Durata della doppia terapia antiaggregante dopo intervento di angioplastica coronarica: il dibattito continua

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Indice

Inquadramento

La doppia terapia antiaggregante (DAPT) è un caposaldo del trattamento dei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica (PCI). Le linee guida raccomandano una durata di 12 mesi dopo una sindrome coronarica acuta (ACS) e di 6 mesi per i pazienti stabili, concedendo tuttavia un periodo più breve in presenza di un alto rischio di emorragia. Storicamente queste raccomandazioni derivano da un lato dallo studio CURE (il primo studio che aveva sancito la superiorità della DAPT sulla terapia con sola ASA nei pazienti con ACS, pubblicato 20 anni fa) dall’altro dalla necessità di abbattere lo spettro della trombosi di stent che, con l’avvento dei primi stent a rilascio di farmaco (DES), appariva come una potenziale spada di Damocle pronta a colpire anche a distanza dall’intervento. Fortunatamente l’avvento di nuovi DES, con maglie sempre più fini e con polimero riassorbibile e la maggiore maestria degli operatori nell’ottenere e controllare la corretta espansione di questi dispositivi, ha ridotto a percentuali molto basse il rischio di trombosi di stent. Oggi la DAPT ha il compito di ridurre gli eventi cardiovascolari di tipo ischemico, che hanno tuttavia il loro picco nei primi mesi dopo una PCI. D’altro canto, sempre maggiore attenzione è stata rivolta al rischio di sanguinamento insito nell’uso prolungato di una DAPT. Su queste premesse sono stati condotti studi che hanno ridotto il periodo di DAPT, anticipando la somministrazione di un solo antipiastrinico in prevenzione secondaria: alcuni studi recenti hanno utilizzato in monoterapia un inibitore del recettore P2Y12 (clopidogrel, prasugrel, ticagrelor), anziché, come nella prassi comune, ASA. La base fisiopatologica di questa scelta risiede in ricerche sperimentali che avrebbero dimostrato come una inibizione del recettore piastrinico P2Y12 comporti anche una riduzione della sintesi di trombossano A2. Negli ultimi due anni sono stati pubblicati 5 studi che hanno verificato l’efficacia e la sicurezza di tale strategia terapeutica in pazienti sottoposti a PCI. Una metanalisi dei risultati ottenuti è stata recentemente presentata.

Lo studio in esame

I 5 studi inseriti (SMART CHOICE, STOPDAPT-2, GLOBAL LEADERS, TWILIGHT, TICO) hanno globalmente randomizzato 32.141 pazienti, di cui 14.095 (43.8%) avevano una coronaropatia stabile e 18.046 (56.1%) una diagnosi di ACS, di cui 4.070 (24.1%) erano STEMI. L’inibitore del recettore P2Y12 utilizzato nel braccio sperimentale dei trial era il clopidogrel in 2.649 pazienti (16.5%) e ticagrelor o prasugrel in 13.408 (83.5%). La durata della DAPT è stata di 1-3 mesi. L’utilizzo anticipato della terapia anti-piastrinica singola ha ridotto in modo significativo i sanguinamenti maggiori (BARC 3-5) del 40% (HR 0.60, 95% CI 0.42- 0.86, p=0.005). La precoce sospensione di ASA non ha prodotto un aumento degli eventi ischemici (HR 0.88, 95%CI 0.77-1.02, p=0.09) né della mortalità. Risultati analoghi si ottenevano restringendo l’analisi ai pazienti con ACS (significativa riduzione del bleeding del 50% senza aumento significativo degli eventi ischemici).

Take home message

La sospensione di ASA dopo 1-3 mesi di DAPT si associa ad una riduzione di sanguinamento del 40% rispetto ad una DAPT condotta sino a 6-12 mesi in accordo con le linee guida. Tale benefico effetto non si associava ad un aumento dei MACE, neppure nei pazienti trattati per ACS.

Commento

Metanalisi interessante che mostra come vi sia spazio in una buona parte dei pazienti sottoposti a PCI (anche per i pazienti con ACS) per una riduzione precoce della DAPT, soprattutto per i pazienti a basso rischio ischemico e a medio/alto rischio emorragico, come peraltro sottolineato nelle recenti linee guida ESC per le ACS senza sopraslivellamento del tratto ST. Non vi sono tuttavia dati probanti che l’inibitore del P2Y12 debba essere preferito ad ASA quando la DAPT viene sospesa. Un trial diretto di confronto tra le due modalità di monoterapia antipiastrinica, dopo la sospensione della DAPT, non è stato mai eseguito. L’unico studio che permette un confronto è il GLOBAL LEADERS che aveva randomizzato i pazienti, dopo PCI, a 1 mese di DAPT (ticagrelor e ASA) seguito da 23 mesi di monoterapia con ticagrelor in confronto ad una DAPT per 12 mesi (clopidogrel e ASA) seguita da monoterapia con ASA per i successivi 12 mesi. A partire dalla fine del primo anno quindi i pazienti venivano trattati sino alla fine del secondo anno con ticagrelor o con ASA. Nell’analisi recentemente pubblicata[1]Chichareon P, Modolo R, Kawashima H, et al. DAPT Score and the Impact of Ticagrelor Monotherapy During the Second Year After PCI. JACC: Cardiovasc Interv 2020;13:634-646. i pazienti trattati con ticagrelor presentavano una minor incidenza di infarto miocardico e trombosi di stent rispetto a quelli trattati con ASA (peraltro con NNT elevato=250), presentando anche un maggior numero di emorragie maggiori (BARC 2,3,5).

L’opinione di Giuseppe Patti

Dipartimento di Medicina Translazionale, Università del Piemonte Orientale, Novara

La metanalisi di O’Donoghue et al. ha affrontato un ambito attuale e dibattuto in cardiopatia interventistica, rappresentato dalla necessità di risultati sul beneficio clinico netto, soprattutto nel setting di pazienti con ACS, della riduzione nella durata della DAPT dopo impianto di stent medicati coronarici di ultima generazione. Precedenti dati[2]Palmerini T, et al. Three, six, or twelve months of dual antiplatelet therapy after DES implantation in patients with or without acute coronary syndromes: an individual patient data pairwise and … Continua a leggere avevano indicato che la sospensione a 3 mesi dalla procedura dell’inibitore P2Y12, continuando successivamente solo con ASA, si associava in pazienti con ACS ad un incremento di circa 2 volte del rischio di infarto miocardico e trombosi dello stent rispetto ad una DAPT di 12 mesi, a fronte di una riduzione del 27% del rischio di emorragie maggiori. In virtù di un possibile maggior effetto antiaggregante degli inibitori P2Y12 rispetto ad ASA, spiegabile con una inibizione “multi-pathways” sui meccanismi responsabili dell’attivazione piastrinica e di un teoricamente minore rischio di sanguinamenti a livello gastro-intestinale, vari trial randomizzati si sono incentrati su strategie che hanno utilizzato, dopo impianto di stent, una ridotta durata della DAPT (da 1 a 3 mesi), e successiva continuazione in monoterapia con il solo inibitore P2Y12, sospendendo ASA. I risultati della metanalisi di O’Donoghue et al., che ha incluso pazienti con sindromi coronariche sia stabili che instabili, indicano globalmente che una sospensione precoce della DAPT e successiva monoterapia con inibitore P2Y12 si associa ad una riduzione di emorragie maggiori, senza incremento significativo di eventi ischemici cardiaci. Questi risultati appaiono ragionevolmente applicabili nella pratica clinica nel sottogruppo di pazienti con sindromi coronariche stabili, in cui il rischio di eventi ischemici coronarici è più basso. Nei pazienti con SCA, invece, il rischio di complicanze trombotiche è amplificato dallo stato pro[1]infiammatorio, dall’aumento della reattività piastrinica e dell’attività coagulativa, dalla disfunzione endoteliale e dallo stress ossidativo. Nonostante lo studio di O’Donoghue et al. abbia evidenziato risultati consistenti anche nel sottogruppo con SCA, in tali pazienti servono dati più robusti, su popolazione più ampie e soprattutto a più alto rischio trombotico, sia clinico sia coronarico, per poter definitivamente concludere a favore di un’adeguata protezione ischemica fornita da una DAPT di breve durata, soprattutto di 1 mese. I trial inclusi nella meta[1]analisi di O’Donoghue et al. hanno, infatti, arruolato pazienti con un eterogeneo profilo di rischio, sicuramente basso in alcuni casi. Nello studio STOPDAPT-2[3]Watanabe H, et al. Effect of 1-Month Dual Antiplatelet Therapy Followed by Clopidogrel vs 12-Month Dual Antiplatelet Therapy on Cardiovascular and Bleeding Events in Patients Receiving PCI: The … Continua a leggere, per esempio, la protezione da complicanze ischemiche con la monoterapia a base di clopidogrel è stata ottenuta in una coorte selezionata, in quanto caratterizzata da un SYNTAX score basso, da una malattia prevalentemente monovasale (1.1 lesioni/paziente), in cui l’impianto dello stent era guidato dall’imaging in percentuali sproporzionatamente elevate di pazienti (>95%). Nello studio TICO[4]Kim BK, et al. Effect of Ticagrelor Monotherapy vs Ticagrelor With Aspirin on Major Bleeding and Cardiovascular Events in Patients With Acute Coronary Syndrome The TICO Randomized Clinical Trial. … Continua a leggere, inoltre, la bassa incidenza di eventi cardiaci al follow-up rifletteva un basso profilo di rischio clinico della popolazione, caratterizzata da un’età ridotta e da una bassa prevalenza di co-morbidità. Mancano soprattutto dati definitivi sulla protezione da eventi ischemici fornita da una monoterapia con inibitore P2Y12 dopo un solo mese di DAPT, in quanto essa è stata valutata soltanto in due trial; tali dati mancano sia per quanto riguarda il clopidogrel nei pazienti con SCA ad alto rischio trombotico (esclusi dallo studio STOPDAPT-2), sia per ticagrelor, in quanto lo studio GLOBAL LEADERS[5]Vranckx P, et al. Ticagrelor plus aspirin for 1 month, followed by ticagrelor monotherapy for 23 months vs aspirin plus clopidogrel or ticagrelor for 12 months, followed by aspirin monotherapy for 12 … Continua a leggere può essere considerato “underpowered” per incidenza di infarto miocardico e trombosi dello stent. Da sottolineare, infine, che la sospensione precoce di ASA dopo 1-3 mesi da una ACS si accompagna sicuramente ad un minor rischio emorragico, può non associarsi ad un incremento di trombosi dello stent a livello della lesione “culprit”, grazie ai devices di ultima generazione, ma può fornire una minore protezione da eventi atero-trombotici in lesioni coronariche diverse dalla lesione “target”, che sono responsabili della metà degli eventi ischemici avversi post-ACS, anche entro il primo anno[6]Stone GW, et al. A prospective natural-history study of coronary atherosclerosis. N Engl J Med 2011;364:226-235., ed in cui la DAPT si è dimostrata lo standard di trattamento.

Bibliografia

Bibliografia
1 Chichareon P, Modolo R, Kawashima H, et al. DAPT Score and the Impact of Ticagrelor Monotherapy During the Second Year After PCI. JACC: Cardiovasc Interv 2020;13:634-646.
2 Palmerini T, et al. Three, six, or twelve months of dual antiplatelet therapy after DES implantation in patients with or without acute coronary syndromes: an individual patient data pairwise and network meta-analysis of six randomized trials and 11 473 patients. Eur Heart J 2017;38:1034-1043.
3 Watanabe H, et al. Effect of 1-Month Dual Antiplatelet Therapy Followed by Clopidogrel vs 12-Month Dual Antiplatelet Therapy on Cardiovascular and Bleeding Events in Patients Receiving PCI: The STOPDAPT-2 Randomized Clinical Trial. JAMA 2019;321:2414-2427.
4 Kim BK, et al. Effect of Ticagrelor Monotherapy vs Ticagrelor With Aspirin on Major Bleeding and Cardiovascular Events in Patients With Acute Coronary Syndrome The TICO Randomized Clinical Trial. JAMA 2020;323:2407-2416.
5 Vranckx P, et al. Ticagrelor plus aspirin for 1 month, followed by ticagrelor monotherapy for 23 months vs aspirin plus clopidogrel or ticagrelor for 12 months, followed by aspirin monotherapy for 12 months after implantation of a drug-eluting stent: a multicentre, open-label, randomised superiority trial. Lancet 2018;392:940-949
6 Stone GW, et al. A prospective natural-history study of coronary atherosclerosis. N Engl J Med 2011;364:226-235.

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