112. |
↑9, ↑15 | Joseph JJ et al. Comprehensive Management of Cardiovascular Risk Factors for Adults With Type 2 Diabetes: A Scientific Statement From the American Heart Association: Circulation. 2022;145:e722–e759. doi:10.1161/CIR.0000000000001040. |
↑10 | Domanski JM et al. Association of Incident Cardiovascular Disease With Time Course and Cumulative Exposure to Multiple Risk Factors. J Am Coll Cardiol 2023;81:1151–1161 |
↑11 | Colom C et al. Cardiovascular Disease in Type 1 Diabetes Mellitus: Epidemiology and Management of Cardiovascular Risk. J. Clin. Med. 2021, 10, 1798. https://doi.org/10.3390/jcm1008179. |
↑12 | Costantino M et al. Long-Term Complications and Mortality in Young-Onset Diabetes: Type 2 diabetes is more hazardous and lethal than type 1 diabetes. Diabetes Care 2013;3 6(12): 3863–3869. |
↑13 | Yoo D et al. Risk of Ischemic Heart Disease in Patients With Postpancreatectomy Diabetes and Pancreatic Cancer: A Population-Based Study J Am Heart Assoc. 2023;12:e031321. DOI: 10.1161/JAHA.123.031321.; Arenas-Montes J et al. A microbiota pattern associated with cardiovascular events in secondary prevention: the CORDIOPREV study. Eur Heart Journal 2025;00:1-12.; Vals-Delgado C et al. An altered microbiota pattern precedes Type 2 diabetes mellitus development: From the CORDIOPREV study. Journal of Advanced Research 2022; 35:99–108. |
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