LDL

Presenza di varianti genetiche per ipercolesterolemia familiare eterozigote in pazienti con colesterolo LDL moderatamente elevato: correlati clinici 

L’ipercolesterolemia familiare (FH) è la più comune causa genetica dI malattia cardiovascolare e ha una frequenza di 1 individuo su 250 negli Stati Uniti(1). Quando i valori di colesterolo sono molto elevati (valore di LDL =>190 mg/dl) viene individuata una variante genetica nell’80% dei casi. . Tuttavia, la presenza di una variante genetica si associa anche a…

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Inclisiran è efficace per ridurre il colesterolo LDL nell’ipercolesterolemia familiare?

L’ipercolesterolemia familiare omozigote è una malattia genetica rara (prevalenza 1:300.000 soggetti), causata nel 90% dei casi da una variazione nella sequenza del gene che codifica per il recettore LDL (LDLR), che comporta valori molto elevati di colesterolo LDL (LDL-C) e conseguente alto rischio di eventi cardiovascolari . I farmaci ipolipemizzanti tradizionali (statine, ezetimibe) non abbassano in modo sostanziale il colesterolo LDL, mentre inclisiran, un siRNA (small interfering RNA) che previene la produzione epatica della proteina PCSK9…

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Great debate: lipid-lowering therapies should be guided by vascular imaging rather than by circulating biomarkers

Le Linee Guida ESC sulla prevenzione utilizzano le tabelle SCORE2 per stimare il rischio di eventi cardiovascolari a 10 anni di follow-up. Tuttavia, l’applicazione al singolo individuo appare talora arduo, in quanto non risulta agevole individuare sempre i soggetti in cui iniziare una prevenzione primaria, soprattutto quelli giovani a rischio intermedio o basso. A tal fine, abbiamo bisogno di nuovi marker, siano essi biochimici (lipoproteina (a) [Lp(a)], troponina, PCR ad alta sensibilità, NTproBNP) o derivati dall’imaging (presenza ed estensione di calcificazioni alla TC coronarica) o quando questa non è fattibile, il burden di placca all’indagine doppler carotidea o femorale. L’utilizzo di questi marker potrebbe permettere di trattare precocemente con statine pazienti che altrimenti non lo sarebbero, ma anche di evitare un “overtreatment” di soggetti che non devono essere considerati a rischio elevato.

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PCSK9 Inhibition During the Inflammatory Stage of SARS-CoV-2 Infection

Background: The intensity of inflammation during COVID-19 is related to adverse outcomes. Proprotein convertase subtilisin/kexin type 9 (PCSK9) is involved in low-density lipoprotein receptor homeostasis, with potential influence on vascular inflammation and on COVID-19 inflammatory response.

Objectives: The goal of this study was to investigate the impact of PCSK9 inhibition vs placebo on clinical and laboratory outcomes in patients with severe COVID-19.

Methods: In this double-blind, placebocontrolled, multicenter pilot trial, 60 patients hospitalized for severe COVID-19, with groundglass opacity pneumonia and arterial partial oxygen pressure to fraction of inspired oxygen ratio ≤300 mm Hg, were randomized 1:1 to receive a single 140-mg subcutaneous injection of evolocumab or placebo. The primary endpoint was death or need for intubation at 30 days. The main secondary endpoint was change in circulating interleukin (IL)-6 at 7 and 30 days from baseline.

Results: Patients randomized to receive the PCSK9 inhibitor had lower rates of death or need for intubation within 30 days vs placebo (23.3% vs 53.3%, risk difference: –30%; 95% CI: –53.40% to –6.59%). Serum IL-6 across time was lower with the PCSK9 inhibitor than with placebo (30-day decline: –56% vs –21%). Patients with baseline IL-6 above the median had lower mortality with PCSK9 inhibition vs placebo (risk difference: –37.50%; 95% CI:–68.20% to –6.70%).

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Effects of sitagliptin on serum lipid levels in patients with type 2 diabetes: a systematic review and meta-analysis

La coesistenza di diabete mellito e dislipidemia aumenta il rischio di eventi cardiovascolari, la cui prevenzione rimane essenziale in questo gruppo di pazienti. Gli effetti del sitagliptin (un inibitore della dipeptil-peptidasi-4) sul controllo dei lipidi rimane poco chiaro nei pazienti diabetici e rappresenta l’oggetto della presente meta-analisi che ha incluso 14 trial e 2.654 pazienti. Nei pazienti con diabete mellito di tipo 2, il trattamento con sitagliptin da solo o in combinazione con altri agenti antidiabetici ha determinato una riduzione significativa del colesterolo totale sierico [differenza media (MD): -5.52; intervallo di confidenza al 95% (95% CI), -7.88 a -3.15; p<0.00001] e LDL (MD: -0.07; 95% CI: -0.14 a 0.00; p<0.00001). Nessuna differenza significativa è stata identificata per quanto riguarda i livelli di trigliceridi sierici (MD: 1.53; 95% CI: -8.22 a 11.28; p=0.76) o di colesterolo HDL (MD: -0.65; 95% CI: -1.59 a 0.29; p=0,18). Alla sensitivity analysis (includendo solo studi in cui nel gruppo di controllo veniva somministrato placebo e nessun altro farmaco) hanno evidenziato che sitagliptin riduce significativamente i livelli sierici di colesterolo totale, LDL e trigliceridi rispetto al placebo, mentre non è stata trovata alcuna differenza significativa rispetto ai livelli sierici di colesterolo HDL.

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How to live to 100 before developing clinical coronary artery disease: a suggestion.

Il carico aterosclerotico (“atherosclerotic burden”) può essere espresso come esposizione cumulativa al colesterolo LDL (LDL-C) del soggetto (espressa in grammi colesterolo per anno). Quando questo indice supera una soglia teorica, un evento cardiovascolare acuto (ASCVD) può verificarsi nella vita di un individuo ((Horton JD, Cohen JC, Hobbs HH. PCSK9: a convertase that coordinates LDL catabolism. J Lipid Res 2009;50 Suppl:S172–S179)). Nella Figura la linea A rappresenta un soggetto a basso rischio (LDL-C 100 mg/dL) che raggiunge una soglia di 7 LDL-C grammi/anno a 70 anni. La linea B si riferisce, invece, a un soggetto a rischio elevato (LDL-C 200 mg/dL), che raggiunge la stessa soglia a 35 anni.

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