Sindrome coronarica acuta

Rivascolarizzazione percutanea nella sindrome coronarica acuta NON-ST elevation: basta trattare la lesione culprit?

Nei pazienti con infarto miocardico non ST elevation (NSTEMI) e coronaropatia multivasale, l’evidenza della letteratura mostra come una rivascolarizzazione estesa anche alle lesioni significative “non culprit” si associ a un migliore outcome a distanza rispetto al trattamentodella sola lesione “culprit”. Tuttavia ci sono pochi dati sulla strategia da seguire, ovvero sela rivascolarizzazione percutanea debba essere effettuata in una unica procedura (“one-stage”) oppure in più procedure (“multi-stage”). Solo un trial, lo studio italiano SMILE[1]Sardella G, Lucisano L, Garbo R, et al. Single-staged compared with multi-staged PCI in multivessel NSTEMI patients: the SMILE trial. J Am Coll Cardiol. 2016;67:264–272., ha approfondito questo aspetto e ha mostrato un migliore outcome clinico nei pazienti sottoposti a procedure “one-stage”, informando in tal senso le ultime Linee Guida della Società Europeadi Cardiologia (ESC) 2018 sulla rivascolarizzazione miocardica[2]. Dati di registro hanno tuttavia mostrato esiti contrastanti.

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Dobbiamo somministrare il betabloccante nei pazienti con infarto miocardico non complicato da scompenso cardiaco sottoposti a rivascolarizzazione miocardica?

La prescrizione di betabloccante dopo un infarto miocardico in assenza di scompenso cardiaco è una prassi consolidata tra i cardiologi, supportata dalle Linee Guida, ma non presenta dati di evidenza solida a suo favore nei pazienti trattati con rivascolarizzazione miocardica sia percutanea che chirurgica. Gli studi osservazionali dai risultati contrastanti e un solo studio randomizzato, peraltro sottodimensionato, non permettono di esprimere un giudizio definitivo al riguardo.

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