Stiamo utilizzando i DOAC a dosi corrette nella fibrillazione atriale non valvolare? Cosa succede se prescriviamo dosi troppo basse o troppo alte?

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Indice

Inquadramento

I farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), non inibitori della vitamina K, sono impiegati in misura crescente in tutto il mondo nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) non valvolare. Il corretto dosaggio giornaliero di questi farmaci è quello riportato nei rispettivi foglietti illustrativi ed autorizzato dagli organi regolatori (Food and Drug Administration [FDA], European Medicines Agency [EMA], etc). Come è noto, il dosaggio consigliato tiene conto di vari fattori (soprattutto funzione renale, età e peso corporeo) ed esistono varie differenze da Paese a Paese e tra DOAC diversi. Generalmente, un’età ≥80 anni, un peso corporeo ≤60 Kg, una ridotta funzione renale ed un alto rischio emorragico sono condizioni che suggeriscono l’uso di una bassa dose. Nella vita reale, la maggior parte dei pazienti riceve effettivamente la dose ‘corretta’ autorizzata dai relativi Organi Regolatori Nazionali o Regionali, ma non pochi pazienti vengono trattati dai propri medici con dosi erroneamente troppo basse (‘sottodosaggio’) o troppo alte (‘sovradosaggio’). Nello studio Outcomes Registry for Better Informed Treatment of Atrial Fibrillation (ORBIT-AF), solo il 12% dei pazienti con FA non valvolare riceveva dosi erroneamente troppo alte, che si associavano ad un eccesso di mortalità totale, o troppo basse, che si associavano a un eccesso di rischio per re-ospedalizzazioni.[1]Steinberg BA, Shrader P, Thomas L, Ansell J, Fonarow GC, Gersh BJ, Kowey PR, Mahaffey KW, Naccarelli G, Reiffel J, Singer DE, Peterson ED, Piccini JP; ORBIT-AF Investigators and Patients. Off-Label … Continua a leggere Si sentiva dunque la necessità di uno studio ‘di vita reale’ condotto su vasta scala, in vari Paesi del mondo, in grado di verificare questi dati obbiettivamente molto importanti nella pratica clinica quotidiana.

Lo studio in esame

Il Registro GARFIELD (Global Anticoagulant Registry in the FIELD-AF) è in corso in vari Paesi del mondo. Vengono arruolati nel Registro soggetti ambosessi di età ≥18 anni con diagnosi di FA eseguita nel corso dei 6 mesi precedenti l’arruolamento e con almeno 1 fattore di rischio aggiuntivo per ictus cerebrale. In questa analisi del Registro GARFIELD sono stati inclusi ben 34.926 pazienti con FA ed arruolati tra il 2013 ed il 2016, 10.426 dei quali erano in trattamento con un DOAC al momento dell’arruolamento. La dose ‘corretta’ dei DOAC era quella raccomandata dalle relative indicazioni Nazionali o Regionali (FDA negli USA, EMA in Europa, etc). I pazienti sono stati seguiti, a partire dalla data dell’arruolamento, per 2 anni fino all’endpoint o al ‘censoring’ (ultimo contatto senza eventi). Gli endpoint presi in considerazione sono stati la mortalità per tutte le cause, l’ictus ovvero l’embolia sistemica, e infine, il sanguinamento maggiore.
La maggior parte dei pazienti, quasi 3 su 4 (72,9%) assumeva dosi di DOAC ‘corrette’ (secondo quanto raccomandato dagli Organi Regolatori) al momento dell’arruolamento nel Registro. Tra i pazienti rimanenti, il 23,2% riceveva dosi troppo basse e solo il restante 3,8% riceveva dosi troppo alte. Quindi, il sottodosaggio è risultato molto più frequente del sovradosaggio. Prendendo i singoli DOAC, l’edoxaban era quello maggiormente sottodosato (55,9%), contro una percentuale di sottodosaggio variabile tra il 15,8% ed il 28,7% per gli altri DOAC. In generale, i pazienti sotto[1]dosati erano più spesso di sesso femminile, etnia non Caucasica o pazienti con sindromi coronariche acute, arteriopatia periferica, diabete mellito, precedente ictus cerebrale o concomitante trattamento antiaggregante piastrinico. Pertanto, i pazienti sottodosati erano proprio quelli a maggior rischio di eventi maggiori e di mortalità. Questo dato era stato riscontrato anche in un precedente studio di popolazione.[2]Amarenco P, Haas S, Hess S, Kirchhof P, Lambelet M, Bach M, Turpie AGG, Camm AJ. Outcomes associated with non[1]recommended dosing of rivaroxaban: results from the XANTUS study. Eur Heart J … Continua a leggere

Peraltro, i pazienti sovradosati erano più frequentemente pazienti con insufficienza renale prevalentemente moderata (67,5%), assai meno frequente tra i pazienti trattati con dose raccomandata (8,6%).

Take home message

Nello studio GARFIELD-AF, la maggior parte dei pazienti ha ricevuto dosi raccomandate di DOAC. Tuttavia, la prescrizione di dosi non raccomandate (seppur poco frequente) si associa ad un aumentato rischio di mortalità (per lo più cardiovascolare), rispetto ai pazienti in trattamento con dosi raccomandate di DOAC.

Commento

Come si vede in tabella, la somministrazione di una dose non raccomandata (sia essa troppo bassa o troppo alta) si è associata a un aumento della mortalità da tutte le cause anche dopo aggiustamento per vari fattori concomitanti (età, sesso, etnia, diabete, tipo di FA, ipertensione, storia di sanguinamenti, scompenso cardiaco, precedente ictus, etc). D’altra parte, la somministrazione di una dose erroneamente troppo bassa si è associata a un aumento della mortalità da tutte le cause, ma anche ad un dimezzamento dei sanguinamenti maggiori (anche dopo aggiustamento per tutti i fattori confondenti) e, forse inaspettatamente, a nessun eccesso di rischio per ictus cerebrale o tromboembolie sistemiche. Un ulteriore dato, forse impensabile, è quello relativo ai pazienti ‘sovra-dosati’: nessun incremento significativo del rischio di emorragie maggiori, né di ictus cerebrali (pur con una tendenza all’aumento) né della mortalità totale.

In sintesi, questo studio mostra che:

1) quasi tre pazienti su quattro con FA non valvolare ricevono dosi ‘raccomandate’ di DOAC e, tra i pazienti rimanenti, il sottodosaggio è molto più frequente del sovradosaggio (23,2% contro 3,8%);
2) i pazienti che non ricevono le dosi raccomandate dei DOAC sono generalmente pazienti complessi, a maggior rischio, nei quali l’impiego preferenziale di basse dosi da parte del medico può riflettere il timore di emorragie maggiori;
3) il sottodosaggio dei DOAC si associa a un aumento della mortalità, ma anche ad una riduzione delle emorragie maggiori.

Nel complesso, tutti questi dati suggeriscono che l’aumentato rischio di mortalità nei pazienti sovra- o sotto-dosati sia in parte riferibile alla situazione clinica complessiva di alto rischio.

L’opinione di Maurizio Paciaroni

Stroke Unit e Divisione di Medicina Cardiovascolare, Università di Perugia

I risultati dello studio di Camm devono essere visti con attenzione per diversi motivi:

1. associazione tra bassa dose inappropriata e mortalità: il 57,5% dei pazienti trattati con dose bassa inappropriata aveva un’età superiore ai 75 anni rispetto al 33% dei pazienti trattati con la dose raccomandata; inoltre, i pazienti trattati con dose bassa inappropriata erano più frequentemente affetti da patologie cardiache. L’incremento della mortalità era appunto dovuto a morti cardiovascolari che includevano scompenso cardiaco e infarto del miocardio. Perciò i pazienti trattati con bassa dose inappropriata erano pazienti di per sé più ad alto rischio di mortalità. Mortalità che è rimasta indubbiamente influenzata dai potenziali fattori di rischio confondenti suddetti malgrado siano stati utilizzati modelli statistici di aggiustamento;

2. non associazione tra bassa dose inappropriata e il rischio di ictus ischemico ed embolia sistemica: solo 39 pazienti trattati con bassa dose inappropriata hanno presentato questo outcome. È possibile che la mancanza di una adeguata potenza statistica dell’analisi effettuata abbia determinato risultati non del tutto stabili e generalizzabili. Lo studio RENO ha messo in evidenza un rischio di ictus ischemico di 3 volte maggiore nei pazienti trattati con bassa dose inappropriata, rispetto ai pazienti trattati con la dose raccomandata[3]Paciaroni M, Agnelli G, Caso V, et al. Causes and Risk Factors of Cerebral Ischemic Events in Patients With Atrial Fibrillation Treated With Non–Vitamin K Antagonist Oral Anticoagulants for Stroke … Continua a leggere;

3. la mancata associazione tra bassa dose inappropriata e ictus cerebrale potrebbe essere anche determinata dal fatto che i pazienti trattati con questa strategia siano deceduti prima di un evento cerebro-vascolare. Gli Autori avrebbero probabilmente dovuto effettuare un’analisi statistica di tipo “competing risk analysis” per stimare corret-tamente la probabilità dell’evento ictus cerebrale in presenza di eventi competitivi quali la mortalità.

In conclusione, da questo studio emergono i seguenti messaggi:
a) circa il 24% dei pazienti con fibrillazione atriale che necessitano di una profilassi con anticoagulanti diretti, riceve una inappropriata bassa dose;
b) i pazienti che ricevono una bassa dose inappropriata sono pazienti ad alto rischio cardiovascolare;
c) è il maggior rischio cardiovascolare di questi pazienti che determina un incremento della mortalità più che l’utilizzo di basse dosi inappropriate di anticoagulante diretto.

Bibliografia

Bibliografia
1 Steinberg BA, Shrader P, Thomas L, Ansell J, Fonarow GC, Gersh BJ, Kowey PR, Mahaffey KW, Naccarelli G, Reiffel J, Singer DE, Peterson ED, Piccini JP; ORBIT-AF Investigators and Patients. Off-Label Dosing of Non-0 Vitamin K Antagonist Oral Anticoagulants and Adverse Outcomes: The ORBIT-AF II Registry. J Am Coll Cardiol 2016;68):2597-2604.
2 Amarenco P, Haas S, Hess S, Kirchhof P, Lambelet M, Bach M, Turpie AGG, Camm AJ. Outcomes associated with non[1]recommended dosing of rivaroxaban: results from the XANTUS study. Eur Heart J Cardiovasc Pharmacother 2019;5:70-79
3 Paciaroni M, Agnelli G, Caso V, et al. Causes and Risk Factors of Cerebral Ischemic Events in Patients With Atrial Fibrillation Treated With Non–Vitamin K Antagonist Oral Anticoagulants for Stroke Prevention. The RENo Study. Stroke 2019;50:2168-2174.

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