Terapia anticoagulante con abelacimab, un inibitore del fattore xi: profumo di successo dallo studio AZALEA.

Indice

Stefano De Servi, Università degli Studi di Pavia

Inquadramento

Il fattore XI è un potenziale target per nuovi farmaci anticoagulanti, in quanto è essenziale per i fenomeni trombotici, ma non fondamentale per l’emostasi[1]Hsu C, Hutt E, Bloomfield DM, Gailani D, Weitz JI. Factor XI inhibition to uncouple thrombosis from hemostasis. J Am Coll Cardiol 2021;78:625-31.  Le persone con difetto genetico di fattore XI hanno pochi eventi embolici senza un elevato rischio emorragico. Abelacimab è un anticorpo monoclonale completamente umano che si lega al dominio catalitico del fattore XI, bloccandolo nel suo stato inattivo. Il farmaco ha un doppio meccanismo d’azione, perchè inibisce anche il fattore XIa. In uno studio di fase II abelacimab, rispetto a enoxaparina, ha ridotto dell’80% gli eventi trombotici senza aumentare il bleeding[2]Verhamme P, Yi BA, Segers A, et al. Abelacimab for prevention of venous thromboembolism. N Engl J Med 2021;385:609-17.. Le sue caratteristiche (riduzione degli eventi trombotici con rischio ridotto di bleeding) potrebbero renderlo un’ottima alternativa agli anticoagulanti orali diretti.

Lo studio in esame

Lo studio internazionale (95 centri in 7 stati, nessun centro italiano) ha incluso 1.287 pazienti (età mediana 74 anni, 44% donne, 55% diabetici, 45% con scompenso cardiaco, pregresso stroke 15%) con fibrillazione atriale (parossistica nel 52%, persistente nel 23% e permanente nel 25%) e un rischio moderato/ alto di stroke (CHADS-VASc score mediano = 5) randomizzati, con un rapporto 1:1:1, a ricevere in cieco una iniezione mensile s.c. di abelacimab a 2 dosaggi (150 mg o 90 mg) oppure rivaroxaban orale (20 mg once daily) somministrato in aperto. Il trial è stato concepito come studio di superiorità di abelacimab versus rivaroxaban, calcolando una riduzione del primary endpoint (bleeding maggiore o clinicamente rilevante secondo i criteri dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis) del 40% a 27 mesi. La numerosità del campione necessaria è stata stimata in 1.200 pazienti. A tre mesi la riduzione mediana di fattore XI, indotta da abelacimab era del 99% per 150 mg e 97% per 90 mg. Il trial è stato terminato in anticipo sulla raccomandazione del comitato indipendente di sorveglianza dati per una riduzione significativa di bleeding con abelacimab. Il primary endpoint (follow-up mediano 21 mesi) è stato raggiunto dal 3.2 per 100 persone/anno con 150-mg di abelacimab e dal 2.6 per 100 persone/ anno con 90-mg di abelacimab, rispetto a 8.4 per 100 persone/anno con rivaroxaban (hazard ratio – HR – for 150-mg abelacimab vs. rivaroxaban 0.38 [95% confidence interval {CI}, 0.24 to 0.60]; HR per 90-mg abelacimab vs. rivaroxaban, 0.31 [95% CI, 0.19 to 0.51]; P<0.001 for entrambi). Gli eventi trombotici (stroke, embolismo periferico) sono stati più numerosi, ma non significativamente differenti, nei pazienti randomizzati ai due dosaggi di abelacimab rispetto ai pazienti randomizzati a rivaroxaban (vedi Tabella).

Take home message

Nei pazienti con fibrillazione atriale a rischio moderato/alto di stroke, abelacimab ha ridotto marcatamente i livelli di fattore XI libero e gli eventi emorragici rispetto a rivaroxaban.

Interpretazione dei dati

I dati provenienti da questo studio sono interessanti e, per quanto debbano essere confermati da un più ampio trial in fase 3, potrebbero aprire una nuova era nel trattamento anticoagulante dei pazienti con fibrillazione atriale. La riduzione del bleeding, soprattutto di quello gastrointestinale, rispetto a rivaroxaban è stata ampia, anche se resterà da definire la capacità antitrombotica del farmaco, vista l’eccedenza numerica di stroke ischemico e di embolismo sistemico associata all’uso di abelacimab rispetto a rivaroxaban. Qualche perplessità è stata avanzata su questa nuova classe di farmaci, visto l’insuccesso di asundexian, un inibitore orale del fattore XIa, nello studio OCEANIC-AF di confronto con apixaban. Tuttavia, vanno segnalate alcune importanti differenze tra abelacimab e asundexian che potrebbero giustificarne il differente effetto. Innanzitutto, il meccanismo d’azione è differente, in quanto abelacimab si lega alla forma inattiva del fattore XI impedendo che si trasformi nella forma attiva XIa, il cui livello ematico scende del 99% in presenza del farmaco. Asundexian invece è una formulazione orale che agisce direttamente inibendo l’attività del fattore XIa e sembra avere una più debole azione antitrombotica. Inoltre, abelacimab ha ridotto gli eventi tromboembolici venosi dell’80% in confronto a enoxaparina[3]Verhamme P, Yi BA, Segers A, et al. Abelacimab for prevention of venous thromboembolism. N Engl J Med 2021;385:609-17., mentre non risultano studi sinora che dimostrino l’efficacia di asundexian. È in corso lo studio LILAC TIMI 76 che sta verificando l’efficacia e sicurezza di abelacimab 150 mg versus placebo in pazienti con fibrillazione atriale con controindicazioni all’anticoagulazione.

Bibliografia

Bibliografia
1 Hsu C, Hutt E, Bloomfield DM, Gailani D, Weitz JI. Factor XI inhibition to uncouple thrombosis from hemostasis. J Am Coll Cardiol 2021;78:625-31
2, 3 Verhamme P, Yi BA, Segers A, et al. Abelacimab for prevention of venous thromboembolism. N Engl J Med 2021;385:609-17.

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