Dalla letteratura internazionale

Placche non-culprit a rischio, ma FFR-negative nei pazienti con infarto miocardico: un dilemma clinico

Dopo un infarto miocardico gli eventi trombotici sono frequenti e non sempre prevedibili sulla base della misurazione di FFR delle lesioni nonculprit . Spesso, le lesioni che si complicano sono funzionalmente non significative, soprattutto se fornite di un ampio “core” necrotico e di un cap fibroso sottile. Queste stenosi possono essere individuate, invece, da uno studio con OCT.

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FFR o iFR: quale utilizzare?

Le Linee Guida raccomandano di sottoporre a indagine fisiologica le stenosi di grado intermedio, prima di procedere a eventuale intervento di PCI(1,2). La fractional flow reserve (FFR) è un metodo molto semplice basato sul concetto di una corrispondenza lineare tra flusso e pressione in condizioni di massima iperemia . Più recentemente, è stata validato l’uso della iFR, basata sulla differenza pressoria durante un intervallo diastolico (“wave-free period”), in cui la resistenza microvascolare è la più bassa. Due studi (iFR-SWEDEHEART e DEFINE-FLAIR) hanno dimostrato a 1 anno di follow-up un numero di eventi avversi simili (MACE) utilizzando le due metodiche…

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Esclusione dell’auricola atriale sinistra in pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca. È necessario associare l’anticoagulante?

La terapia anticoagulante (OAC) è un caposaldo farmacologico per la prevenzione delle complicanze tromboemboliche nei pazienti con fibrillazione atriale. Una alternativa a OAC è rappresentata dall’esclusione dell’auricola (LAAO), attualmente sempre più utilizzata soprattutto nei pazienti nei quali OAC non può essere effettuata o è rischiosa. Lo studio LAOS III (Left Atrial Appendage Occlusion Study III)(1) ha recentemente dimostrato che LAAO, effettuata durante chirurgia cardiaca eseguita per altre indicazioni cliniche, riduce il rischio di stroke e/o di tromboembolismo sistemico, rispetto a OAC (0.67, 95% CI, 0.53–0.85; P=0.001). Tuttavia, in quello studio OAC poteva essere assunta nel braccio randomizzato a LAAO, e quindi non è chiaro se la concomitanza di OAC in quello studio abbia favorito o potenziato l’efficacia di LAAO.

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Screening per fibrillazione atriale con impianto di loop recorder: solo se l’ NTproBNP è elevato?

Lo studio LOOP (Atrial Fibrillation detected by Continuous ECG Monitoring Using Implantable Loop Recorder to Prevent Stroke in High-Risk Individuals) è un trial randomizzato con lo scopo di verificare se un monitoraggio continuo, ottenuto con l’impianto di loop recorder (ILR), sia in grado di individuare più precocemente rispetto alla routine clinica (“usual care”) episodi di fibrillazione atriale (AF) in una popolazione anziana (70-90 anni) a rischio di stroke (almeno un altro fattore incluso nel CHADS-VASC score).

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Prognosi dei pazienti con stroke in terapia anticoagulante: analisi combinata dei trial di confronto tra anticoagulanti orali diretti e warfarin.

I pazienti con storia di stroke o ischemia cerebrale sono ad alto rischio di un nuovo evento ictale. Negli studi individuali di confronto tra antagonisti della vitamina K e anticoagulanti orali diretti, in pazienti con fibrillazione atriale (AF) non è possibile disegnare con precisione la storia clinica dei pazienti che subiscono uno stroke nonostante la terapia anticoagulante, perché questi eventi sono poco numerosi. È stata perciò intrapresa una collaborazione tra gli autori dei quattro studi di confronto con lo scopo di creare un database comune (COMBINE AF), che permettesse di valutare il decorso clinico dei pazienti che dopo la randomizzazione sono risultati affetti da stroke.

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Abbandono della doppia terapia antiaggregante entro un mese dalla sindrome coronarica acuta e prosecuzione con ticagrelor: un’altra evidenza favorevole dallo studio T-PASS

Nei pazienti con sindrome coronarica acuta (ACS), in assenza di una condizione di high-bleeding-risk (HBR), la durata della doppia terapia antipiastrinica (DAPT) raccomandata dalle Linee Guida è tuttora di 12 mesi . Tuttavia, la tendenza attuale degli operatori a impiantare un numero minore di stent ri spetto al passato e per lo più a maglie metalliche ultrasottili, così come il timore di eventi emorragici correlati alla DAPT anche in pazienti senza un profilo specifico HBR, hanno spianato la strada all’utilizzo di periodi sempre più brevi di DAPT proseguendo la terapia con inibitori del recettore P2Y12.

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Possiamo dare l’addio all’ASA nel trattamento della sindrome coronarica acuta?

Una serie di studi recenti ha dimostrato la sicurezza di strategie farmacologiche basate su breve durata di doppia terapia antipiastrinica (DAPT) dopo sindrome coronarica acuta (ACS) e successivo trattamento con monoterapia basata su inibitore del recettore piastrinico P2Y12. . Tuttavia nessuno studio ha sperimentato una strategia “ASA”, basata su una monoterapia immediata con un inibitore del recettore P2Y12, senza una fase iniziale di DAPT.

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Monoterapia con ticagrelor nelle sindromi coronariche acute: risultati di un’analisi congiunta degli studi TWILIGHT e TICO.

Tra le strategie antipiastriniche utilizzate per ridurre i sanguinamenti nei pazienti con sindrome coronarica acuta sottoposta a PCI a rischio ischemico non elevato, la sospensione dell’ASA dopo un periodo di DAPT di tre/sei mesi, continuando la terapia antipiastrinica con il solo inibitore del recettore P2Y12, è attualmente contemplata dalle Linee Guida con una raccomandazione di classe IIa. Tuttavia, gli studi che hanno utilizzato tale strategia confrontandola con la DAPT standard di 12 mesi esclusivamente in pazienti ACS non hanno dato esiti omogenei, in quanto ai risultati favorevoli a una “short DAPT” nello studio TICO , che ha utlizzato ticagrelor quale inibitore del recettore P2Y12, si sono contrapposti i risultati meno confortanti di STOPDAPT-2 ACS che ha invece utilizzato clopidogrel. Inoltre è da notare che un altro studio, il TWILIGHT aveva un disegno molto simile a quello dello studio TICO, pur rivolgendosi a una popolazione mista di ACS (63.5%) e coronaropatia stabile (36.5%). Una valutazione globale di TICO e TWILIGHT, limitatamente ai pazienti ACS, potrebbe dare una maggiore evidenza all’efficacia e sicurezza di una strategia antipiastrinica basata su una “short DAPT”, seguita da monoterapia con ticagrelor.

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Tachiaritmie atriali asintomatiche in corso di monitoraggio elettrocardiografico: giustificata la terapia anticoagulante?

Con il termine di AHRE (Atrial Heart Rate Arrhythmias) si intendono degli episodi asintomatici di tachiaritmia atriale, frequentemente individuati in pazienti, soprattutto se anziani (in cui tali aritmie si presentano in circa il 30% dei pazienti), portatori di pacemaker e defibrillatori o altri sistemi di monitoraggio, spesso indistinguibili da parossismi di fibrillazione atriale (e infatti da alcuni definiti come episodi di “fibrillazione atriale sublinica”). La loro presenza è stata considerata un fattore di rischio per eventi tromboembolici suggerendo la necessità di una profilassi con anticoagulante quando tali episodi sono prolungati, soprattutto se individuati in pazienti con caratteristiche cliniche favorenti lo stroke. Tuttavia, non ci sono studi randomizzati che ne abbiano provato l’efficacia. Peraltro, la maggior parte degli AHRE registrati con il monitoraggio continuo sono di breve durata, lasciando spesso il clinico incerto su quale decisione assumere.

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