Interventi coronarici percutanei

Bypass aortocoronarico (CABG) o angioplastica coronarica (PCI) nelle stenosi del tronco comune della coronaria sinistra (LM): per questo annoso problema è possibile raggiungere una soluzione condivisa?

Sono stati condotti quattro studi (SYNTAX LEFT MAIN: 705 pazienti; PRECOMBAT 600 pazienti, NOBLE 1.201 pazienti; EXCEL 1.905 pazienti) per dare una risposta al quesito posto dal titolo. I risultati di questi trial non sono stati tuttavia concordanti e hanno dato vita a un’accesa discussione (se non aspra contesa) tra cardiochirurghi e cardiologi interventisti. Le meta-analisi, sin qui effettuate, hanno utilizzato solo i dati aggregati dei vari trial e non i dati dei singoli pazienti, non hanno distinto tra infarti spontanei e peri-procedurali (questi ultimi peraltro diagnosticati con criteri differenti) e non hanno considerato un periodo di follow-up adeguato (almeno 5 anni).

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L’intervento di riparazione percutanea edge-to-edge della mitrale nei pazienti anziani con insufficienza mitralica degenerativa migliora la sopravvivenza rispetto alla terapia medica?

L’intervento percutaneo edge-to-edge di riparazione della valvola mitralica (TEER) nei pazienti con insufficienza mitralica secondaria è stato oggetto di studi randomizzati ed è ampiamente dibattuto in letteratura. Vi sono invece pochi dati disponibili per quanto riguarda l’insufficienza mitralica degenerativa da prolasso mitralico che è solitamente trattata per via chirurgica. Tuttavia, i pazienti anziani hanno spesso condizioni cliniche che rendono rischioso l’intervento; in questi casi le Linee Guida danno una indicazione di classe II al trattamento percutaneo di riparazione edge-to-edge, una raccomandazione che riflette l’incertezza dovuta alla scarsità di informazioni e all’assenza di studi randomizzati di confronto tra questa tipologia di intervento e la terapia medica.

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“Leadless pacemakers”: confronto a 2 anni di follow-up con i pacemackers transvenosi tradizionali.

I VVI leadless pacemakers (VVI-LLP) sono stati introdotti nella pratica clinica alcuni anni fa con lo scopo di ridurre le complicanze associate all’utilizzo dei pacemaker transvenosi tradizionali (VVI TV-PM), in particolare le problematiche di tipo infettivo e gli ematomi della tasca, che possono esitare in conseguenze clinicamente disastrose quando si estendono ai cateteri. Ad oggi, il dispositivo MicraTM (Medtronic, USA) è l’unico LLP approvato ed utilizzato sia negli Stati Uniti che in Europa. Se inizialmente era disponibile unicamente una versione VVI, è stata successivamente immessa sul mercato una versione VDD che sfrutta un software capace di sentire la contrazione atriale basandosi su un’onda di sensing meccanico. Dati robusti di pratica clinica su questo dispositivo derivano prevalentemente dal Micra Post-Approval Registry, che ha arruolato 1.800 pazienti dimostrando l’assenza di dislocazione del dispositivo e di complicanze maggiori di tipo infettivo. Tuttavia, mancano studi di confronto a medio/lungo termine tra le due tipologie di dispositivi.

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Coronaropatia trivasale: bypass aortocoronarico o PCI guidata da FFR?

Nei pazienti coronaropatici trivasali le Linee Guida, soprattutto sulla base dei dati dello studio SYNTAX, raccomandano l’intervento cardiochirurgico (CABG) piuttosto che l’angioplastica coronarica (PCI) quando il Syntax score è >22 (rispettivamente classe di raccomandazione I e III), mentre se il Syntax score è ≤22 la raccomandazione è ancora per il CABG se il paziente è diabetico (classe raccomandazione I; per PCI IIb) mentre entrambe le procedure sono raccomandate con classe I se non è presente diabete. Queste indicazioni, tuttavia, derivano da studi di confronto nei quali venivano prevalentemente utilizzati DES di prima generazione e non era valutato il significato fisiopatologico delle stenosi trattate mediante l’analisi della riserva frazionale di flusso (FFR).

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Nefropatia acuta da mezzo di contrasto dopo pci: quanto può servire uno score di rischio per predirne l’insorgenza?

La nefropatia acuta da contrasto (AKI) è una nota e temuta complicanza delle procedure di PCI. Al suo verificarsi contribuiscono la presenza di comorbilità, in particolare una malattia cronica renale preesistente e il diabete, la complessità delle procedure, la quantità di mezzo di contrasto iniettato. Per ridurre e mitigare l’incidenza di questo fenomeno, che ha un peso prognostico non trascurabile, gli operatori impiegano una serie di accorgimenti quali l’utilizzo di mezzi di contrasto a bassa osmolarità, l’espansione del volume, la sospensione cautelativa di alcuni farmaci. Per predire l’insorgenza di AKI sono stati proposti numerosi score di rischio, alcuni tuttavia un po’ datati, altri complessi e di non facile utilizzo.

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L’infarto miocardico dopo angioplastica coronarica: quale definizione utilizzare?

L’infarto miocardico periprocedurale (PPMI) è una complicanza non infrequente delle procedure di angioplastica coronarica (PCI) che limita l’impatto clinico favorevole della procedura. Ne sono state proposte alcune definizioni che differiscono tra loro, sia per le soglie di incremento postprocedurale della troponina (cTn), che per la presenza o meno di criteri ancillari che indichino il rischio di complicanze angiografiche o di nuova ischemia miocardica. Tuttavia, non c’è consenso su quale definizione utilizzare, anche se si concorda sull’impatto prognostico che una corretta definizione deve avere, in particolare sulla successiva mortalità cardiovascolare. Il problema non è di poco conto, in quanto l’incidenza di PPMI può variare dal 2% al 18% in base alle diverse definizioni, modificando, a seconda di quella utilizzata, il risultato di trial che confrontino la PCI sia con la terapia medica che con il bypass aortocoronarico.

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L’impianto di pacemaker dopo TAVI influisce sulla prognosi a distanza?

La necessità di impiantare un pacemaker (PM) è la complicanza più frequente delle procedure di TAVI data la vicinanza del tessuto di conduzione all’anello aortico, ed è particolarmente elevata utilizzando valvole autoespandibili, con percentuali riportate tra il 9% e il 26% delle procedure [1]. L’impatto prognostico di tale complicanza tuttavia non è ancora chiaro.

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Quali sono i risultati del trattamento percutaneo con mitraclip XTR dei pazienti con insufficienza tricuspidalica sintomatica?

Il trattamento chirurgico dell’insufficienza tricuspidale (I.T.) isolata ha una alta mortalità, per cui l’utilizzo di dispositivi inseriti percutaneamente è divenuto progressivamente più frequente negli ultimi anni. La riparazione “edge to edge” con MitraClip fornisce risultati soddisfacenti, ma la presenza di un gap di coaptazione setto-laterale (CGS) ampio (>7.2 mm) ha sinora rappresentato un limite tecnico di questa metodica percutanea. Attualmente è a disposizione un modello di MitraClip (MitraClip XTR) con bracci più lunghi (12 mm) che potrebbero ovviare a questa limitazione, ma non ci sono tuttora dati su casistiche relativamente numerose.

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Qual è il valore prognostico della funzione basale del ventricolo destro nei pazienti con scompenso cardiaco e insufficienza mitralica funzionale sottoposti a impianti di mitraclip?

La funzione del ventricolo destro (RV) è importante per determinare l’outcome dei pazienti sottoposti a trattamento dell’insufficienza mitralica funzionale (FMR) per mezzo dell’intervento trans-catetere riparativo “edge to edge” (TEER). Mentre è noto il ruolo prognostico della funzione RV una volta eseguito l’intervento (in particolare l’effetto favorevole di un recupero di funzione post-TEER -1-), non è chiaro ancora tuttavia quanto importante sia la funzione basale RV nel guidare la decisione di intervenire o meno per trattare la FMR. Questo gap conoscitivo dipende dal fatto che la funzione RV è stata indagata generalmente utilizzando il “tricuspid annular plane systolic excursion” (TAPSE), che utilizza una singola componente dimensionale della funzione contrattile, trascurando inoltre il ruolo del post-carico del RV.

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STEMI tardivo: quale vantaggio dalla rivascolarizzazione?

L’argomento è tuttora di grande attualità, poichè rappresenta una area clinica di incertezza nella quale evidenze provenienti da studi randomizzati sono carenti. Le Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) indicano anche in questi pazienti, che giungano all’osservazione 12-48 ore dall’inizio dei sintomi, l’utilizzo della PCI primaria con una classe di raccomandazione IIa, evidenza B ((Ibanez B, James S, Agewall S, et al. 2017 ESC guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: the Task Force for the Management of Acute Myocardial Infarction in Patients Presenting With ST-Segment Elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J. 2018;39:119–177. )).

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