Stefano De Servi

Uno sguardo al futuro: un nuovo paradigma per l’infarto miocardico?

La ricerca scientifica esige la definizione di paradigmi (modelli teorici) per risolvere dei problemi e definire la metodologia per affrontarli. Tuttavia, i paradigmi non spiegano tutti gli aspetti del problema, perciò le anomalie sono inizialmente ignorate, ma col tempo conducono inevitabilmente alla “crisi” del paradigma e alla ricerca di uno nuovo che lo sostituisca. Così procede il progresso scientifico, attraverso continui “paradigm shifts” . La classificazione dell’infarto miocardico (MI) si è basata per anni sul paradigma derivato dalla lettura immediata dell’’elettrocardiogramma, cioè sulla presenza (o meno) di un sopraslivellamento persistente di ST (paradigma STEMI), distinguendo così gli infarti in STEMI e non(N)STEMI. Tuttavia, il substrato fisiopatologico che determina la storia naturale e la prognosi dei pazienti è la presenza…

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Antagonisti recettoriali per i mineralcorticoidi: efficacia nello scompenso cardiaco

Spironolattone ed eplerenone, antagonisti recettoriali steroidei per i mineralcorticoidi (MRA) hanno significativamente ridotto un endpoint composito di morte e ospedalizzazione nei pazienti con scompenso cardiaco e FE ridotta nei due rispettivi trial clinici RALES (Randomized Aldactone Evaluation Study) ed EMPHASIS-HF (Eplerenone in Mild Patients Hospitalization and Survival Study in Heart Failure). Tuttavia, l’efficacia di questi farmaci nello scompenso e FE moderatamente ridotta o preservata è discutibile. Lo spironolattone è risultato non efficace…

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Qual è la relazione temporale tra la diagnosi di diabete di tipo 2 e gli eventi cardiovascolari?

È noto come un importante fattore di rischio per malattia cardiovascolare sia il diabete. Alcune condizioni che ne favoriscono l’insorgenza e sono temporalmente antecedenti al suo riscontro diagnostico, quali stili di vita non sani, fattori ambientali o genetici, peso eccessivo, sindrome metabolica, sono anche fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. Alcuni anni fa è stata avanzata la “ticking clock hypothesis” , basata sulla osservazione prolungata di alcuni individui, di cui alcuni svilupparono diabete nel follow-up. Rispetto a quelli che non svilupparono la malattia metabolica, essi presentavano…

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Pretrattamento con inibitori del recettore piastrinico p2y12 nelle sindromi coronariche acute nste-acs: i dati di un registro statunitense.

Il pretrattamento con inibitori del recettore piastrinico P2Y12 (P2Y12inh.) è stato a lungo praticato e raccomandato dalle Linee Guida delle sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento persistente del tratto ST (NSTE-ACS): era questa la strategia utilizzata nello studio PLATO per ridurre gli eventi ischemici precoci soprattutto connessi alla eventuale procedura di PCI (cui è sottoposta la maggioranza dei pazienti). Tuttavia, una doppia antiaggregazione (DAPT) immediata può aumentare il rischio emorragico: lo studio ISAR REACT 5 è stato considerato, più che un confronto di efficacia tra due potenti P2Y12inh. un raffronto tra…

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Terapia anticoagulante con abelacimab, un inibitore del fattore xi: profumo di successo dallo studio AZALEA.

Il fattore XI è un potenziale target per nuovi farmaci anticoagulanti, in quanto è essenziale per i fenomeni trombotici, ma non fondamentale per l’emostasi((Hsu C, Hutt E, Bloomfield DM, Gailani D, Weitz JI. Factor XI inhibition to uncouple thrombosis from hemostasis. J Am Coll Cardiol 2021;78:625-31)).  Le persone con difetto genetico di fattore XI hanno pochi eventi embolici senza un elevato rischio emorragico. Abelacimab è un anticorpo monoclonale completamente umano che si lega al dominio catalitico del fattore XI, bloccandolo nel suo stato inattivo. Il farmaco ha un doppio meccanismo d’azione, perchè inibisce anche il fattore XIa. In uno studio di fase II abelacimab, rispetto a enoxaparina, ha ridotto dell’80% gli eventi…

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Frailty prevalence, invasive treatment frequency, and in-hospital outcome in patients hospitalized for acute coronary syndrome in Germany (2005-2022): a nationwide registry study.

La fragilità è ritenuta una variabile di grande rilevanza nel determinare la prognosi del paziente anziano con sindrome coronarica acuta (ACS). Tuttavia, tale caratteristica viene raramente valutata nelle casistiche ACS, anche in quelle dedicate alla popolazione anziana. . Lo studio qui succintamente riportato ha verificato la presenza di fragilità nei pazienti ricoverati per ACS in Germania tra gli anni 2005 e 2022 utilizzando i dati dell’Ufficio Federale di Statistica. La presenza di fragilità è stata diagnosticata…

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Coronary microvascular function and atherosclerotic plaque burden in ischaemia and no obstructive coronary arteries: a secondary analysis of the CorMicA trial.

Lo scopo dello studio, una analisi secondaria del CorMicA trial è stato di studiare la relazione esistente tra la funzione microvascolare e l’estensione della malattia aterosclerotica dei vasi coronarici epicardici (“plaque burden” misurato con il Gensini score). I pazienti studiati (n=151) non avevano una patologia ostruttiva significativa (nessuna stenosi ≥50% alla coronarografia o con FFR ≤0.80). In tutti i pazienti è stato eseguito uno studio della funzione microvascolare…

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Eventi cardiovascolari nei pazienti con infarto miocardico recente: sono più a rischio le lesioni funzionalmente significative o quelle vulnerabili?

Nei pazienti con infarto miocardico (MI), il rischio di eventi ischemici successivi è elevato, sia per la presenza di lesioni funzionalmente significative (FFR positive) in vasi diversi da quello culprit che per il possibile complicarsi di placche non ostruttive, ma con caratteristiche di vulnerabilità. Tali caratteristiche possono essere individuate dall’indagine IVUS (plaque burden – PB – >70%, area luminale minima ≤4 mm2) e dalla spettrometria a raggi infrarossi (NIRS) che segnala la presenza e la quantità di contenuto lipidico. È prassi comune, sulla base di trial randomizzati e delle raccomandazioni delle Linee Guida, trattare nei pazienti con MI non solo la lesione culprit, ma anche…

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Emorragia cerebrale nei pazienti in fibrillazione atriale: anticoagulare o no?

Circa un terzo dei pazienti sopravvissuti a una emorragia cerebrale sono in fibrillazione atriale. Essi rappresentano un dilemma per il clinico, perchè non è tuttora noto se essi debbano essere trattati o meno con anticoagulanti (OAC). Questi pazienti sono stati esclusi dai trial che hanno verificato l’efficacia degli anticoagulanti e anche i dati degli studi che hanno utilizzato gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) che si associano a…

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