Dalla letteratura internazionale

Rivascolarizzazione completa nel paziente con coronaropatia stabile: un’analisi dello studio ischemia

L’impatto prognostico di una rivascolarizzazione completa nei pazienti con sindrome coronarica acuta è ben noto e comprovato da studi randomizzati mentre la sua importanza nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica è tuttora dibattuto. Il miglior risultato clinico a distanza ottenuto con l’intervento di bypass aortocoronarico rispetto alla PCI, è stato proprio attribuito alla maggiore capacità dell’intervento cardiochirurgico di ottenere una rivascolarizzazione completa , ma l’impatto di quest’ultima in un confronto tra strategia conservativa e invasiva non è mai stato dimostrato.

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Guida angiografica o con “Optimal Coherence Tomography” per il trattamento percutaneo delle biforcazioni: i risultati dello studio OCTOBER

Il trattamento delle lesioni in biforcazione è particolarmente impegnativo e non privo di complicanze, soprattutto se la malattia aterosclerotica non riguarda solamente il vaso principale (“main vessel”) ma anche il ramo secondario (“side branch”) che da esso si dirama. Il valore prognostico di questa condizione anatomica è ben espresso dai dati dello studio SYNTAX che mostra nei pazienti trattati con PCI una mortalità a 10 anni del 30.1% che si confronta con il 19.8% se la PCI non è stata effettuata su una biforcazione . Non è noto se i risultati procedurali e a distanza possano essere migliorati utilizzando la guida OCT piuttosto che la sola guida angiografica.

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Rivascolarizzazione completa nel paziente STEMI multivasale emodinamicamente stabile: quando eseguirla?

Nei pazienti STEMI e coronaropatia multivasale, una rivascolarizzazione completa migliora la prognosi a distanza, come dimostrato dallo studio COMPLETE , nel quale è stata osservata la diminuzione di un endpoint composito (morte cardiovascolare, infarto miocardico o rivascolarizzazione ischemia-driven) rispetto al trattamento della sola lesione culprit. Resta tuttavia ancora aperta la problematica del timing del completamento, se debba cioè essere eseguito con procedure seriate programmate (“staged procedures”) o possa essere eseguito, in pazienti emodinamicamente stabili, anche durante la PCI primaria.

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Resincronizzazione cardiaca: in quali pazienti è più efficace?

Benchè la terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) sia ampiamente utilizzata nei pazienti scompensati con disfunzione ventricolare sinistra e QRS prolungato, un terzo dei pazienti non ottiene alcun beneficio da tale trattamento. Gli studi randomizzati sulla CRT hanno incluso pazienti con durata di QRS ≥120 ms, tuttavia i migliori risultati clinici si ottengono nei pazienti con blocco di branca sinistra (LBBB) e durata di QRS ≥150 ms . Non è chiaro se la risposta non sia ottimale solo nei pazienti con blocco di branca destra (RBBB), oppure anche nei pazienti con ritardo non specifico di conduzione intraventricolare (IVCD).

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Supporto circolatorio meccanico con ECMO in pazienti con infarto miocardico in shock cardiogeno: inefficace e non privo di complicanze. I risultati dello studio ECLS-SHOCK.

Lo shock cardiogeno rappresenta la più frequente causa di mortalità nei pazienti con infarto acuto del miocardio. Il tasso di mortalità è tuttora molto elevato, tra il 40% e 50% dei casi, e non si è modificato nel corso degli ultimi anni nonostante i progressi ottenuti nel trattamento delle sindromi coronariche acute. Recentemente nella pratica clinica si è sempre più diffuso il ricorso all’ECMO , che fornisce un supporto sia circolatorio che respiratorio al paziente. L’efficacia e la sicurezza di questa procedura, tuttavia, non è stata studiata in un trial randomizzato di ampie dimensioni.

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Ischemia residua dopo trattamento percutaneo del tronco comune in biforcazione: valore prognostico

l trattamento delle lesioni distali del tronco comune (LM) mediante PCI è spesso associato a ischemia residua individuata in base a una FFR patologica al termine della procedura (16.9% a livello della arteria circonflessa), un dato che ha valore prognostico negativo . Il “Quantitative flow ratio” (μQFR) è un indice angiografico di fisiologia coronarica basato sulla legge di Murray (che regola il flusso tra ramo principale e rami secondari di una biforcazione) e che si avvale di algoritmi che utilizzano l‘intelligenza artificiale . L’utilizzo di indici fisiologici angiografici offre notevoli vantaggi rispetto alla classica misurazione della FFR, in quanto semplifica l’indagine riducendone i tempi, evitando l’infusione di adenosina e il passaggio di guidine attraverso segmenti trattati con stent.

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Ischemia miocardica in assenza di coronaropatia ostruttiva (INOCA): i dati dello studio ISCHEMIA

I pazienti con ischemia miocardica documentata e assenza di coronaropatia ostruttiva significativa (INOCA), sono di frequente riscontro nella pratica clinica. Essi hanno un rischio di mortalità a 10 anni del 13% rispetto al 2.8% dei soggetti asintomatici di pari età. Non è noto, tuttavia, quale sia in questi pazienti la relazione tra severità dell’ischemia riscontrata ed estensione e grado della eventuale malattia coronarica aterosclerotica presente.

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Stent ricoperti di titanio-ossido nitrico: una alternativa agli stent a rilascio di farmaco?

Gli stent a maglie molto sottili di cobalto cromo ricoperti di titanio che espongono ossido nitrico verso il lume vasale (TiNO coated) – noti anche come “stent bioattivi”- mostrano una più rapida endotelizzazione rispetto agli stent medicati a rilascio di everolimus (EES) e si sono dimostrati “non-inferiori” rispetto a questi ultimi in uno studio con un follow-up di 12 mesi in pazienti con sindrome coronarica acuta. I risultati clinici a lungo termine non sono tuttavia noti.

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Infiammazione del tessuto adiposo pericoronarico: significato della sua individuazione alla TC coronarica

L’infiammazione svolge un ruolo rilevante nella formazione della placca aterosclerotica e nei processi che portano alla instabilizzazione e rottura, substrato fisiopatologico delle sindromi coronariche acute (ACS – 1). L’infiammazione può cambiare le caratteristiche del tessuto adiposo circostante, che sono individuate dalla CT coronarica (CTA) come modificazione del grado di attenuazione (riduzione dei valori densitometrici) del grasso perivascolare che presenta valori meno negativi di unità Hounsfield [HU] (più vicini a -30 HU), rispetto a quello lipidico che è invece caratterizzato da valori HU più negativi (vicini a -190 HU).

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Terapia antitrombotica post-TAVI: è possibile farne a meno?

Le Linee guida ESC raccomandano una terapia antitrombotica con singolo antipiastrinico (ASA) nei pazienti sottoposti a TAVI sulla base dello studio POPular TAVI e di alcune meta-analisi. Tuttavia, i pazienti anziani con rischio emorragico elevato (HBR) potrebbero avere complicanze emorragiche pur se in terapia con sola ASA. L’outcome di tali pazienti, se dimessi senza terapia antitrombotica, non è stato sinora riportato.

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