Inquadramento
Valori elevati di colesterolo LDL predispongono alla ricomparsa di eventi cardiovascolari in pazienti coronaropatici sottoposti a PCI e trattati con statine. Anche una infiammazione subclinica, espressa da livelli pur modicamente elevati di proteina C reattiva (PCR) ad alta sensibilità, si correla con un maggior rischio di eventi ricorrenti[1]Ridker PM, Lei L, Louie MJ, Haddad T, Nicholls SJ, Lincoff AM, et al. Inflammation and cholesterol as predictors of cardiovascular events among 13 970 contemporary high- risk patients with statin … Continua a leggere. I dati in letteratura non sono numerosi e non permettono di stabilire con certezza una correlazione indipendente tra valori di colesterolo LDL, marker di infiammazione e successive complicanze cliniche.
Lo studio in esame
L’analisi ha considerato una casistica di 15.494 pazienti sottoposti a PCI in un unico centro (Mount Sinai Hospital di New York) per una coronaropatia per lo più stabile tra il 2012 e il 2022 (il 30% circa dei pazienti aveva angina instabile). L’età media era 66 anni, il 27% erano donne e circa la metà diabetici. Essi sono stati stratificati in 4 gruppi a seconda che il colesterolo LDL fosse ≥70 (rischio lipidico residuo alto) o <70 mg/dL e la proteina C reattiva ≥2 mg/L (rischio residuo infiammatorio alto) oppure <2 mg/L. Sono stati esclusi i pazienti con infarto miocardico acuto, patologia neoplastica, valori di PCR >10 mg/L, e assenza di terapia con statine. I valori di colesterolo LDL e PCR erano determinati al ricovero per PCI prima della procedura. A 1 anno di follow-up, l’endpoint primario (MACE, composito di mortalità per ogni causa, infarto miocardico spontaneo e stroke) veniva raggiunto con maggior frequenza dal gruppo in cui il solo rischio infiammatorio residuo era alto (vedi Tabella). Rispetto all’assenza di rischio residuo lipidico e infiammatorio, un rischio infiammatorio residuo elevato si associava a una maggior probabilità di MACE a una analisi multivariata secondo modello di Cox, aggiustata per età, sesso, diabete, ipertensione, nefropatia cronica, BMI, pregresso infarto (hazard ratio, HR: 1.78, 95% CI 1.36–2.33, P<.001). Tale associazione sussisteva anche per i pazienti con entrambi i rischi residui elevati (HR: 1.56, 95% CI 1.19– 2.04, P=0.001). Non è stata riscontrata alcuna associazione per un rischio lipidico residuo isolato (HR: 1.01, 95% CI 0.76–1.35, P=.92). Si osservava una associazione significativa nei primi due gruppi anche per la mortalità per ogni causa e solo per il gruppo con entrambi i rischi residui elevati per quanto riguardava l’infarto miocardico.
Take home message
Nei pazienti coronaropatici sottoposti a PCI e trattati con statine, il rischio infiammatorio residuo, ma non quello lipidico, si associa a un maggior numero di eventi nel follow-up.
Interpretazione dei dati
L’argomento è di grande attualità e si arricchisce di esperienze provenienti da ampie casistiche come quella del Mount Sinai qui presentata. Tuttavia, i dati non sono convincenti. La differenza tra i vari gruppi è trascinata dalla mortalità per ogni causa che rappresenta più del 50% degli eventi verificatisi a 1 anno di follow-up. Infatti, come mostra la Tabella, dei 2.8 punti percentuali di differenza tra il gruppo con maggior numero di eventi MACE a 1 anno di follow-up (solo rischio infiammatorio elevato, 5.2%) e il gruppo di riferimento (assenza di rischio infiammatorio e lipidico, 2.4% di eventi MACE a 1 anno di follow-up), ben 1.9 punti percentuali erano dovuti alla differenza per la mortalità per ogni causa (purtroppo non viene riferito se la differenza fosse dovuta a mortalità cardiovascolare o non cardiovascolare). Inoltre, tra questi gruppi vi era una differente distribuzione di variabilii con valore prognostico potenzialmente importante, non tenute in conto nell’analisi multivariata: l’arteriopatia periferica era presente nel’11.4% dei pazienti del gruppo con maggior numero di eventi (versus 7.2% del gruppo di riferimento); la fibrillazione atriale presente nell’11.2% versus 7.4%; la terapia anticoagulante utilizzata nel 10.5% versus 6.7%; l’insufficienza renale in dialisi presente nel 6.9% versus 1.4%. In conclusione, le differenze osservate potrebbero non dipendere da un rischio cardiovascolare più elevato segnalato da valori di proteina C reattiva al di sopra del cutoff prestabilito (2 mg/dl). Elementi di dubbio derivano dal basso numero di eventi globalmente osservati in un follow-up decisamente breve (1 anno), per lo più rappresentati dalla mortalità per ogni causa (inclusa quella non-cardiovascolare), la percentuale di MACE decisamente (e inspiegabilmente) più bassa nei pazienti con rischio elevato sia infiammatorio che lipidico rispetto a quelli con solo rischio infiammatorio elevato, la presenza nel gruppo a CRP elevato di caratteristiche di rischio clinico non considerate nell’aggiustamento statistico (fibrillazione atriale, terapia anticoagulante, dialisi) oltre all’alta percentuale di pazienti persi dopo il primo mese di follow-up (oltre il 10%).
Bibliografia[+]
| ↑1 | Ridker PM, Lei L, Louie MJ, Haddad T, Nicholls SJ, Lincoff AM, et al. Inflammation and cholesterol as predictors of cardiovascular events among 13 970 contemporary high- risk patients with statin intolerance. Circulation 2024;149:28–35. https://doi.org/10. 1161/CIRCULATIONAHA.123.066213. |
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